Com’era ampiamente previsto, gli alleati danno all’Ucraina poco più di un mese di tempo prima che l’arrivo del “generale fango” li costringa a fermare la loro tanto attesa e, fino ad ora, deludente controffensiva. Lo ha ribadito ieri il capo di stato maggiore degli Stati Uniti, generale Mark Milley: «C’è ancora un ragionevole ammontare di tempo, tra i 30 e i 45 giorni: gli ucraini non hanno ancora finito».

Il suo messaggio voleva essere incoraggiante e positivo, ma dopo un mese di polemiche tra ucraini e alleati su come è stata condotta l'offensiva, anche questo ramoscello di ulivo rischia di irritare Kiev. Ora infatti, gli ucraini sostengono che la loro controffensiva potrà andare avanti per tutto l’autunno e l’inverno.

Offensiva senza scadenza

Gli ucraini hanno lanciato il loro attacco contro le linee difensive preparate dai russi all’inizio di giugno e dopo oltre tre mesi di combattimenti, i loro progressi si misurano in una manciata di chilometri. Con gran parte delle loro riserve ormai impegnate in battaglia, le possibilità di un’avanzata fino al Mar Nero sono ridotte, ma la volontà di proseguire le operazioni non è terminata.

«Fango o neve, la controffensiva proseguirà», ha detto sabato il capo dell’intelligence militare ucraina, Kirilo Budanov. «Se continueremo a ricevere munizioni, il tempo atmosferica non sarà importante e attaccheremo anche per tutto l’inverno», spiega a Domani Mykola Bielieskov, analista militare di Come back alive, la principale fondazione privata che sostiene le forze armate ucraine.

I timori di Milley e altri analisti derivano dal fatto che a ottobre, come ogni anno, è previsto l’arrivo della stagione del fango, quella che i russi chiamano rasputitsa e gli ucraini bezdorizhzhia, un periodo che dura fino ai primi geli e che trasforma il terreno e le strade non asfaltate dell’Ucraina orientale in un pantano insuperabile per i mezzi militari.

Ma vista la piega che hanno preso le operazioni militari negli ultimi mesi, il fango non sarà un problema, spiega Bielieskov: «I combattimenti si sono trasformati in una guerra d’attrito, in cui le truppe avanzano a piedi e quello che conta è l’artiglieria». Si tratta del rovescio della medaglia dei fallimenti ucraini di giugno, quando le colonne di veicoli corazzati di fabbricazione Nato sono state fermate dai campi minati e dai cannoni russi. 

Visto che Kiev non è riuscita a trasformare la controffensiva in una guerra di movimento, in cui  i carri armati sfrecciano dietro le linee avversarie, significa che le operazioni non sono più limitate dalla capacità dei veicoli di muoversi rapidamente. In altre parole, il fango della bezdorizhzhia non fermerà né i cannoni né i soldati che avanzano a piedi.

Vantaggio ucraino

Ma per proseguire nella sua guerra d’attrito, Kiev ha bisogno di munizioni. «Tutto dipende dai proiettili di artiglieria: se avremo proiettili, l’offensiva potrà continuare», dice Bielieskov. Dopo aver sofferto una netta inferiorità in fatto di cannoni e missili per tutto il 2022 e i primi mesi di quest’anno, grazie all’aiuto degli alleati, Kiev è finalmente riuscita a ottenere la supremazia in fatto di potenza di fuoco.

Esperti e analisti sostengono che da giugno gli ucraini hanno a disposizione più cannoni e più munizioni dei russi. Un fattore confermato dai dati satellitari, come quelli analizzati dal settimanale Economist, che mostrando il numero di incendi sui due lati del fronte indicano in modo approssimativo chi sta sparando di più.

Il vantaggio degli ucraini è dovuto in parte non secondaria all’arrivo di munizioni a grappolo americane, un tipo di arma proibita dai trattati sottoscritti da quasi tutti i paesi europei. L’invio di queste armi si è reso necessario anche perché le scorte di munizioni tradizionali negli arsenali Nato sono quasi esaurite e l’aumento nelle catene di produzione non ha ancora raggiunto livelli sufficienti alla domanda che arriva dal fronte ucraino.

Lo strascico delle polemiche

Circa metà del terreno che gli ucraini hanno riconquistato nel corso della controffensiva è stato liberato nelle ultime due settimane. Una ventata di ottimismo ha attraversato il paese quando dopo settimane di combattimenti le truppe di Kiev hanno liberato il villaggio di Rabotyne, superando così la prima linea di difesa russa. «La cosa che riesco meno a spiegarmi è perché i russi abbiano concentrato tutte le loro forze sulla prima linea, invece che ritirarsi gradualmente», dice Bielieskov. Ma ora, questo fatto giocherebbe a loro favore. Secondo l’analista, ora sarà molto più facile superare le altre due linee difensive costruite dai russi e ci sarebbero «ottime possibilità» di liberare Tokmak, un centro strategico a circa trenta chilometri dal fronte.

Servirà una vittoria importante per cancellare gli strascichi delle polemiche di questi mesi, che hanno amareggiato molti nella comunità militare ucraina. Gli alleati, spesso militari e funzionari americani che hanno parlato in modo anonimo con la stampa, hanno rimproverato gli ucraini per non aver tentato assalti in grande stile ed aver ripiegato subito su piccoli attacchi di fanteria dopo i primi rovesci di giugno.

Un’altra critica riguarda la decisione di impegnare numerose forze sul fronte orientale, dove da mesi gli ucraini contrattaccano intorno alla città di Bakhmut, invece di concentrarsi sul più promettente settore meridionale. «In pratica ci chiedono di rinunciare alle regioni orientali del nostro territorio nazionale. Quale leader occidentale farebbe altrettanto con il suo paese?», si chiede Bielieskov. 

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