Le femministe polacche protestano da giorni, e ogni giorno sono sempre di più. Un’onda che cresce: tante ragazzine di neppure vent’anni, donne, e uomini con loro. Al settimo giorno, invece di riposarsi, rilanciano: domani confluiscono nella capitale per una mega protesta. «Dal 22 ottobre dormo solo un paio d’ore a notte», dice Lana Dadu, attivista di Cracovia.

 

Quel giovedì, mentre la Polonia stava per diventare zona rossa per il Covid-19, la Corte costituzionale ha sentenziato che l’aborto è illegale anche in caso di gravi malformazioni del feto. Dai primi anni Novanta, abortire è già vietato in tutti i casi tranne questo, stupro, incesto o vita della madre a rischio. Nel 2016 la destra ha provato a spazzare via le eccezioni; Jaroslaw Kaczynski, l’influente leader del partito di governo ultracattolico Pis, ha detto che a ispirarlo è stata l’organizzazione pro life Ordo Iuris. Una massiccia protesta (“Czarny protest”) ha frenato la mossa. Ma da allora le pressioni di pro life e chiesa polacca sono incessanti. L’anno scorso il presidente della Conferenza episcopale, Stanislaw Gadecki, ha criticato il Pis per aver «fallito» e «tradito la promessa elettorale di proteggere la vita sin dal concepimento». Dove non è arrivata la politica, riesce la “giustizia”, in un paese attenzionato dall’Ue perché la sfera giudiziaria non gode di indipendenza. La commistione tra potere giudiziario ed esecutivo dura da anni: nel 2015 il presidente Andrzej Duda rimpiazzò tre giudici con nomi graditi a Pis.

Proteste e reazioni

A chiamare in causa la Corte sul tema sono stati più di cento tra parlamentari del Pis, di destra, o dell’estrema destra di Konfederacja. Il giorno della sentenza, donne (e uomini) si sono radunati spontaneamente a Varsavia sotto casa di Kaczynski, a Cracovia sotto l’ufficio del Pis. Nella capitale la polizia ha lanciato lacrimogeni, ovunque ha chiesto i documenti. Ma le proteste, invece di spegnersi, sono cresciute. Domenica, le donne hanno espresso il loro dissenso anche davanti e dentro le chiese, incontrando la resistenza della polizia e quella, brutale, degli estremisti di destra. Lunedì c’è stato il blocco delle città (strade e ponti ostruiti dalla folla). Mercoledì, sciopero generale. E mercoledì, quando l’onda non poteva più essere ignorata, si è espresso Kaczynski: «Vogliono distruggere la nostra storia e la nazione! Le chiese vanno difese in ogni modo». Oltre a polarizzare lo scontro (sua strategia ricorrente), ha rinfocolato gli attacchi alle donne da parte degli estremisti di destra. Robert Bakiewicz, capo di un gruppo neofascista, ha detto che «è guerra!, ridurremo le manifestanti in polvere», e ha annunciato una guardia paramilitare a difesa delle chiese. Gli estremisti di Mlodziez Wszechpolska hanno attaccato alcune donne.

Iniziative nei parlamenti

La dichiarazione fatta ieri dal presidente Duda, che le donne devono avere diritto di abortire in caso di malformazioni del feto, pare un’apertura. Ma la parlamentare di opposizione Magdalena Biejat dice che «è una trappola. Cela il tentativo di rivedere la legge e renderla più restrittiva». Il partito di Biejat, con le femministe, sta raccogliendo firme (ne servono 100mila) per un progetto di legge che consenta l’aborto senza restrizioni fino ai tre mesi dal concepimento. C’è in cantiere anche una legge per depenalizzare l’aiuto dei medici alle donne ad abortire. Dal parlamento europeo si è attivato l’ex candidato alle presidenziali Robert Biedroń, che ha proposto con il suo gruppo, i socialdemocratici, una risoluzione al voto alla prossima plenaria (fine novembre). Chiede alla Commissione di avviare una procedura di infrazione. La presidente Ursula von der Leyen è reticente: ha fatto allusioni ai diritti delle donne ma senza nominare la Polonia. «Cosa aspetta Bruxelles?», dice Biedroń. «Da anni il governo calpesta lo stato di diritto, l’Ue ha già sollevato il tema dell’indipendenza della Corte: la sentenza è illegittima. Bruxelles non agisce e dà senso di impunità al governo. Il prezzo lo pagano le donne».

 Alle 12:30 di venerdì 30 ottobre, sulla pagina Instagram di Domani, parliamo del tema in diretta con la senatrice Emma Bonino

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