Quello che non torna

I dubbi sulla vendita di armamenti italiani all’Arabia saudita

Un bombardamento a\\u00A0Sanaa nello Yemen (AP Photo/Hani Mohammed)
Un bombardamento a Sanaa nello Yemen (AP Photo/Hani Mohammed)
  • Nella relazione sulle licenze per l’export di armamenti risulterebbe un pagamento effettuato da Riad all’azienda italiana Simmel difesa per un’autorizzazione rilasciata nel 2021 ma di cui non si trova traccia nel report consegnato al parlamento.
  • Inoltre, secondo l’Agenzia delle dogane, nel 2021 la Simmel difesa non avrebbe effettuato alcuna consegna di materiale di armamento nonostante le licenze ottenute negli anni precedenti.
  • Intanto dal porto di Genova continuano a transitare le navi della compagnia saudita Bahri, cariche di carri armati prodotti dagli Stati Uniti e di container con munizioni ed esplosivi.

La relazione sull’export bellico italiano consegnata alcuni giorni fa al parlamento conferma un dato ormai noto: l’Italia vende materiale militare a paesi che non rispettano i diritti umani o coinvolti in conflitti. Qatar, Emirati, Turchia ed Egitto sono solo alcuni dei nomi che si ritrovano nell’elenco dei primi venti paesi con cui facciamo affari, nonostante l’esistenza di una legge che pone limiti stringenti alla vendita di armamenti. Almeno in teoria. In questo elenco figura anche l’Arabi

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