Il giorno prima dell’atteso incontro con il premier israeliano Benjamin Netanyahu, il presidente degli Stati Uniti ha ostentato ottimismo. «Abbiamo una vera opportunità di grandezza in Medio Oriente» ha detto Donald Trump, senza però dare molti dettagli o tempistiche, rispetto al suo piano di pace per Gaza. «Siamo tutti a bordo per qualcosa di speciale, per la prima volta in assoluto. Ce la faremo».

Trump aveva già fatto sapere nei giorni scorsi che le trattative su Gaza con una serie di paesi arabi erano intense e che sia Israele sia Hamas ne erano al corrente. Tuttavia, non è chiaro se Hamas abbia ricevuto il piano in 21 punti, che prevede il rilascio di tutti gli ostaggi e un ritiro graduale delle truppe israeliane da Gaza. Intanto, l’offensiva di terra dell’esercito del paese ebraico (Idf) è proseguita domenica con la stessa intensità dei giorni precedenti e Netanyahu si preparava ad incontrare lunedì pomeriggio il presidente Usa, proprio per discutere del piano e raggiungere un accordo di massima sull'impianto generale del piano.

Più cauti, invece, Netanyahu – «Spero che ce la faremo, stiamo lavorando» – e JD Vance. Il vicepresidente Usa ha detto all’emittente Fox News che il suo governo era immerso in trattative molto complicate con i leader israeliani e di alcuni paesi arabi, ma di essere cautamente speranzoso sul raggiungimento di un accordo. «Sono più ottimista sulla situazione attuale rispetto a quella degli ultimi mesi, ma bisogna essere realisti: queste cose possono deragliare all’ultimo minuto», ha affermato il vicepresidente.

Secondo Vance, il piano si baserebbe su tre pilastri principali: la restituzione di tutti gli ostaggi, la fine della minaccia di Hamas a Israele e l’intensificazione degli aiuti umanitari a Gaza. «Penso che siamo vicini a raggiungere tutti e tre questi obiettivi», ha affermato Vance. Il lavoro continua. Ottimismo sulla possibilità di un accordo trapelava anche dall’andamento della borsa di Tel Aviv, con il suo indice principale TA-35 in rialzo del 2,7 per cento in chiusura di seduta.

Dialogo marittimo

A continuare è anche il dialogo. Domenica il ministro della Difesa Guido Crosetto ha incontrato a Roma la portavoce della Global Sumud Flotilla, Maria Elena Delia, e le altre esponenti del movimento Simona Moscarelli e Giorgina Levi, ribadendo loro le sue preoccupazioni riguardo all’incolumità dell’equipaggio, che nel pomeriggio stava navigando in acque internazionali verso Gaza, dopo aver lasciato l’isola di Creta.

«Qualora la Sumud Flotilla decidesse di intraprendere azioni per forzare un blocco navale si esporrebbe a pericoli elevatissimi e non gestibili, visto che parliamo di barche civili che si pongono l’obiettivo di “forzare” un dispositivo militare. Sono certo che si possano ottenere risultati migliori e maggiori per il popolo palestinese in altri modi, mezzi e sistemi, come ho ribadito loro, ringraziando per il confronto sincero e corretto», ha detto Crosetto.

La Flotilla ha fatto sapere di aver avuto una traversata difficile durante la notte di sabato a causa del mare grosso, ma soprattutto di essere seguita da droni che li monitorano dall’alto. Non ci sarebbero stati attacchi di nessun tipo e le imbarcazioni della delegazione italiana continuano a essere seguite da una fregata della Marina.

Secondo gli organizzatori, le navi greche si sono unite alla Flotilla, che ora conta circa 47 imbarcazioni civili. «Fratelli e sorelle di Gaza, navighiamo con la speranza nel cuore. La vostra resilienza è la nostra bussola, la vostra lotta è la nostra lotta. Insieme, romperemo il silenzio dell'assedio», ha scritto la Global Sumud Flotilla sui social. Per Israele, però, il fatto che la flottiglia abbia respinto la proposta italiana e del Vaticano di consegnare in altro modo gli aiuti è emblematico. «Si tratta solo di provocazione e di servire Hamas», secondo il ministero degli Esteri israeliano.

Buio ostaggi

Nel frattempo, l’ala militare di Hamas ha affermato di aver perso i contatti con due ostaggi a Gaza City, di cui i familiari hanno chiesto ai media di non diffondere i nominativi, a causa delle operazioni militari israeliane nei quartieri di Sabra e Tal al-Hawa a Gaza City.

«La vita dei due prigionieri è in serio pericolo», ha dichiarato la fazione palestinese su Telegram, chiedendo a Israele di ritirarsi immediatamente a sud dell'autostrada 8 e di interrompere gli attacchi aerei per 24 ore a partire dalle 18, in modo da poter soccorrere i due rapiti. L’Idf non ha commentato la richiesta, ma ha chiarito di non avere alcuna intenzione di fermare l’offensiva sulla città, emanando vari ordini di evacuazione a tutti gli abitanti di parti di Gaza City, inclusa l’area di Sabra.

Data la grande risonanza che il destino degli ostaggi ha in Israele, ciò che succederà ai due rapiti potrebbe avere ripercussioni sulle trattative in corso sul piano Trump. Israele comunque non si ferma. Il ministero della Sanità di Gaza ha fatto sapere domenica pomeriggio che 77 persone sono morte sotto gli attacchi israeliani nelle precedenti 24 ore. Le autorità sanitarie hanno inoltre detto di non aver potuto rispondere a decine di chiamate disperate di soccorso e che Israele avrebbe rifiutato loro il permesso, richiesto attraverso organizzazioni internazionali, di soccorrere i feriti di Gaza City.

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