In pochi giorni compiuti 150 raid, colpito anche l’ospedale pediatrico. Il ministro delle Finanze: «Vedremo come distribuirci i terreni insieme agli Usa». Lunedì 29 settembre Netanyahu sarà di nuovo alla Casa Bianca da Trump
Più di un milione di persone pregano inermi sotto il fuoco delle bombe. Saranno estratte a sorte dai missili che stanno distruggendo Gaza City nell’assedio totale lanciato dall’esercito israeliano. Non sanno dove andare, non ci sono luoghi sicuri nella Striscia, a differenza di quanto continua a comunicare l’Idf.
Secondo lo Stato ebraico sono 400mila i civili che hanno lasciato le loro case. Numeri, se confermati, ancora troppo bassi rispetto a oltre un milione di persone che sono rimaste in città, come conferma il governo di Hamas, un po’ per disperazione un po’ perché non sanno dove andare. Anche solo trovare un pezzo di terra dove rifugiarsi è un miracolo. Per questo motivo 15mila palestinesi avrebbero fatto ritorno nei loro quartieri dopo l’evacuazione forzata delle scorse settimane, nonostante l’alto rischio di essere uccisi.
Solo nel primo giorno di invasione via terra di Gaza City sono morte più di cento persone. I cadaveri di altrettante emergeranno una volta tolte le macerie. In pochi giorni l’Idf ha annunciato di aver compiuto 150 attacchi. Il suono dei missili e dei droni non è più un’eccezione ma da mesi scandisce a ritmi irregolari la quotidianità della Striscia. E gli edifici crollano sulle aree popolate da migliaia di rifugiati assiepati nelle tende.
Ancora blackout
Nelle ultime ore dalla Striscia le notizie giungono frammentate. Non solo perché ci sono 270 tra giornalisti e operatori dei media in meno, uccisi a sangue freddo dall’esercito israeliano. Ma anche perché a Gaza sono tornati i black out. I servizi internet e telefonici sono stati messi fuori uso dagli ultimi bombardamenti che hanno colpito la rete nel nord della Striscia. E nel mirino dei raid è entrato anche l’ospedale pediatrico Rantisi. Le strutture sono al collasso da mesi e ogni vita salvata dai medici è un miracolo. Come se non bastasse, Hamas ha denunciato che Israele sta bloccando i rifornimenti di carburante per gli ospedali.
Il numero dei morti ha superato quota 65mila. I feriti sono quasi il triplo: 165.697. Lo hanno riferito fonti mediche di Gaza all’agenzia stampa Wafa. Tra le nuove vittime c’è un infermiere di Medici senza frontiere (Msf). Si chiamava Hussein Alnajjar e aveva tre bambini. Dopo cinque giorni di agonia è morto per le schegge che lo hanno colpito dopo un raid vicino alla tenda in cui viveva. «Era una persona appassionata e amava la vita», raccontano da Msf. Hussein è il tredicesimo operatore dell’ong ucciso dal 7 ottobre.
Ancora una volta il presidente Usa Donald Trump ha chiesto ad Hamas di liberare gli ostaggi. «Non abbiamo paura di Trump quando dice che ci aprirà le porte dell'inferno. Non riceviamo istruzioni da lui su come trattare gli ostaggi nemici. Li trattiamo secondo i nostri valori e la nostra religione», ha detto il funzionario del gruppo Razi Hamed comparso su Al Jazeera dopo il raid dell’Idf su Doha che lo aveva preso di mira. «Chiunque voglia liberare gli ostaggi deve ordinare a Netanyahu di concludere un accordo di scambio di prigionieri e fermare la guerra», ha aggiunto.
Del futuro della Striscia è tornato a parlare il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich. L’esponente dell’ultradestra ha definito Gaza una «miniera d’oro immobiliare». Intervenendo a una conferenza immobiliare a Tel Aviv, ha detto di aver «già avviato i negoziati con gli americani». Per Smotrich Gaza è un territorio da distruggere e spartire con gli Stati Uniti: «Abbiamo investito molti soldi in questa guerra. Dobbiamo vedere come distribuiremo il terreno in percentuale. La demolizione, la prima fase del rinnovamento della città, l'abbiamo già fatta. Ora dobbiamo solo ricostruire».
Dichiarazioni pronunciate pubblicamente mentre secondo l’Onu nella Striscia è in corso un genocidio.
Messianici al potere
Ma oltre alle dichiarazioni di Smotrich a Tel Aviv preoccupa la futura nomina del capo dello Shin Bet che dovrà sostituire il licenziato Ronen Bar. Secondo le ultime indiscrezioni la posizione potrebbe essere ricoperta ricoperta dal generale riservista messianico David Zini. Resta da capire se riuscirà a superare la resistenza interna all’agenzia d’intelligence per gli affari interni. Già quattro ex direttori hanno espresso la loro opposizione.
La nomina di Zini, secondo loro, «potrebbe causare un danno significativo all'equilibrio tra le esigenze di sicurezza e la salvaguardia dei valori democratici di Israele». Il prescelto, infatti, ha più volte rivendicato la supremazia della figura del primo ministro nei confronti della legge e più volte ha sostenuto che «il sistema giudiziario è una dittatura che controlla l'intero paese».
In attesa dei prossimi sviluppi, il premier Benjamin Netanyahu sarà alla Casa Bianca lunedì 29 settembre. Incontrerà il presidente Donald Trump per la quarta volta in nove mesi, e con le trattative ferme al palo i due progettano il futuro della Striscia di Gaza nonostante l’intera comunità internazionale si sia opposto al piano Riviera del tycoon.
Agli appelli dei leader internazionali si somma quello della premier Meloni che ha definito «sproporzionata la reazione di Israele» e ha espresso il suo dissenso all’occupazione di Gaza City. Alla lista si è aggiunto anche Leone XIV che ha chiesto di rispettare il diritto umanitario internazionale e ribadito che «ogni persona ha una dignità inviolabile». Infine, il pontefice ha invitato alla preghiera «affinché sorga presto un'alba di pace e di giustizia».
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