Nella domenica che per i cattolici era di Pasqua e per gli ortodossi delle Palme, non c’è stato alcun segnale di tregua in Ucraina: i combattimenti sono continuati durante il giorno, già annunciata da una notte di bombardamenti. E si sono concentrati soprattutto a Mariupol, la città sul mare d’Azov che è diventata il centro della guerra. Sembra sempre sull’orlo di cadere ma intanto resiste.

Al mattino è scaduto l’ultimatum imposto dalla Russia che aveva chiesto la resa della città, e delle ultime sacche di resistenza, entro l’alba. Kiev ha vietato ogni possibile negoziazione. 

Anche perché secondo il consigliere del sindaco di Mariupol, Petro Andryushchenko, la resistenza in città sarebbe più estesa rispetto a quanto riportano le notizie in queste ore: «Nonostante gli invasori vogliano far credere che le ostilità siano ormai limitate all’acciaieria di Azovstal, questo non è vero», ha detto.

Due morti di peso

Nel corso della giornata si è diffusa la notizia di due morti simboliche. A Mariupol di Volodymyr Baranyuk, comandante dei marines. Lo ha annunciato il vice capo delle milizie separatiste filorusse del Donetsk, Eduard Basurin.

Ma è morto anche un altro generale russo, l’ottavo da quando è iniziata la guerra. Vladimir Frolov, vicecomandante dell'ottava armata del distretto meridionale, le cui truppe hanno combattuto nell’assedio di Mariupol, è stato sepolto a San Pietroburgo.

L’adesione all’Unione europea

Ma la domenica è stata caratterizzata da un altro evento simbolico. Il governo ucraino ha completato il questionario per ottenere lo status di paese candidato all’adesione all’Unione europea. Lo ha detto Igor Zhovkva, numero due dell’ufficio di presidenza. Se con l’invasione Vladimir Putin sperava anche di allontanare definitivamente Kiev da Bruxelles, questo obiettivo sembra fallito.

«Ora ci aspettiamo una raccomandazione positiva da parte della Commissione, e poi la palla passerà agli stati membri», ha spiegato Zhokva. «A giugno si terrà una riunione del Consiglio europeo, dove ci aspettiamo che l'Ucraina ottenga lo status di candidato. Non possiamo permetterci 10-20 anni di negoziati. La maggior parte degli stati membri ci sostiene».

Una pace lontana

Durante la benedizione urbi et orbi, da piazza San Pietro, papa Francesco ha fatto appello alla pace: «Abbiamo visto troppo sangue, troppa violenza, anche i nostri cuori si sono riempiti di sofferenza».

Ma le dichiarazioni delle due parti in conflitto non sembrano far pensare a una possibile soluzione vicina della guerra. Il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, in un'intervista alla Cbs ha detto che nelle ultime settimane non ci sono stati contatti ad alto livello: «Dopo Bucha è diventato particolarmente difficile parlare con i russi».

L’esito dell’assedio di Mariupol viene indicato come la “linea rossa” che potrebbe interrompere ogni negoziato. In un’intervista alla Cnn, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha detto «che l’Ucraina è pronta a combattere anche per dieci anni». E che «le possibilità di successo del negoziato stanno diminuendo ogni giorno».

Crimini di guerra

In un’altra intervista ai media americani, in questo caso alla Nbc, il cancelliere austriaco, Karl Nehammer ha detto che il presidente russo, Vladimir Putin, è pronto «a collaborare all'inchiesta internazionale» sui crimini di guerra che sarebbero stati commessi in Ucraina.

Lo avrebbe detto lo stesso Putin e Nehammer, durante il loro incontro l’11 aprile. Intanto si riavvicina la notte e in alcune città ucraine hanno riniziato a suonare le sirene. Fra sette giorni sarà la Pasqua ortodossa e non c’è nessun segnale che possa far pensare alla pace.

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