Immaginiamo un candidato alla presidenza che si presenti come quello indicato da Benito Mussolini. È il caso del Cile se sostituiamo al Duce il crudele Augusto Pinochet. Proprio quel candidato è in testa ai sondaggi alle prossime elezioni presidenziali del 21 novembre in Cile.

«Se fosse vivo, voterebbe per me». Nel 2017, dopo aver presentato la propria politica come una continuazione del lavoro del dittatore cileno Pinochet, queste sono state le parole di José Antonio Kast, l’attuale candidato populista cileno di estrema destra. Le ha ripetute qualche giorno fa.

La connessione tra Kast e il fascismo e la dittatura non è solo legata a Mussolini, ma ha origini profonde nella famiglia. Figlio di un ex ufficiale dell’esercito nazista, Michael Kast, che emigrò in Cile alla fine della seconda guerra mondiale ed è fratello di un ex ministro di Pinochet, fa della xenofobia uno dei perni della sua politica.

Rinfocola i complotti e le paranoie, denunciando senza fondamento la possibilità di brogli elettorali in caso di sconfitta. Come nel caso di Donald Trump negli Stati Uniti, di Jair Bolsonaro in Brasile, o dei populisti italiani come Matteo Salvini o Giorgia Meloni, oppure i postfascisti spagnoli di Vox, queste parole sembrano provenire da un manuale del fascismo nel quale la democrazia si accomoda sul sedile posteriore, destituita dal mito del dittatore e dalla legittimità dei suoi eredi.

Come candidato populista Kast cerca di prendere le distanze dai tradizionali metodi dittatoriali. Queste elezioni decideranno la direzione che prenderà il paese, soprattutto due anni dopo una delle proteste più importanti della sua storia.

Il candidato di centrosinistra Gabriel Boric propone di incanalare una serie di richieste (principalmente quelle relative all’accesso ai servizi pubblici e alle pensioni eque), che sono in discussione anche nella Convenzione costituente, che ha l’incarico di redigere il nuovo testo che sostituirà quella del dittatore Pinochet. È la prima costituzione scritta nel periodo democratico, e con una Convenzione comune, con rappresentanza dei popoli indigeni e legittimata con il 78 per cento dei voti.

Il mondo sta assistendo a come il populismo si stia avvicinando al fascismo e, seguendo Bolsonaro, Kast si presenta come un’alternativa a una presunta crisi terminale abissale della politica. Questo tipo di populismo combina la difesa delle dittature passate, la difesa del neoliberismo e una politica repressiva di law and order, ma in realtà promuove disordine, paranoia e divisione. A differenza di leader come Hitler e Mussolini, gli aspiranti fascisti accusano i loro avversari di essere fascisti.

Nel 2020 Kast ha detto che «il fascismo è fortemente insediato in Cile e questo grazie al Medical College e ad altre ong di sinistra che cercano di dividere e discriminare i cileni infetti e non infetti, e hanno “agenti della sanità” e altre trovate antidemocratiche». In ottemperanza al suo incoerente stile di politica cospirazionista, ha anche lanciato una campagna di distruzione civilizzatrice presumibilmente basata sul pensiero di Michel Foucault.

Il tradimento

A differenza dei suoi cartelli elettorali, il suo programma presidenziale e, ovviamente, il suo discutibile operato denuncia il “tradimento” della “destra tradizionale” e si propone come l’alfiere cileno di una “nuova destra” globale. Come Trump, Bolsonaro, Salvini, Narendra Modi in India e Viktor Orbán in Ungheria, Kast cambia la storia con miti inventati sul passato e allo stesso tempo accusa i suoi nemici di “falsificare la storia”.

Promuove poi la xenofobia e l’odio per ciò che è diverso mentre accusa i suoi oppositori di promuovere il “totalitarismo”. Insomma, non c’è niente di nuovo in questo progetto bolsonarista per il Cile.

E come Trump e Bolsonaro, Kast basa le sue politiche su fantasie cospirazioniste e promesse repressive, ma lo fa con un tono ponderato e misurato, come se fosse un Bolsonaro gentile e sedato. Il risultato è una facciata di rispettabilità che cerca di moderare i contenuti estremi della sua ideologia. Kast si presenta quindi anche come risposta a una crisi di rappresentanza, nonostante sia in politica da decenni. Il suo discorso è tanto vuoto quanto efficace.

Nei suoi “principi guida”, il movimento di Kast afferma: «Crediamo nel bene e nella verità come realtà oggettive». Poi nel passo successivo suggerisce che la libertà dovrebbe essere opposta all’uguaglianza.

Kast richiama una nozione particolare di “ordine”, con una difesa chiusa delle forze di polizia (nonostante le denunce per le loro azioni repressive). Secondo Kast, «siamo a un punto di svolta. Dobbiamo fermare l’esplosione della violenza e del regno della criminalità che sta trasformando la quotidianità di migliaia di cileni in un vero incubo».

Non dovrebbe sorprendere che la sua proposta metta in dubbio l’esistenza dell’ordine e della legge, anche se dice di parlare a loro nome.

Questo appello alla “violenza” non è gratuito: fa riferimento alla mobilitazione sociale schierata dopo l’ottobre 2019 in Cile, che ha messo in discussione apertamente il sistema politico, economico e sociale del paese.

Ma è anche una scusa per fare un passo indietro rispetto alle conquiste nell’ambito dei diritti sociali. Questo si inserisce piuttosto bene nella «battaglia culturale, ideologica e programmatica» a cui si appella il suo movimento, e che si traduce, tra le altre cose, in una difesa della famiglia composta unicamente da madre, padre e figli, così come nel negare alle donne il diritto all’aborto.

Se le sue proposte saranno applicate, i loro effetti avranno ripercussioni sul continente: Kast e il suo gruppo vedono l’immigrazione come un problema che minaccia l’«indipendenza nazionale» e che «ha un effetto distruttivo» sull’«integrità repubblicana» del paese.

Un grande fossato

Dopo quello che è accaduto nel nord del Cile, a Iquique, quando una folla ha dato fuoco agli effetti personali degli immigrati in pieno giorno, la loro proposta rappresenta il modo peggiore per affrontare il problema.

Lo stesso Kast ha detto che l’ideale sarebbe costruire un grande fossato sul confine nord, per impedire l’accesso agli immigrati. Trump aveva promosso la costruzione di un muro per combattere una presunta invasione di stupratori e criminali (i bad hombres messicani) e, più recentemente, il coronavirus, Kast presenta l’idea di un pozzo che separerebbe il Cile dai suoi problemi.

«Fare un fossato di tre metri di profondità con una recinzione per far sì che nessuno ci cada dentro, è fattibile e non particolarmente costoso», ha dichiarato in un dibattito presidenziale lo scorso ottobre.

Nelle ultime settimane Kast ha incrementato le sue proposte di fossati e le menzogne sui brogli elettorali, dimostrando nei fatti una vicinanza con Trump e Bolsonaro che nelle ultime interviste tende appena a relativizzare. Kast rappresenta la normalizzazione dell’eredità di Pinochet, ma anche la sua versione populista aggiornata per i tempi attuali.

Una differenza importante tra populismo e fascismo è che, per i populisti, i risultati elettorali contano. Il fascismo invece, implica il potere permanente, indipendentemente dalle urne.

Dunque, come Trump e Bolsonaro, Kast vuole chiarire queste differenze, ma presenta la sua candidatura proprio come una difesa della democrazia cilena contro il totalitarismo e il fascismo. È tipico della propaganda di tipo fascista parlare di libertà e democrazia quando in realtà i suoi candidati, come il politico cileno, rappresentano esattamente il contrario.

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