L’Idf prosegue la mattanza. Centinaia di vittime, ma l’esercito dice: «Uccisi 10 miliziani». La scelta di Salvini: in un’intervista a una tv israeliana non critica mai il premier Netanyahu.Grande attesa per la settimana Onu sulla Palestina
Difficile immaginare una potenza di fuoco più grande di quella che l’esercito israeliano sta impiegando in questo momento su Gaza City. Interi quartieri sono stati distrutti, i droni e i missili non concedono pause ai civili neanche a quelli in fuga.
Eppure in uno dei suoi ultimi comunicati l’Idf promette di usare una «forza senza precedenti» sulla città sotto assedio. Il messaggio è rivolto alle centinaia di migliaia di civili che non hanno intenzione di lasciare le loro case.
«Per la vostra sicurezza, approfittate di questa opportunità e unitevi alle centinaia di migliaia di residenti che si sono trasferiti a sud, nella zona umanitaria. Non permettete ad Hamas di sfruttarvi come scudi umani», fa sapere l’esercito dello stato ebraico. Ma lasciare in poche ore la propria abitazione con la consapevolezza di iniziare una vita da sfollati permanenti è l’ultima opzione per migliaia di civili che sono ancora in città.
Chi alla fine decide di incamminarsi verso sud si scontra con un’evacuazione complicata e non solo a livello emotivo. La Rashid Street – l’unica via di fuga aperta a oggi – si è trasformata da giorni in una fila permanente di profughi che con carretti e mezzi di fortuna trasportano tutto quello che possono in vista dell’imminente inverno. Lo sfollamento a sud può arrivare a costare anche fino a duemila dollari per chi non riesce a fare da solo. E per i feriti e i bambini rimasti orfani l’evacuazione, spesso, non è neanche un’opzione.
In questo limbo i raid aerei sono proseguiti per tutto il giorno di ieri. Almeno 33 persone sono state uccise di cui 15 solo a Gaza City. Ma per capire la reale portata dell’offensiva sulla popolazione civile bisogna guardare all’autodenuncia emersa ieri da un comunicato dell’esercito israeliano.
Nel messaggio con cui è stata annunciata l’uccisione del vice capo dell'intelligence del battaglione Bureij di Hamas, l’Idf ha dichiarato anche nei giorni scorsi ha ucciso più di dieci miliziani del gruppo palestinese. Dieci agenti di Hamas a fronte di un numero totale dei morti che da lunedì è di circa 300.
L’amico Salvini
Mentre nelle cancellerie europee le idee sono chiare sul riconoscimento dello stato della Palestina, tema principale dell’Assemblea Onu del prossimo lunedì, il governo italiano è ancorato a posizioni contraddittorie.
Il vicepremier Matteo Salvini ha ribadito la sua ferma posizione nella criticata intervista al portale israeliano i24News: «Riconoscere adesso uno stato palestinese dopo i fatti di sangue di Hamas e con Hamas ancora attiva è un errore clamoroso», ha detto. La premier, invece, disse in una breve uscita di qualche settimana fa che al momento «è controproducente» ma non è contraria per il futuro. Manca il coraggio di distaccarsi dalla linea politica del presidente Donald Trump.
Tuttavia a far infuriare le opposizioni e a creare dissapori all’interno della maggioranza è lo schieramento netto di Salvini in favore di Tel Aviv, in un momento in cui in Europa – Germania a parte – l’Italia è isolata sia sulle sanzioni sia sul riconoscimento della Palestina.
«Dal mio punto di vista, difendere Israele, il diritto alla vita di Israele significa difendere la libertà e la democrazia. Quindi, Israele ha tutto il diritto di garantirsi un futuro sereno», ha aggiunto il leader della Lega che ha ribadito all’emittente israeliana di voler incoronare Gerusalemme capitale a fine conflitto.
All’interno della maggioranza i paletti sono stati messi dal capo della Farnesina, Antonio Tajani: «La linea di politica estera la fanno il ministro degli Esteri e il presidente del Consiglio», ha detto ieri.
Nazioni Unite
La prossima settimana in sede Onu sarà decisiva per le sorti del futuro stato della Palestina. Francia e Arabia Saudita vogliono portare a compimento il loro progetto politico per il suo riconoscimento, anche se gli Stati Uniti ragionano a nuove contromisure da adottare nei confronti dei paesi europei che seguiranno l’Eliseo.
Un primo segnale è stato lanciato con la negazione del visto alla delegazione dell’Autorità nazionale palestinese per partecipare all’Assemblea che si terrà nel Palazzo di Vetro a New York.
Il presidente Abu Mazen sarà infatti collegato virtualmente. Un secondo segnale è arrivato invece nella serata del 18 settembre quando Washington ha posto il veto alla risoluzione per il cessate il fuoco a Gaza e la restituzione degli ostaggi israeliani ancora nella mani di Hamas.
In videomessaggio comparirà anche il principe ereditario dell’Arabia Saudita, Mohammed bin Salman, sponsor principale della risoluzione. Intanto, 9mila israeliani hanno firmato una petizione a sostegno della richiesta di riconoscimento dello stato palestinese, un gesto simbolicamente rilevante. E mentre la società civile si muove denunciando i crimini di guerra dello stato ebraico e con manifestazioni in solidarietà di Gaza, i leader politici continuano a fare i loro calcoli. Tra cui la premier Giorgia Meloni che risponde alle critiche con il solito mantra sull’aiuto umanitario fornito dall’Italia ai civili.
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