Le forze di sicurezza americane hanno chiesto ai membri e ai funzionari del Congresso di rimanere dentro l’edificio e di non avvicinarsi alle finestre dopo che un piccolo incendio è divampato vicino a Capitol Hill.

Secondo quanto riportato da un legislatore alla Cnn, la decisione sarebbe dovuta «a una possibile minaccia esterna». L’incendio è stato spento dopo pochi minuti e non si hanno notizie di feriti. L’allerta rimane comunque alta in vista di possibili nuovi incidenti in concomitanza con la cerimonia di insediamento del presidente eletto Joe Biden. 

Il timore di un nuovo 6 gennaio

Le forze di sicurezza si preparano all’inagurazione dell’amministrazione Biden per evitare una replica di quanto avvenuto il 6 gennaio quando i sostenitori del presidente uscente, Donald Trump, avevano assaltato il Congresso ingaggiando anche scontri con le forze dell’ordine che avevano provocato la morte di cinque persone tra cui un agente della Capitol Police.

In molti avevano criticato la risposta troppo blanda della polizia che non era riuscita a presidiare e difendere l’edificio dove i legislatori si erano riuniti per eleggere formalmente il presidente democratico.

 L’insurrezione era stata scatenata dalle parole di Trump che aveva accusato i democratici di avere commesso brogli nel corso delle elezioni del 3 novembre.

Verso l’impeachment

Il presidente americano è ritenuto dai democratici e anche da parte dei repubblicani come il vero ispiratore delle violenze di Capitol Hill e per questo motivo è stato posto, unico caso nella storia americana, a una secondo procedura di impeachment dopo quella naufragata nel 2020 che lo vedeva accusato di avere esercitato pressioni sul presidente ucraino per mettere sotto processo Biden all’epoca candidato alle primarie dei democratici.

Per cercare di rimuovere Trump, i democratici hanno invocato anche l’uso del 25esimo emendamento che prevede la possibilità di destituire il presidente che «non vuole o non può abbandonare il potere». La procedura richiedeva però il coinvolgimento del vicepresidente Mike Pence che ha rifiutato. 

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