Sessualità umana e questione di genere sono al centro di una lettera controcorrente degli otto prelati che compongono la piccola conferenza episcopale dei paesi scandinavi (Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia, Svezia). Com’era abituale un tempo per i documenti ecclesiastici più importanti, nelle poche chiese cattoliche sparse in questa parte d’Europa il testo è stato letto durante le messe della quinta domenica di Quaresima, l’ultima prima delle Palme, che domenica 2 aprile aprono la settimana santa. Ma per livello e tenore la risonanza della lettera ha subito superato i confini dell’«ultima Thule», l’antica regione ai confini del mondo.

«Sembra ovvio che la sfida centrale dell’annuncio cristiano oggi è antropologica. “Cos’è l’uomo?”. La domanda, posta dai Salmi, preoccupa molto il nostro tempo», e questo dibattito, focalizzato sulla sessualità, suscita «forti emozioni» ha dichiarato – andando dritto al cuore della questione – il vescovo Erik Varden al «Tablet», la storica testata cattolica inglese che ha presentato la lettera in questi termini: «La misericordia di Dio non esclude nessuno», ma certo la sua proposta costituisce «un alto ideale».

Comprensione comunitaria

Monaco trappista, Varden guida la prelatura territoriale di Trondheim a cui fanno capo poco più di sedicimila cattolici che vivono nella Norvegia centrale, intorno al due per cento della popolazione. Il giovane vescovo è nato da genitori luterani e si è convertito giovanissimo.

Proprio come un altro dei firmatari della lettera, Anders Arborelius, il settantatreenne cardinale carmelitano che da un quarto di secolo è vescovo di Stoccolma: un ecclesiastico dal profilo originale. Poliglotta e impegnato ovviamente nel dialogo ecumenico, Arborelius concilia la vita contemplativa con l’impegno nella società svedese, dov’è considerato una voce autorevole. C’è persino chi ha iniziato a guardare a lui come papabile.

Varden, già abate nei dintorni di Nottingham, da quando è vescovo ha creato un sito (Coram fratribus) pensandolo come luogo di ospitalità e di dialogo. Raffinato conoscitore della tradizione cristiana, che ha studiato e insegnato per un decennio all’università di Cambridge, ha scelto infatti per la sua presenza in rete una frase di Gregorio Magno che sottolinea la comprensione comunitaria – «davanti ai fratelli», appunto – delle Scritture. Aggiungendo come logo il profilo stilizzato di un gufo, per secoli «simbolo del monaco» che veglia nella notte.

La lettera

Proprio dalla Bibbia muove la lettera sulla sessualità umana, pubblicata in più lingue sul sito di Varden e che nelle intenzioni si presenta come «contributo costruttivo» in un dibattito segnato da «molta confusione» e da «molta angoscia». Ricordando i quaranta giorni quaresimali ormai quasi conclusi, il testo – non lungo ma denso – risale ai quaranta giorni e alle quaranta notti del diluvio universale, la cui narrazione nella Genesi è conclusa dall’alleanza di Dio con «ogni essere che vive in ogni carne».

Come segno di questa alleanza Dio pone l’arcobaleno, che «oggi è rivendicato come simbolo di un movimento allo stesso tempo politico e culturale. Riconosciamo – afferma senza esitare il documento della conferenza episcopale scandinava – quanto c’è di nobile nelle aspirazioni di questo movimento. Le condividiamo nella misura in cui parlano della dignità di tutti gli esseri umani e del loro desiderio di visibilità» perché la chiesa «condanna ogni ingiusta discriminazione, qualunque sia, anche quella che si fonda sul genere o sull’orientamento sessuale».

Accettarsi

Al tempo stesso la lettera esprime dissenso quando questo movimento «propone una visione della natura umana che astrae dall’integrità incarnata della persona, come se il sesso fosse qualcosa di accidentale». Il linguaggio del testo ha toni molto rispettosi, ma la critica all’ideologia del genere è altrettanto ben definita, soprattutto quando questa visione viene «imposta ai minori come un pesante carico di autodeterminazione al quale non sono preparati».

Secondo il documento, in questo modo emerge il paradosso di una società che si mostra molto «preoccupata per il corpo» e che invece «di fatto lo prende alla leggera». L’ideologia di genere rifiuta infatti di vedere il corpo «come segno di identità» e suppone «che l’unica individualità sia quella prodotta dall’autopercezione soggettiva». La questione, che ignora la realtà, attiene alle radici stesse della fede perché – specifica la lettera – «quando professiamo che Dio ci ha fatti a sua immagine, questa non si riferisce solo all’anima», ma «misteriosamente anche al corpo».

Ribadita la credenza cristiana nella «risurrezione del corpo», che verrà comunque trasformato, il testo riconosce che è difficile immaginare cosa il corpo sarà «nell’eternità», ma sulla base della visione biblica afferma «che l’unità di mente, anima e corpo durerà per sempre». Gli aspetti conflittuali interiori che agitano l’essere umano nel profondo saranno allora risolti, ma già in questa vita bisogna percorrere un cammino di «accettazione di noi stessi» nell’«impegno con ciò che è reale». Centrale in questo senso, pur tra contraddizioni e ferite, è «la complementarità del maschile e del femminile», anche se l’integrazione «può essere ardua» e richiede pazienza.

Realizzare l’amore

Il testo della conferenza episcopale afferma che «c’è già, per esempio, un enorme salto di qualità nel passare dalla promiscuità alla fedeltà» e sottolinea che, anche al di fuori del matrimonio sacramentale, «ogni ricerca di integrazione è degna di rispetto, merita incoraggiamento». Ma i prelati aggiungono che il loro compito è indicare la via «pacificante e vivificante» dell’insegnamento di Cristo: «Mancheremmo nei vostri confronti – sottolineano – se offrissimo di meno». Nella chiesa «c’è posto per tutti» ribadisce il documento, che descrive suggestivamente la chiesa stessa come «la misericordia di Dio che scende sugli uomini» citando un testo siriaco del IV secolo.

Questa misericordia comporta però «un alto ideale»: non è possibile «ridurre il segno dell’arcobaleno a qualcosa di meno del patto vivificante tra il Creatore e la creazione». Insomma, «qualsiasi considerazione del desiderio umano che ponga l’asticella più in basso di questo è inadeguato dal punto di vista cristiano». E l’invito della lettera è ad avvicinarsi all’«insegnamento cristiano tradizionale sulla sessualità», che può arricchire il discorso laico e il cui obiettivo è non «di ridurre l’amore, ma di realizzarlo».

L’apertura

L’interesse del documento è dunque nella visione complessiva e aperta sulla sessualità, un nodo cruciale nella storia del cristianesimo e delle religioni. Negli ultimi anni, dopo la rivoluzione sessuale che ha segnato la seconda metà del secolo scorso, il tema è tornato drammaticamente alla ribalta nella chiesa cattolica (ma non solo) soprattutto per la scandalosa tragedia – passata e attuale – degli abusi commessi dal clero su minori e donne religiose.

Inoltre, considerare l’omosessualità isolata dalla tematica generale è divenuto motivo di divisione e di aspri scontri all’interno della chiesa. Emblematiche sono le contrapposizioni negli Stati Uniti e in Germania, ma anche le critiche allo stesso papa per le ripetute affermazioni – non dirompenti ma formulate in modo tale da poter essere brandite dalle parti opposte – durante moltissime interviste e conversazioni informali. A partire da quella celeberrima («se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, ma chi sono io per giudicarla») che chiuse la memorabile prima conferenza stampa sul volo di ritorno da Rio de Janeiro.

Corpo e anima, con la dimensione sessuale in primo piano, è stato su La Croix il tema della tradizionale serie di approfondimenti quaresimali. Dalle radici ebraiche e dal Nuovo Testamento il quotidiano cattolico francese è arrivato a indagare gli anni più recenti.

Con l’interessante ma controversa «teologia del corpo» di Giovanni Paolo II – oggetto per tre anni di ben 129 discorsi di Wojtyła – e con l’«ecologia integrale» disegnata dalla Laudato si’, l’enciclica più originale e riuscita di papa Francesco, fino ai dibattiti attuali sulla questione del genere. Confermando l’intuizione della conferenza episcopale scandinava, una di quelle minoranze creative presenti nelle società secolarizzate, come già aveva prefigurato oltre mezzo secolo fa il giovane Ratzinger.

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