«Oggi l’umanità è a solo un fraintendimento, un errore di valutazione di distanza dall’annientamento nucleare». Parole forti quelle del segretario generale dell’Onu Antonio Guterres, con le quali lunedì si è aperta a New York lunedì alla sede dell’Onu di New York la decima conferenza di revisione del Trattato di non proliferazione nucleare (Tnp). Con la guerra in corso in Ucraina e il rischio di escalation nucleare, quest’anno la conferenza Tnp ha attratto una giustificata attenzione internazionale. Alla conferenza di revisione partecipano regolarmente numerosi ministri e delegati di governo e ogni cinque anni il palcoscenico delle Nazioni unite viene usato dai paesi per enunciare la propria posizione sul tema della lotta alla proliferazione nucleare. Quest’anno però tra i numerosi ospiti della conferenza ce n’era uno la cui presenza ha segnato una prima volta: il premier del Giappone, Fumio Kishida. Mai prima di lunedì un premier giapponese aveva partecipato alla conferenza del Tnp.

La presenza di Kishida a New York è carica di simbologie e significati. Il Giappone, infatti, è stato l’unico paese al mondo ad aver subito la distruzione delle armi nucleari, quando il 6 e il 9 agosto 1945 gli Stati Uniti sganciarono due bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki.

La famiglia dell’attuale premier, oltretutto, è originaria proprio della città che per prima venne distrutta dalla bomba atomica. La decisione di Kishida di parlare alla conferenza Tnp va letta infatti come l’affermazione di un principio.

Il ruolo di Kishida

Japan's Prime Minister Fumio Kishida bows after addressing the 2022 Nuclear Non-Proliferation Treaty (NPT) review conference, in the United Nations General Assembly, Monday, Aug. 1, 2022. (AP Photo/Yuki Iwamura)

La carriera personale di Kishida, oltre alle origini familiari, è strettamente legata a Hiroshima e al movimento per il disarmo nucleare, comprensibilmente molto attivo in Giappone.

A partire dal 1993 Kishida è stato un rappresentante parlamentare per la città di Hiroshima, una realtà dove sono molto attivi gli hibakusha (questo il termine giapponese con cui vengono chiamati i sopravvissuti alle due bombe atomiche). Quando nel 2016 l’ex presidente statunitense Barack Obama si recò al monumento di Hiroshima per la commemorazione delle vittime, uno degli organizzatori della visita fu proprio l’allora ministro degli esteri Kishida.

La sua presenza a New York di questi giorni però non è solo commemorativa. Anzi, è profondamente intrisa di politica. La scelta di non mandare un semplice ministro ma di recarsi di persona ha alzato il profilo della partecipazione giapponese alla conferenza, segnalando la particolare attenzione dell’attuale governo per una tematica sensibile e che non è assolutamente priva di discussioni.

A pochi giorni dall’invasione dell’Ucraina, l’ex premier Shinzo Abe aveva espresso in una trasmissione tv l’opinione che il Giappone dovesse iniziare a considerare seriamente la possibilità di ospitare testate statunitensi sul proprio territorio per meglio difendersi da eventuali attacchi.

Il peso della guerra

Japanese Prime Minister Fumio Kishida gives a speech during a review conference of the Treaty on the Non-Proliferation of Nuclear Weapons at the U.N. headquarters in New York on Aug. 1, 2022. (Pool photo) (Kyodo via AP Images) ==Kyodo

La proposta era stata estremamente controversa nel paese, che a partire dal 1967 ha seguito i principi dei “tre no” agli armamenti nucleari: no alla produzione, no al possesso e no all’introduzione sul proprio territorio.

Kishida, che pur ha adottato una linea dura e intransigente nei confronti dell’aggressione russa all’Ucraina, si era opposto con forza ad aprire una riflessione del genere. Anzi, secondo alcune indiscrezioni riportate dall’Asahi Shimbun qualche mese fa, sarebbe stata proprio l’invasione dell’Ucraina a convincere Kishida a rafforzare il proprio impegno in favore del Tnp.

«Il dibattito sul disarmo nucleare si sta atrofizzando», ha detto venerdì scorso il premier in conferenza stampa: difficile dargli torto considerando le tensioni Usa-Cina e lo sviluppo del programma nucleare nordcoreano, oltre al già citato caso russo. «Voglio invertire questa tendenza», ha aggiunto.

Così, a New York Kishida ha proposto un piano d’azione per migliorare la trasparenza degli arsenali nucleari e per sensibilizzare le giovani generazioni agli orrori dei bombardamenti atomici, enfatizzando anche l’impegno verso il non uso degli armamenti e la riduzione del numero di testate.

L’impegno per il disarmo nucleare è emerso come una priorità del governo di Kishida. A giugno, durante la sua partecipazione allo Shangri-La Forum di Singapore, il premier giapponese aveva già enunciato la propria visione di un «mondo senza armi nucleari».

Se poi il messaggio non fosse stato abbastanza chiaro, il suo governo ha deciso di ospitare il vertice del G7 dell’anno prossimo proprio a Hiroshima: «È mia intenzione dimostrare da Hiroshima il nostro fermo impegno a non ripetere mai la catastrofe dei bombardamenti atomici», ha detto Kishida a New York.

L’obiettivo del disarmo

Yomiuri

Il ruolo che Kishida assegna al proprio paese è quello di intermediario per raggiungere un accordo sul disarmo tra paesi nucleari e non. Ma le critiche non mancano. Setsuko Thurlow è una hibakusha e un’attivista di fama mondiale, che nel 2017 ha ritirato il premio Nobel per la pace per conto della International Campaign to Abolish Nuclear Weapons (Ican).

Per lei, Kishida si è limitato a belle idee e parole graziose, senza però affrontare a viso aperto il problema: «Ciò che penso sia mancato nel suo discorso è un vero, onesto dibattito sul ruolo che deve avere il Giappone». Thurlow si è detta sorpresa che il premier non abbia nemmeno menzionato il Trattato per la proibizione delle armi nucleari (Tpnw), un trattato Onu promosso da Ican ed entrato in vigore nel 2021.

A differenza del Tnp, che riconosce il diritto di possedere armi nucleari ai soli cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu, il Tpnw proibisce la produzione, l’acquisizione e il possesso di questi armamenti. Tuttavia nessuna delle cinque maggiori potenze atomiche aderisce al trattato e il governo di Tokyo ha mantenuto la distanza con la scusa che la non partecipazione dei cinque ne limita l’efficacia, rendendo il trattato in definitiva poco realistico nei suoi obiettivi. «Credo che dobbiamo adottare ogni misura realistica per un mondo senza armi nucleari», ha ricordato Kishida a New York.

La posizione del Giappone però non è senza ambiguità. In una regione attraversata da continue tensioni, Tokyo beneficia enormemente dell’ombrello nucleare esteso dagli Stati Uniti a protezione dell’arcipelago e difficilmente rinuncerebbe a questa garanzia.

Oltretutto, come ricordato da Marianne Hanson dell’università del Queensland, i tentativi di Obama di formulare una politica nucleare di “no first use” sono stati ostacolati proprio dal Giappone, per paura che diminuisse la forza di deterrenza della copertura nucleare garantita da Washington. Perciò, la gravitas morale della decisione di alzare il profilo giapponese all’interno del Tnp non è altro che fumo negli occhi per molti attivisti, che ritengono che il Giappone non possa davvero avere un ruolo guida nel disarmo nucleare.

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