Le forze di polizia di New York sono entrate in forze martedì sera sul campus dell’università Columbia a New York, divenuta nelle ultime settimane epicentro di un movimento di protesta pro palestinese sull’onda della violenta operazione israeliana su Gaza.

Centinaia di agenti sono intervenuti per rimuovere un manipolo di contestatori dall’edificio Hamilton, occupato dalla sera prima, e per smontare le tende dell’accampamento, ormai divenuto famoso, dal prato al centro del campus. Decine gli arresti fra gli studenti che chiedevano all’università di rivedere i propri legami con Israele. L’edificio Hamilton era già stato occupato nel 1968 da manifestanti contrari alla guerra in Vietnam.

«Con grande dispiacere, chiediamo a NYPD di aiutarci a rimuovere tutti gli individui da Hamilton Hall e tutti gli accampamenti presenti sul campus» ha scritto la presidente dell’università in una lettera indirizzata ai vertici della polizia. «Chiediamo anche che manteniate una presenza sul campus almeno fino al 17 maggio 2024, per assicurare l’ordine e per controllare che non vengano stabiliti nuovi accampamenti».

L’autorizzazione della presidente

Trattandosi di un’università privata, Columbia deve dare il via libera ad azioni di questo tipo da parte della polizia. Lo aveva già fatto giovedì 18 aprile, quando gli agenti avevano rimosso un primo accampamento - relativamente modesto per dimensioni - provocando però un’ondata di solidarietà per i manifestanti, nel nome della tutela della libertà di espressione. Pochi giorni più tardi, infatti, gli studenti erano tornati ad occupare un prato nel cuore del campus con le loro tende, molto più numerose della volta prima.

Nel frattempo l’iniziativa degli studenti attivisti di Columbia diffondeva la protesta a macchia d’olio in numerosi atenei in giro per il paese. Ma attirava anche pesanti critiche. In particolare per la retorica estrema degli slogan, che inneggiavano all’intifada e alla cancellazione dello Stato di Israele. «C’è una sola soluzione, intifada e rivoluzione» recitava uno dei cori. O ancora, «Non vogliamo i due stati, vogliamo tutto».

Le accuse di antisemitismo hanno provocato un progressivo aumento della pressione politica affinché l’amministrazione tornasse ad usare il pugno di ferro contro i manifestanti. Lo stesso Speaker della Camera dei rappresentanti, Mike Johnson, ha condannato duramente i dirigenti dell’ateneo durante una visita sul campus, accusandoli di non avere fatto abbastanza per tutelare gli studenti ebrei. Soltanto l’ala progressista del partito democratico ha appoggiato gli studenti - con visite della deputata Ilhan Omar e della stessa Alexandria Ocasio-Cortez.

Nel corso degli ultimi giorni l’amministrazione e gli studenti hanno dialogato nella speranza di trovare un accordo che consentisse la rimozione consensuale dell’accampamento. Il fallimento dei negoziati e il nuovo giro di vite ora pone un interrogativo. Ci sarà di nuovo un effetto boomerang, o questa volta la repressione funzionerà?

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