A Gaza si muore per tutto e si vive di niente. Se non sono i raid dell’aviazione israeliana a mietere vittime, ci pensano le bombe lanciate dai droni sulla folla. Se non è di fame, si muore in fila per prendere i pacchi alimentari. All’ospedale Nasser di Khan Younis sono stati trasportati all’alba di ieri circa 200 feriti e i corpi di oltre trenta vittime, dopo che l’esercito israeliano avrebbe aperto il fuoco sulla folla affamata.

Testimonianze e smentite sull’accaduto si sono susseguite per tutta la giornata di ieri. Secondo i testimoni, ascoltati da media internazionali come Al Jazeera, Associated press e Nbc, migliaia di persone si sono recate prima dell’alba al centro di distribuzione della Gaza humanitarian foundation (Ghf) vicino Rafah, nel sud della Striscia. Prima di arrivare alla struttura sarebbero state prese di mira dai tank e dalle truppe israeliane.

Secondo l’Associated press, intorno alle 3 del mattino, le truppe israeliane avevano ordinato alla folla di disperdersi e di tornare più tardi. In quel momento sarebbero partiti gli spari, a circa un chilometro di distanza dal centro di distribuzione.

La Mezzaluna Rossa palestinese ha reso noto che ha trasportato 23 morti e 23 feriti dal centro di distribuzione di aiuti a Rafah. E altri 14 feriti e un morto da un altro centro, nei pressi del corridoio di Netzarim. Alla Nbc il direttore degli ospedali di Gaza, Mohammed Zagout, ha detto che i corpi arrivati da Rafah all’ospedale di Khan Younis presentavano «ferite provocate da spari diretti alla testa, al petto e all’addome».

Dichiarazioni opposte

Inizialmente l’esercito israeliano ha detto di «non essere al corrente di vittime provocate dal fuoco israeliano all’interno del sito di distribuzione degli aiuti», e che avrebbero fatto delle indagini per verificare cosa sia accaduto. Incalzati dai media israeliani sulla questione, in una successiva comunicazione l’Idf ha detto: «I risultati di un’indagine iniziale indicano che l’Idf non ha sparato contro i civili mentre si trovavano nelle vicinanze o all’interno del sito di distribuzione di aiuti umanitari e che le notizie in tal senso sono false». L’Idf ha poi pubblicato un video girato da un drone nel quale si vedrebbe un uomo armato sparare dei colpi e ha accusato Hamas di ostacolare la consegna degli aiuti.

Secondo il Times of Israel un funzionario militare ha ammesso che le truppe hanno sparato colpi di avvertimento durante la notte a circa un chilometro di distanza dall’hub.

Nel pomeriggio anche la Ghf ha smentito in una nota: «Le segnalazioni di feriti e vittime sono completamente false e inventate», ha detto. La Ghf ha anche allegato circa 15 minuti di filmati registrati dal punto di distribuzione dopo l’alba. Ma secondo le testimonianze gli spari sulla folla sarebbero accaduti nella notte.

Non è la prima volta che l’Idf e la Ghf minimizzano episodi simili. È già accaduto altre volte nell’ultima settimana. La fondazione è stata poi smentita dai video circolati online di testimoni presenti sul luogo. Indipendentemente dall’accaduto, c’è un dato di fatto: la consegna degli aiuti operata da soggetti terzi privati e senza gli occhi delle Nazioni unite contribuisce a creare caos e disinformazione.

Anche per questo il piano è stato criticato fin dall’inizio. Philippe Lazzarini, commissario generale dell’Unrwa, lo ha definito «una trappola mortale». «Questo sistema umiliante ha costretto migliaia di persone affamate e disperate a camminare per decine di chilometri verso una zona che è stata praticamente distrutta dai pesanti bombardamenti dell’esercito israeliano», ha aggiunto.

Oltre le trattative

Intanto, secondo Al Arabiya, Hamas avrebbe perso il controllo della sicurezza all’interno della Striscia. Dopo giorni di dichiarazioni anonime, l’organizzazione è tornata a parlare pubblicamente delle trattative in corso per la tregua. Lo ha fatto attraverso Mahmoud Mardawi, membro dell’ufficio politico, che ha chiarito le osservazioni fatte dal gruppo alla proposta statunitense di Steve Witkoff. «Chiediamo emendamenti ai paragrafi che non garantiscono la cessazione delle uccisioni, non aprono la strada agli aiuti e al ritorno sostenibile dai luoghi di sfollamento, né impongono chiari obblighi all’occupazione di ritirarsi e cessare il fuoco», si legge in una nota. Mardawi ha assicurato che le richieste sono «del tutto identiche a quanto concordato» con Witkoff nelle ultime settimane di negoziati.

Poche ore prima il ministro della Difesa israeliano, Israel Katz, aveva annunciato che non ci sarebbe stato nessun dietro front nell’operazione militare Carri di Gideone. «Ho ordinato all’esercito di continuare ad avanzare a Gaza contro tutti gli obiettivi, a prescindere da qualsiasi negoziato, e di utilizzare tutti i mezzi necessari per proteggere i soldati e per eliminare e schiacciare gli assassini di Hamas», ha detto in una nota. «O Hamas rilascia gli ostaggi o verrà annientato».

Intanto papa Leone XIV è tornato di nuovo a pregare per le famiglie «che soffrono a causa della guerra in Medio Oriente, in Ucraina e in altre parti del mondo». Per ora inascoltato da entrambi i fronti.

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