Istanbul –  Una domenica come tante, con i pescatori e le famiglie con bambini che giocano sul lungomare del quartiere di Fener. Basta cambiare strada e cambia lo scenario: polizia, persone assembrate, lì per aspettare la partenza di papa Leone XIV, che il 30 novembre ha terminato la sua visita in Turchia ed è partito per il Libano, seconda tappa del suo primo viaggio. 

Nei suoi quattro giorni di permanenza a Istanbul il Pontefice ha visitato i luoghi legati alla comunità cattolica, alle altre comunità cristiane e alla fede islamica e nella sua omelia sul palco della Volkswagen arena ha parlato dell’importanza di rinforzare i legami tra le comunità, ricorrendo all’immagine del ponte, come quello d’Istanbul «che attraversa due contenenti: Asia e Europa».

Luoghi che, in parte, ha attraversato anche lui in una sorta di «pellegrinaggio urbano», ascoltando le voci di una pluralità di persone.

Harbiye e la Moschea Blu

La prima tappa del papa è stata la Cattedrale del S. Spirito, ad Harbiye, quartiere storicamente abitato da levantini; oggi area residenziale, dove spuntano attività per turisti e si celano realtà sorprendenti come la struttura per anziani delle Sorelle dei Poveri a Bomonti. Poco distante si trova Taksim, la piazza simbolo della laicità, dove è stata inaugurata una controversa moschea nel 2021.

Nel cortile della cattedrale, però, i contrasti urbani lasciano posto alla tranquillità: la presenza del papa ha contribuito a cementare la piccola comunità cattolica che, oggi, comprende anche africani che lavorano negli alberghi di Dolapdere, adiacente quartiere degradato.

Una delle visite papali più attese era quella alla Moschea Blu, nella penisola storica di Sultanahmet, patrimonio Unesco dal 1985. La visita è servita a celebrare il valore culturale e religioso del luogo, alla presenza de ministro della Cultura Mehmet Nuri Ersoy. Leone XIV, a differenza di Benedetto XVI e di Francesco, non ha pregato dentro il luogo di culto islamico. 

Fuori dai cancelli della moschea, a far sentire la loro vicinanza al papa, c’erano diversi turisti, molti di madrelingua spagnola.

Da Yeşilköy a Fener: i luoghi degli incontri ecumenici

Il programma di papa Leone è proseguito a Yeşilköy, presso la nuova chiesa siriaco-ortodossa di Mor Ephrem, dove il Pontefice si è trattenuto con i capi delle altre comunità cristiane.

Un giovane siriaco-ortodosso, che vive da lì due anni ad Istanbul, ha spiegato come la presenza della comunità siriaca sia aumentata dopo il 2010, mentre storicamente il quartiere – che un tempo era località di villeggiatura – era abitato da levantini e greci.

Tra i nuovi abitanti ci sono delle ragazze filippine, come una giovane che raccontava della visita alla madre, in videochiamata. Per loro la chiesa è un punto di riferimento, offre una comunità di supporto.

Non lontano da a Yeşilköy c’è Kumkapı dove ha sede il Patriarcato apostolico armeno. Quartiere vivace, dove le chiese spuntano davanti quasi per caso e i ristoranti di pesce e le attività commerciali dei centroasiatici sembrano usciti da un film degli anni Ottanta.

Nel corso della visita alla sede del patriarcato, il pontefice ha avuto parole di apprezzamento per il coraggio degli armeni, ricordando anche la figura di Nerses IV Shnorhali, poeta e santo del XII secolo. La visita del papa sembra appoggiare, senza troppe parole, i tentativi di distensione tra Turchia e Armenia.

Ultima tappa del papa nella parte “storica”, il patriarcato a Fener, che continua ad essere il centro della spiritualità ortodossa, mentre il resto del quartiere sta subendo un crescente processo “turistificazione”, con numerosi stranieri a caccia di luoghi per un selfie.

Ad aspettarlo, già per l’appuntamento del 29, sotto una pioggia scrociante, c’era Ahmet (nome di fantasia), cappuccio della felpa tirato su e un’enorme croce che ha appoggiata sul volto. Cresciuto in una famiglia musulmana, ha deciso di convertirsi al cristianesimo ortodosso. C’era anche Irina, ucraina, scappata in Turchia qualche mese dopo l’inizio del conflitto e si augurava che il papa e il Patriarca avrebbero fatto qualcosa per il suo paese.

Nella chiesa di San Giorgio, invece, c’erano, i The Archons of the Ecumenical Patriarchat, associazione di greci residenti negli USA che sostiene il patriarcato. Come ha raccontato Yorgos arrivato da Miami: «I miei nonni andarono via dalla Grecia, sono un americano di seconda generazione. Per noi è un momento storico speciale, dovevamo tornare per vedere il papa e il patriarca celebrare insieme».

L’omelia a Maslak

Attraversando idealmente il ponte citato dal papa, si torna nell’Istanbul “europea”, questa volta a Maslak, distretto finanziario, con grattacieli, negozi di lusso e la Volkswagen arena. Durante la celebrazione, la sala di 4000 posti era piena. Oltre ai fedeli arrivati da tutta la Turchia, c’era Damla, turca, spinta dalla curiosità.

«È la mia prima volta ad una cerimonia cristiana… mi aspettavo qualcosa di diverso, forse mi ha confuso l’uso di tante lingue. Però ho capito che il papa parlava di fratellanza».

La sua testimonianza lascia intendere che c’è ancora da fare per rinsaldare il ponte della comprensione tra le varie comunità e nel percorso da fare, come ha detto il primo papa americano: «manteniamo lo sguardo fisso su entrambe le sponde».

© Riproduzione riservata