È in atto da anni in Ue un percorso virtuoso di proposta di legge sulla due diligence che ritiene le aziende responsabili per i diritti umani e gli abusi ambientali nella loro filiera. All’ultimo miglio, però, grazie all’opposizione di Italia e Germania, tale disegno è stato più volte modificato e si presenta al voto, venerdì 15 marzo, profondamente annacquato. Come riporta il Financial Times, infatti, sarebbero interessate solo le aziende con più di 1.000 dipendenti e 300 milioni di euro di fatturato, rispetto ai precedenti 500 impiegati e 150 milioni di euro (numeri, questi ultimi, già frutto di un compromesso).

Per molti esponenti della società civile e del mondo politico che lavorano da anni a questo progetto di legge che nella sostanza limita lo sfruttamento e la riduzione in schiavitù di milioni di individui nel mondo, tra cui un numero impressionante di bambini, è l’ennesimo sacrificio dei diritti sull’altare del profitto.

Per approfondire, Domani ha raggiunto al telefono Grace Forrest, direttrice di Walk Free, la Ong custode del più grande database sulla schiavitù moderna al mondo.

Che cosa c’è dietro questa opposizione alla legge guidata da Italia e Germania?
È vergognoso che Italia e Germania, due potenti paesi dell'Ue che hanno sostenuto la direttiva sulla due diligence (Csddd) fin dall’inizio, si siano opposte proprio all’ultimo minuto per indebolire questa misura decisiva. Se questa è la tendenza, immagino che gli interessi di minoranze potenti prevarranno anche nel caso dell’iter sul divieto di lavoro forzato proposto dall'Ue, che attende il via libera definitivo.
Intervenire in materia di antischiavitù e di ambiente non è un onere burocratico (tra le motivazioni di Italia e Germania c’è che la legge aumenterebbe il “peso burocratico”, ndr), ma un obbligo esistente in base al diritto e alle norme internazionali. La Csddd codifica questo obbligo e le sanzioni proposte inviano un messaggio forte sulla gravità in caso di cattiva condotta.

Qual è il rischio che corrono l'Europa e soprattutto i Paesi più impoveriti?
Il Csddd è in fase di elaborazione da anni e mira a trasformare la vita di milioni di persone colpite dal lavoro forzato e minorile, oltre a proteggere l'ambiente.
Gli obblighi della direttiva si allineano agli standard di due diligence riconosciuti a livello internazionale, fornendo criteri comuni vincolanti invece di una frammentazione normativa che porterebbe solo incertezza e complessità, anche per le aziende italiane. La Csddd deve essere approvata prima della fine dell'attuale legislatura (giugno 2024) per mantenere lo slancio. Un fallimento danneggerebbe i lavoratori e l'ambiente ma anche la competitività delle imprese in tutto il mondo.

Dal testo sono stati eliminati anche i riferimenti alle attività a valle, come il riciclaggio e lo smaltimento dei beni. In questo caso, come riporta il Financial Times, sono state decisive le “preoccupazioni italiane”, quali sarebbero secondo lei?
L'Italia ha dichiarato di essere estremamente preoccupata per il potenziale onere sulle piccole e medie imprese (Pmi), che costituiscono il 99,9 per cento delle imprese in Italia e impiegano circa l'80 per cento della forza lavoro. La direttiva esclude esplicitamente le Pmi e include criteri per evitare che l'onere della due diligence ricada su di loro, proteggendo di fatto le Pmi ed esentandole di fatto dal controllare la filiera produttiva.
Un'importante associazione di categoria italiana, la Cna, che rappresenta oltre 600mila Pmi, nonché aziende come Ferrero, Mars. LegaCoop e Mondelēz, hanno espresso il loro sostegno alla Csddd e sollecitato il governo italiano ad adottarla nella sua interezza.
Abbiamo ricevuto indicazioni sul fatto che l'Italia stia usando la Csddd come merce di scambio per le sue preoccupazioni sulla direttiva sugli imballaggi in plastica e il destino delle due direttive potrebbe essere politicamente legato.

Il fenomeno delle schiavitù moderne sta aumentando nel mondo?
Walk Free pubblica il Global Slavery Index. Il fenomeno sta peggiorando: dal 2016 al 2021, il numero di persone coinvolte è aumentato di 10 milioni, raggiungendo l'incredibile cifra di 50 milioni.
Ciò significa che le catene di approvvigionamento globali, comprese le imprese che operano nell'Ue, sono invischiate in una rete di sfruttamento. È importante sostenere i sopravvissuti alla schiavitù, stabilire meccanismi efficaci di giustizia penale per prevenire, affrontare i fattori di rischio e smettere di rifornirsi di beni e servizi prodotti con il lavoro forzato.

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