Nelle elezioni presidenziali argentine assistiamo allo scontro tra il populismo classico e il nuovo populismo di estrema destra che ha l’ex presidente degli Stati Uniti, Donald J. Trump, come icona più famosa. Trump, ovviamente, non è il candidato, e non lo è nemmeno il suo discepolo sudamericano, l’ex presidente del Brasile Jair Bolsonaro.

È noto che entrambi hanno fallito nelle ultime elezioni e molti si aspettano che lo stesso avvenga con il mini-Trump argentino, Javier Milei. Il punto è se gli argentini (o almeno una loro maggioranza), spesso criticati perché non guardano oltre ai propri problemi e alle proprie virtù, possano imparare qualcosa dalle lezioni globali del nuovo populismo e dalla miseria e dall’odio che questo genera. Il populismo estremo ha già fallito in tanti paesi, come gli Stati Uniti, il Brasile e più recentemente la Polonia. La vittoria di Milei rappresenterebbe una nuova speranza per questi nemici della democrazia.

Volgarità e intolleranza

Come tanti rappresentanti del nuovo populismo di estrema destra, Milei è un candidato che si caratterizza per volgarità, intolleranza e per gli attacchi alla stampa, ai valori e ai diritti della democrazia.

Milei ha un vero e proprio culto del leader che nega la scienza, si “consulta” sulle questioni politiche con i suoi cani deceduti ed è concentrato sul proprio narcisismo e la sua instabilità emotiva. In particolare, è bene comprendere che Milei non è liberale, di centrodestra o libertario come vuole presentarsi, ma è invece un candidato populista di estrema destra con vocazione fascista.

Anche se per molti versi non è una persona seria, non va sottovalutato, perché segue un’ideologia chiaramente antidemocratica. E proprio come Trump e Bolsonaro (o Viktor Orbán in Ungheria, Vox in Spagna o Giorgia Meloni in Italia) i politici come Milei sono contrari al pluralismo in democrazia.

In misura maggiore o minore, sono leader messianici, individui violenti ed erratici che offrono soluzioni magiche e violenza simbolica e/o pratica.

Milei è un demagogo che usa oggetti di scena come martelli o motoseghe per rappresentare fantasie di uno stato senza stato, uno stato senza istituzioni. Promette violenza contro le istituzioni statali e, forse chissà, contro quelle che non gli piacciono. Il simbolo della campagna di Milei è una motosega; nel 2020 aveva annunciato il suo ingresso in politica promettendo violenza contro i suoi nemici (cioè i suoi oppositori politici): «Entro nel sistema per prenderli a calci nel culo» (In lingua origionale: «Voy a meterme al sistema para sacarlos a patadas en el culo»).

La formulazione fascista si fonda sulla base di un’idea moderna di sovranità popolare nella quale però viene eliminata la rappresentanza politica e il potere è interamente delegato al dittatore che agisce in nome del popolo. I nuovi aspiranti populisti fascisti, illuminati dalla fascinazione di sé, comprendono anche il potere come delega e ritornano persino alla violenza, alle bugie e all’odio più tipici del fascismo che del populismo classico.

Nel paese in cui il populismo è salito al potere per la prima volta nel 1946 con il generale Juan Domingo Perón, Sergio Massa, candidato peronista e attuale ministro di un’economia in crisi e di un governo fallito, si presenta come l’opzione moderata. È il candidato di un cordone sanitario contro l’antidemocrazia del mini-Trump Milei. Massa deve convincere molti antiperonisti e antikirchneristi che votare per lui non significa sostenere il suo partito o la sua persona, ma votare contro l’opzione antidemocratica, pericolosa per le istituzioni del paese. Poi deve convincere peronisti e kirchneristi di stare rappresentando anche loro. La sfida di Massa è convincere gli argentini che non lo hanno votato al primo turno di essere un male minore, perché il rimedio proposto nella figura di Milei è peggiore della malattia. Non è molto, ma non è nemmeno poco.

Uniti dalla paura

Come disse il grande scrittore argentino Jorge Luis Borges in una poesia, «non siamo uniti dall’amore ma dalla paura».

Cosa faranno però quelli che al primo turno non hanno votato Massa e Milei? Voteranno per punire un classico governo populista i cui difetti sono evidenti quasi a tutti o per difendere la democrazia e le sue istituzioni?

A rigor di logica nessuno che creda nel valore della democrazia dovrebbe votare per un candidato antidemocratico alle elezioni presidenziali argentine, ma sfortunatamente queste elezioni non riguardano tanto la ragione quanto le bugie, la propaganda e la demagogia di Milei.

In Argentina spesso si discute di Milei come se seguisse una logica razionale. È un errore pensare che un populista così estremo e instabile, che fa dell’odio l’asse del suo “programma”, possa passare alla moderazione per il ballottaggio del 19 novembre. Recentemente ha detto che nel suo gabinetto avrebbe avuto un posto per la sinistra. La sua alleanza con i dirigenti sindacali del vecchio regime e il suo elogio al candidato del centrodestra, che qualche giorno fa ha definito assassino e terrorista, confermano che a questo punto Milei dirà qualsiasi cosa pur di raccogliere voti. Il suo messaggio antipolitico è sempre meno credibile.

Il sostegno maggiore di Milei è tra i giovani al di sotto dei trent’anni e diversi tra i suoi follower e gli eserciti di troll che chiamano gli elettori di centrodestra “vecchi pisciati” (viejos meados); ora però vuole i loro voti. Alcuni avevano già annunciato che avrebbero sostenuto Milei al secondo turno prima che il loro stesso partito venisse sconfitto da Milei. Tra questi c’è anche l’ex presidente Mauricio Macri, che rappresenta l’ala di centrodestra che vuole giocare a Von Papen, cioè i conservatori che nella Repubblica di Weimar sostenevano l’estremismo fascista.

Milei è il candidato macho-populista e antiscientifico che si crede un “professore” di sesso tantrico e che ha assicurato agli argentini: «Posso rimanere senza eiaculare per tre mesi» o che ha dichiarato che è necessario consentire la libera vendita degli organi, deregolamentare la vendita delle armi o che il cambiamento climatico sia un’invenzione comunista. Milei rimarrà lo stesso e non diventerà “presidenziale”. Il cambiamento che rappresenta è di rottura con il conosciuto e l’abisso dell’ignoto a livello locale, ma in realtà questo “cambiamento” in politica lo hanno già stato sperimentato Brasile e Stati Uniti. Parafrasando Max Weber: è il candidato della politica dell’irresponsabilità.

L’Argentina si rivolgerà a un uomo che si mostra incapace di governare?

Milei è un politico che mostra squilibri e ho seri dubbi che questo personaggio, che registra sbalzi emotivi e mentali, possa governare in modo responsabile.

Quelli che si spingeranno oltre la facciata delle grida e di questa personalità instabile e volgare, voteranno contro il candidato mini-Trump Milei. Purtroppo però sono in tanti a bersi il messaggio antipolitico senza vedere quello che c’è dietro: un rischio per le nostre democrazie.
 

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