Con l’intervista di Zelensky al Tg1 le voci sulla possibile sostituzione del capo delle forze armate Valerij Zalužnyj hanno trovato un fondamento. Il presidente ucraino ha parlato di un ricambio della leadership politica e militare, non limitato a una sola persona. Certo è che la popolarità di Zalužnyj è cresciuta notevolmente dal 2022, con la resistenza iniziale e le vittorie di Izium e Kherson. In occidente è avvenuta, al pari di Zelensky, una mitizzazione mediatica di Zalužnyj. La rivista Time gli ha dedicato la copertina, il sito Politico l’ha dipinto come un grande stratega che ha messo in crisi la Russia e il Guardian l’ha definito l’incarnazione della trasformazione dell’esercito ucraino dalla flemma sovietica alla modernità occidentale. Lo stesso Zalužnyj ha cercato di plasmare un proprio profilo internazionale con una dottrina proposta in un editoriale del novembre 2023 sull’Economist e in uno pubblicato dalla Cnn il 1° febbraio 2024, in cui indica come priorità lo sviluppo tecnologico, una svolta nell’addestramento e nelle capacità di combattimento.

Probabilmente l’amministrazione presidenziale, guidata dal potente Andrij Yermak, non ha gradito questo protagonismo comunicativo del generale, che dovrebbe essere prerogativa del livello politico-strategico e non di quello strategico-militare, peraltro adombrando anche il ministro della Difesa, il tataro crimeano Rustem Umerov che ha sostituito Oleksii Reznikov. Al ministero di Kiev c’è anche una pletora di nove viceministri e sottosegretari con diverse deleghe. Tra di loro tre sono militari con incarichi a livello politico, mentre altri hanno un profilo più internazionale e tecnico, come l’esperto di trasformazione digitale Stanislav Haider, incaricato di ottimizzare il lavoro del ministero ed eliminare le sovrapposizioni. Dal 2019 per legge il ministro della Difesa non può essere un militare, ma questo limite non si applica ai viceministri, infatti il primo di loro è il tenente generale Oleksandr Pavliuk, nativo della regione di Zhytomyr come Zalužnyj e veterano del Donbas. A gennaio 2022 in un’intervista al Times aveva definito un grande errore la rinuncia dell’Ucraina alla deterrenza nucleare, sancita nel 1994 con il memorandum di Budapest, calpestato dalla Russia che ne era firmataria. Pavliuk è stimato dal governo e potrebbe essere nella rosa dei papabili al comando in capo delle forze armate.

Le simpatie controverse

Spesso e volentieri Zalužnyj si è fatto foto con esponenti del partito Pravy Sektor (che alle elezioni del 2019 ha ottenuto appena il 2 per cento pur coalizzandosi con altri gruppi di estrema destra) e con ritratti di Stepan Bandera, personaggio divisivo della storia ucraina. Anche in occasione del funerale di Dmytro Kotsiubailo “Da Vinci”, giovanissimo combattente dell’unità di Pravy Sektor morto a Bakhmut, Zalužnyj si è prodigato in carezze al feretro, inchini e lacrime a favore di telecamere raramente visti per altri caduti. Nel 2022 il Corpo Volontario Ucraino, braccio armato di Pravy Sektor, è stato integrato nell’esercito e riorganizzato come 67ª Brigata meccanizzata, di cui facevano appunto parte i “Lupi di Da Vinci”. Si tratta di unità, così come le due brigate del movimento Azov e altre più piccole, che dovrebbero essere sciolte e riorganizzate se davvero si aspira a forze armate apolitiche sul modello occidentale, ma che mantengono un’identità molto forte e sono anche tra le più intrepide in combattimento.

A inizio febbraio Zalužnyj è comparso in un selfie pubblicato su Facebook da Andriy Stempitsky, comandante del Corpo Volontario. Una questione di opportunità avrebbe imposto al comandante in capo di evitare foto con esponenti di una frangia ultra-minoritaria e controversa. Tuttavia, il generale proviene dall’oblast di Zhytomyr, nell’ovest del paese, ed è probabilmente cresciuto in un contesto sociale e familiare che apprezza Bandera. Per esempio, nel centro dell’Ucraina dove si parla più spesso surzhyk, un misto di ucraino e russo, il patriottismo è altrettanto forte ma ha riferimenti storici diversi. A Dnipro e Zaporižžja si ispira allo stato cosacco noto come Sič, più a nord all’etmanato di Ivan Mazepa e alla Rus’ di Kyiv del principe Volodymyr I, che per secoli hanno costituito l’identità ucraina negata da Mosca.

L’eroe di Kiev

L’Ucraina ha a disposizione altri generali capaci e di esperienza, con caratteristiche diverse tra loro, a cominciare da Oleksandr Syrskyi, capo dell’esercito ritenuto di mentalità sovietica per essersi diplomato alla celebre accademia militare dell’Urss nel 1986. Non è l’unico con questo profilo, tra i ranghi ucraini ci sono ufficiali nati a Chisinau in Moldavia, a Samarcanda in Uzbekistan, diplomati alle accademie militari di Omsk e Mosca, i cosiddetti kremlovtsy, cadetti del Cremlino. Syrskyi è stato criticato da alcuni ufficiali per aver ordinato di resistere o attaccare in condizioni inadeguate, oltre che per la presunta difficoltà ad adattarsi alla dottrina NATO. Tuttavia, è proprio lui che dopo il 2014 ha iniziato una collaborazione attiva con la NATO e ha difeso con successo la capitale nel 2022, meritandosi la decorazione di Eroe dell’Ucraina. Inoltre, conoscere la mentalità degli ufficiali russi, avendo frequentato la stessa scuola, potrebbe rivelarsi anche un vantaggio per capire le intenzioni del nemico e sapere come intervenire. Syrskyi è l’unico nelle Forze Armate ucraine con il grado di colonnello generale, abolito nel 2020.

Il capo delle spie

Il terzo generale ucraino più noto è certamente Kyrylo Budanov, capo della potente intelligence militare (GUR). Nonostante i suoi 38 anni, a settembre 2023 ha già raggiunto il grado di tenente generale, che corrisponde al nostro generale di corpo d’armata, il più alto in vigore. Secondo Oleksandr Fatsevych, suo ex compagno di corso all’accademia militare di Odessa ed attuale vicecapo della polizia, Budanov ha una mente matematica e gli piace approfondire i problemi nei dettagli. Già prima dell’invasione si era reso protagonista di operazioni ardite come l’infiltrazione della Crimea e il tentativo di arrestare mercenari di Wagner mentre sorvolavano lo spazio aereo ucraino da Minsk a Istanbul. Si devono a lui le operazioni contro il ponte di Kerch che collega la penisola occupata alla Russia, oltre agli attacchi sulla flotta nemica, i droni sui depositi e le incursioni dei dissidenti russi. A novembre 2023 sua moglie Marianna, legata al sindaco di Kiev Vitalij Klyčko, è stata avvelenata con metalli pesanti in una probabile vendetta russa, ma è sopravvissuta. Nonostante la vicinanza politica della moglie con Klyčko, in rapporti tesi con Zelensky, Budanov gode della piena fiducia del presidente e si è fatto anche il suo nome per una eventuale sostituzione di Zalužnyj. Klyčko ha però espresso pubblicamente sostegno all’attuale comandante in capo. Non è detto però che un ufficiale bravo nello spionaggio e nelle operazioni speciali sia altrettanto capace a gestire una situazione strategica complessa e centinaia di migliaia di uomini su un fronte di 1200 chilometri.

Promozioni e rimozioni

Formalmente, ai vertici della piramide militare dopo Zalužnyj viene il suo vice, il tenente generale Yevhen Moisiuk, paracadutista 44enne nato al confine occidentale con la Romania, nominato nel 2021 dal presidente Zelensky. Dal 2020 in Ucraina è entrata in vigore una riforma che separa il ruolo di comandante in capo da quello di capo di Stato maggiore, che è affidato al tenente generale Serhii Shaptala, nominato nel 2021 su probabile indicazione di Zalužnyj, infatti i due ufficiali compaiono spesso in selfie amichevoli. Altri nomi importanti sono quelli dei generali Viktor Bokiy e Oleksandr Kyrylenko, entrambi vicecapi di Stato maggiore, subordinati a Shaptala, con incarichi settoriali fondamentali, dalla logistica all’approvvigionamento, che fanno funzionare la colossale macchina che permette all’Ucraina di resistere.

A capo del Comando operativo interforze c’è il generale Serhii Naiev, anch’egli diplomato a Mosca nel 1991, ma secondo indiscrezioni di fine 2023 pubblicate da Ukrainska Pravda, potrebbe essere rimosso perché ritenuto responsabile della fallita difesa di Kherson nel 2022. Un altro nome che si è fatto per la rimozione è quello del generale di brigata Oleksandr Tarnavskyi, comandante del settore del fronte Tavria (Tauride), che va appunto da Kherson fino a Marinka nel Donbas, dove inizia il settore operativo Khortytsia (isola sul Dnipro della storia cosacca) sotto il comando dello stesso Syrskyi. Tarnavskyi era stato decorato per la liberazione di Kherson, benché avvenuta grazie al logoramento dei russi tramite HIMARS più che con gli assalti, ma non è riuscito a ottenere risultati significativi nella controffensiva del 2023 verso sud.

Infine, il generale 45enne Dmytro Krasilnikov comanda il settore nord, alle prese con il confine bielorusso e di Belgorod, per la cui fortificazione il governo ucraino ha stanziato oltre 400 milioni di euro. Krasilnikov ha di fatto preso il testimone dal generale Viktor Nikoliuk, assegnato al fondamentale addestramento delle reclute mobilitate, che avviene per l’80 per cento in patria e il 20 per cento nei paesi alleati. A fine gennaio, Nikoliuk ha dichiarato a Radio Free Europe che l’arma di cui c’è più bisogno è quella di fanteria. Infatti, nei mesi sono aumentate le unità specializzate in droni e altre tecnologie, ma chi conduce assalti resta indispensabile per le manovre. Dalle scelte dei comandanti dipende il corso della guerra, che può avere un esito positivo grazie ad una visione strategica innovativa. A fine 2022 gli ucraini sono stati in grado di liberare circa 74mila chilometri quadrati, l’equivalente di Piemonte, Lombardia ed Emilia-Romagna insieme. I russi ora controllano circa il 17% del territorio, contro il 27 per cento che avevano occupato a marzo 2022, e hanno perso circa il 20 per cento per tonnellaggio della loro flotta nel Mar Nero, che si è ritirata lontano dalla vulnerabile Crimea.

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