Quando si tratta di dare lo stop all’oro russo, i leader occidentali fanno blocco comune. Se si parla di energia, che vale comunque oro, la sintesi richiede lunghe negoziazioni. Una dichiarazione di intenti per mettere un tetto ai prezzi degli idrocarburi e ridurre i profitti dovrebbe tenere insieme le spinte di Washington per limitare i prezzi del petrolio russo e quelle di paesi come l’Italia che vorrebbero spingere giù anzitutto i prezzi del gas. I possibili passi avanti sui prezzi non cancellano però i passi indietro che intanto i paesi occidentali stanno facendo sul clima. L’immagine idilliaca di prati e pascoli a Elmau, nelle alpi bavaresi che ospitano i leader del G7, è fuorviante. Il set è molto più green degli accordi che questo lunedì i politici europei hanno stretto, sia con gli alleati, che al consiglio dei ministri europei dedicato all’energia. Per farsi davvero un’idea di dove stiamo andando, bisogna piuttosto puntare lo sguardo nella contea di San Patricio, in Texas, dove gli impianti per il gas liquefatto da spedire in Europa stanno violando ogni limite ambientale. Ma non c’è neppure bisogno di andare negli Stati Uniti, basta restare nell’europea Berlino, dove pure un governo a componente verde sta pensando di tornare al carbone. Una deviazione dagli obiettivi climatici che, a dispetto dei piani siglati, tenta molti governi europei.

Prezzi da contenere

Finora gli europei hanno continuato a finanziare lautamente la Russia, che tagliando le forniture di gas prova a metterci in scacco in vista dell’inverno ma grazie ai prezzi alti continua a foraggiare la sua guerra coi nostri soldi. Gli Stati Uniti si sono presentati in Baviera con un piano, congegnato dalla segretaria al tesoro Janet Yellen: imporre agli altri paesi alleati un tetto ai prezzi del petrolio russo. Mario Draghi ha sperato che la spinta degli Usa per questo tipo di price cap regalasse un’accelerazione anche al piano italiano per un altro tetto ai prezzi, quello sul gas.

La posizione iniziale italiana è stata quindi quella di limitare il tetto alle importazioni dalla Russia; dunque non al gas comprato da Usa, Algeria o altri fornitori. Emmanuel Macron, che al Consiglio europeo della scorsa settimana ha sostenuto gli sforzi diplomatici italiani sul tema, ha introdotto sul tavolo un’opzione che ha scompaginato i piani Usa: per la Francia, i tetti ai prezzi del petrolio vanno estesi a tutti i produttori. Il lavoro negoziale sul testo è proseguito fino a tardi, per trovare un punto di caduta che riguardasse in generale gli idrocarburi.

Prepararsi all’inverno

Ogni paese dell’Ue dovrà mettere da parte una quantità sufficiente di gas in vista dell’inverno. Non si tratta più di proposte, ma di obblighi precisi che arrivano dall’Europa. Gli ultimi passaggi politici sono stati conclusi questo lunedì al Consiglio Ue dell’energia: siamo ora all’entrata in vigore. Il regolamento sullo stoccaggio del gas ci impone di mettere da parte gas all’80 per cento delle nostre capacità prima che inizi il prossimo inverno, per poi passare al 90 negli anni seguenti. Il pesante taglio delle forniture messo in atto dalla Russia vuole incidere proprio sulla nostra capacità di accumulare risorse in vista della stagione fredda. Con i tagli, diventa più difficile raggiungere gli obiettivi di stoccaggio – fino alla scorsa settimana, né noi né francesi e tedeschi avevamo raggiunto il 60 per cento – e inoltre con le limitazioni dell’offerta i prezzi sono così alti che, per dirla con Draghi, «Putin ci guadagna tanto e noi ci prendiamo le complicazioni». L’inflazione, che si estende dai prezzi dell’energia ad altri beni, è tra le complicazioni. Su questo capitolo è centrale il ruolo di Washington per due ragioni. Una è il tema del tetto ai prezzi. L’altra è che – come dice il regolamento Ue appena approvato – i paesi europei «potranno raggiungere parzialmente gli obiettivi conteggiando le scorte di gas naturale liquefatto o di combustibili alternativi».

I pericoli ambientali

Questo lunedì il Consiglio Ue ha definito il suo obiettivo per le rinnovabili, e i ministri hanno anche fissato la loro intesa sul tema dell’efficienza energetica. Rispetto alle proposte della Commissione, gli obiettivi sono stati ribassati. Nelle stesse ore, Ursula von der Leyen ha fatto una dichiarazione comune con Joe Biden al G7. La Casa Bianca e la Commissione Ue vogliono portare nelle nostre case «termostati smart» per efficientare i nostri consumi. Si dicono pure «consapevoli degli impatti climatici della produzione e del consumo di gas naturale liquefatto».

Ma al contempo forniscono dati rivelatori: «Da marzo le esportazioni di gnl dagli Usa all’Ue sono triplicate». È una storia che i cittadini texani hanno sotto gli occhi. Il più grande esportatore americano di gnl, la società Cheniere, sta sforando sempre di più i vincoli ambientali nell’area di Corpus Christi, e nell’ultraliberista stato texano le authority invece di riportarla alle regole lasciano correre, nonostante gli effetti su ambiente e abitanti. Aumentare la produzione di gnl per venderlo all’Europa è del resto la politica di Biden per dare alternative al gas russo. Il punto è che esistono anche le politiche climatiche. E su questo, il rischio di passi indietro è già realtà.

Carbone e ipocrisie

«Decisione amara ma necessaria». Con la motivazione di provare a dipendere meno dal gas russo, il ministro verde tedesco Robert Habeck ha ammesso la scorsa settimana che il piano è bruciare più carbone. Si tratta persino di riattivare centrali ormai dismesse. La Polonia pure, fa sapere che il carbone non si tocca. Olanda, Austria, pure l’Italia, hanno in mente il carbone. In questo contesto, e con Bruxelles che a fatica riporta i governi al piano green, questo lunedì al G7 i leader hanno siglato una partnership con India, Indonesia, Senegal e Vietnam: dichiarano di voler accelerare la dipendenza dai combustibili fossili. I fatti vanno in tutt’altra direzione.

© Riproduzione riservata