L’effetto Joe Biden sulla politica europea non si misura solo dalle ultime ventiquattro ore, anche se la scelta del presidente Usa di entrare questo giovedì di persona nel consesso dei capi di stato e di governo Ue dà la misura dell’eccezionalità della pressione che Washington intende esercitare sull’Europa. Ma se è vero che l’ambizione più forte della Casa Bianca al consiglio europeo era quella di spingere i leader all’embargo dell’energia russa, si potrebbe concludere che l’ambizione si sia incagliata ancora una volta sulle resistenze di una parte della leadership europea. Ecco perché questa giornata va letta assieme alle svolte registrate nel corso dell’ultimo mese.

Con il ruolo catalizzatore della guerra in Ucraina, l’amministrazione Usa sta in effetti riorientando almeno in parte l’Europa su alcuni temi chiave: difesa, energia, scambi commerciali e rapporto con la Cina.

Nato e spese militari

«La Nato non è mai stata così unita, Putin ottiene il contrario di ciò che voleva», dice Biden alla fine del summit straordinario Nato, tenutosi prima del Consiglio europeo. Gli Stati Uniti ottengono invece ciò che auspicavano da anni: il riarmo dell’Europa. Il predecessore di Biden, Donald Trump, si era spazientito più volte per la refrattarietà dei paesi europei della Nato ad aumentare le spese militari. Ora invece, prima con la scelta di riarmo tedesca a fine febbraio, poi con il riorientamento di tutta l’Ue in questa direzione, siglato nella «bussola strategica» che proprio questo Consiglio europeo sdogana, l’Europa si avvicina sempre più ai desiderata Usa; e mentre le spese aumentano, i soldi vanno anche a Washington, come l’acquisto di F35 Usa da parte di Berlino.

«Siamo d’accordo nel fare di più, il piano è a lungo termine, questa sarà la nuova normalità», come chiarisce il segretario Nato Jens Stoltenberg. Mentre l’impennarsi delle spese al due per cento del Pil è una svolta di lungo termine, nell’immediato del conflitto in Ucraina invece le svolte dichiarate sono limitate. I leader dell’alleanza mantengono la stessa linea, anche se la scala cambia. La strategia è ben sintetizzata dal presidente francese: il supporto all’Ucraina, che si intensifica, «trova un limite nel fatto che non vogliamo diventare cobelligeranti». La scala cambia perché il fianco est della Nato viene rafforzato, non solo paesi baltici e Polonia ma anche Ungheria, Romania, Bulgaria, Slovacchia. Il «supporto ai partner a rischio, incluse Bosnia e Georgia»: Jens Stoltenberg cita non a caso possibili focolai di conflitto.

La scala cambia anche perché il tema dello scontro chimico e nucleare entra a tutti gli effetti nella scelta di attivare la protezione contro armi di questo tipo, sia addestrando gli ucraini a gestire un’eventuale crisi che innalzando il livello di protezione dell’alleanza. Cosa succede se la Russia usa armi chimiche in Ucraina? «La natura della risposta risponderà dalla natura dell’uso», risponde Biden.

Il vincolo energetico

«Vede, siamo pronti a vedere cosa fare per aumentare le pressioni su Mosca, ma la nostra situazione non è la stessa». Così Charles Michel, presidente del Consiglio europeo, risponde alla giornalista Christiane Amanpour. Gli ha appena chiesto cosa intenda fare l’Ue visto che «sappiamo che Biden vuole spingere a ulteriori sanzioni». Il punto è l’embargo energetico verso Mosca. La risposta di Michel è che «per noi rinunciare a petrolio e gas russi non è la stessa cosa che per gli Usa, siamo molto più dipendenti». Ma questo freno alle pressioni di Biden non significa che il presidente Usa non abbia incassato risultati. Anzitutto, con l’intesa sul gas liquefatto che dovrebbe arrivare dal Nord America all’Europa, i legami politici ed economici si rinsaldano con Washington. Poi si interrompono – anche se nel tempo – quelli con Mosca. Quest’estate, quando gli Usa hanno provato a bloccare Nord Stream 2, non sono riusciti a ottenere dall’allora cancelliera Angela Merkel neppure di inserire una clausola “kill-switch” (“spegni tutto”) che consentisse di interrompere il flusso di gas in caso di mosse aggressive russe. Era luglio. A febbraio, Olaf Scholz ha bloccato il gasdotto e ora l’Ue si muove per abbandonare il gas russo «il più presto possibile».

La Cina e il fronte globale

Questo giovedì nella dichiarazione dei leader Nato è entrato, non a caso, anche il tema del ruolo di Pechino, che nelle stesse ore si è astenuta ancora una volta a una risoluzione Onu inerente l’aggressione russa. «Il messaggio alla Cina è: condanni l’aggressione russa, non supporti Mosca né economicamente né militarmente», ha incalzato Stoltenberg. Già da giorni Biden prova a stanare la Cina sulle sue ambiguità, e di converso forza l’Ue a fare pressione su Pechino: la guerra aiuta Washington ad allineare gli alleati europei con sé, nei confronti del competitor cinese.

Il 1° aprile è previsto il summit Ue-Cina, e il presidente Usa, anche se questo giovedì in conferenza stampa ha detto di non ricordare quale fosse il giorno esatto, ricorda bene questo appuntamento. Il presidente francese ha esibito prudenza, ha parlato di un dialogo in corso con Xi Jinping e di confidare che Pechino non parteciperà alla escalation del conflitto. Il rischio è anche che la guerra incrini i rapporti commerciali sino-europei, e le tensioni già c’erano: l’accordo sugli investimenti è congelato, le ritorsioni di Pechino sulla Lituania per il caso Taiwan hanno contribuito alle freddezze. Come Biden stesso sa, «il futuro economico della Cina è legato più all’occidente che alla Russia».

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