Le narrazioni complottiste secondo le quali è la Cia a fomentare le rivolte “arancioni” in Kazakistan nascondono una realtà molto più complessa per questo paese al centro di bramosie economiche e politiche. In questi trent’anni di indipendenza i kazaki hanno cercato di stare in equilibrio tra varie influenze. “Multivettoriale” è stato il mantra fin dall’indipendenza nel 1991. L’obiettivo era rimanere in equilibrio tra Russia e Cina, ma anche con gli Usa e la Nato. Per esemplificare tale destrezza basti dire che soltanto nel dicembre 2021 i kazaki hanno confermato un accordo di cooperazione militare con gli americani e firmato un accordo di sicurezza con Mosca. Almaty ha comprato droni da un partner Nato come la Turchia e molte armi dagli Usa, partecipando a manovre militari dell’alleanza atlantica. Allo stesso tempo il Kazakistan è membro fondatore dell’Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva (Csto), l’alleanza militare dominata da Mosca, e membro del Consiglio Turco e del Gruppo di Shangai, alleanza politica con Russia e Cina.

Liberarsi dalla morsa

In this image taken from footage provided by the RU-RTR Russian television, a Kazakhstan's soldier stands atop of a military vehicle at a check point in Kazakhstan, Friday, Jan. 7, 2022. The President of Kazakhstan said Friday he authorized law enforcement to open fire on "terrorists" and shoot to kill, a move that comes after days of extremely violent protests in the former Soviet nation. The alliance, the Collective Security Treaty Organization, includes the former Soviet republics of Russia, Kazakhstan, Belarus, Armenia, Tajikistan and Kyrgyzstan and has started deploying troops to Kazakhstan for a peacekeeping mission. (RU-RTR Russian Television via AP)

Una delle principali preoccupazioni dei leader kazaki, sia del padre della patria Nazarbaev (che pare sia ora fuggito dal paese) che del suo delfino, l’attuale presidente Toqaev, è sempre stata quella di svincolarsi dalla tenaglia russo-cinese controbilanciandola mediante rapporti con i paesi occidentali ma soprattutto con l’approccio panturco, facilmente accessibile per una popolazione al 70 per cento musulmana sunnita (i russi sono quasi il 20 per cento).

La scelta multivettoriale è un modo per sopravvivere in un’area molto contesa dell’Asia centrale. Le violenze a cui stiamo assistendo in queste ore nascono anche dall’intreccio di tutte le influenze che cercano di appropriarsi delle leve del potere a Almaty. Nazarbaev ha cercato di stare il più lontano possibile da Mosca e non aveva un buon rapporto con Putin. L’equilibrismo si è rotto quando, davanti all’aumentare delle sommosse, il presidente Toqaev ha chiesto l’intervento della Csto. La rottura della trentennale multivettorialità kazaka avrà conseguenze geopolitiche. È facile prevedere che Mosca chiederà come contropartita il riconoscimento dell’annessione della Crimea. Anche Pechino ha dichiarato di sostenere il governo attuale. Il contraccambio è che Almaty smetta di dare ospitalità agli uiguri etnicamente vicini ai kazaki. L’aspetto più delicato è rappresentato dalle relazioni con la Turchia. Riemerge così il duello russo-turco che spinge la Russia a neanche troppo velate minacce di annessione del Kazakistan. Approfittando della fluidità del quadro Mosca cerca di rafforzare la sua presa sui vicini, allontanando lo spettro della Nato. Ma la questione si è complicata: oggi Mosca incontra sulla sua strada una ormai consolidata presenza cinese e i ripetuti tentativi di influenza turca che recentemente hanno preso la forma di aiuti militari.

Manovre inedite

A police car on fire as riot police prepare to stop protesters in the center of Almaty, Kazakhstan, Wednesday, Jan. 5, 2022. Demonstrators denouncing the doubling of prices for liquefied gas have clashed with police in Kazakhstan's largest city and held protests in about a dozen other cities in the country. Local news reports said police dispersed a demonstration of about a thousand people Tuesday night in Almaty and that some demonstrators were detained. (AP Photo/Vladimir Tretyakov)

Le polemiche con l’occidente per ciò che sta accadendo sono una cortina fumogena che cela una situazione molto più complessa. Per ora il dispiegamento di una “forza collettiva” della Csto è stata annunciata dal presidente di turno dell’organizzazione, il premier armeno Pashinyan. Il paradosso è che Pashinyan in occasione della guerra contro l’Azerbaijan aveva chiesto invano l’intervento della Csto. La decisione di intervenire è dunque un inedito e mira a cambiare tutte le carte sul tavolo. Ma il Kazakistan non è più quello di ieri e ci si possono aspettare delle sorprese.

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