I rappresentanti del movimento pro democrazia di Hong Kong hanno annunciato dimissioni di massa dai loro ruoli di eletti nel consiglio legislativo della città. La decisione è una forma di protesta contro l’ordinanza di espulsione dall’organo legislativo che ha colpito quattro membri del movimento. L’espulsione dei quattro attivisti era stata decisa dopo che il parlamento cinese aveva adottato una risoluzione che permetteva l’espulsione di tutti gli eletti che supportassero l’indipendenza di Hong Kong ed era stata difesa dalla governatrice, Carrie Lam, come «necessaria e legittima». Le dimissioni dei membri del LegCo, il movimento pro democrazia, lasciano di fatto il consiglio in mano ai soli rappresentanti con visioni favorevoli all’influenza cinese. Dei settanta posti disponibili nell’organo legislativo infatti solo la metà viene eletta mentre l’altra è direttamente nominata da un’élite pro Pechino.

Il governo cinese ha definito le dimissioni degli ormai ex legislatori del LegCo una «farsa» e un chiaro segno della mancanza di volontà da parte del movimento di dialogare con il governo di Pechino. Gli Stati Uniti hanno invece minacciato ulteriori sanzioni contro la Cina dopo l’espulsione dei quattro attivisti. Anche l’Unione europea ha condannato il nuovo atto che ha permesso l’esclusione dei quattro ex membri del consiglio legislativo della città.

La situazione a Hong Kong è tesa dal luglio 2019 e vede contrapposti i sostenitori dell’influenza cinese sulla regione e gli attivisti pro democrazia che sono stati finora repressi duramente dal governo di Carrie Lam. Recentemente l’esecutivo ha anche introdotto un telefono rosso che permette agli abitanti di denunciare direttamente alle forze dell’ordine chiunque violi o minacci di violare la nuova Legge sulla sicurezza nazionale creata per reprimere le proteste. 

© Riproduzione riservata