Il golfo di Aden e il mar Rosso sono tornati prepotentemente al centro dell’attenzione negli ultimi mesi a causa degli attacchi lanciati dagli houthi yemeniti contro le navi commerciali che si spostano tra Medio Oriente ed Europa, ma c’è un motivo in più per guardare allo spostamento degli equilibri nell’area.

Mentre in Ue si discuteva dell’avvio della missione Aspides per la protezione dei commerci nel mar Rosso, la Turchia siglava due accordi di cooperazione militare con Somalia e Gibuti, rafforzando la propria presenza nel corno d’Africa.

La Turchia in Africa

L’interesse di Ankara per il continente africano non è certo nuova: fin dal suo primo mandato nel 2002, l’allora primo ministro e oggi presidente Recep Tayyip Erdogan ha avviato una strategia di diversificazione delle relazioni con l’estero, puntando anche sull’Africa. Come spiega bene un recente approfondimento di Ispi, la Turchia ha obiettivi di lungo periodo nel continente e punta a costruire rapporti su più fronti con il maggior numero possibile di paesi africani. Alcuni importanti risultati sono stati già raggiunti agli inizi degli anni Duemila: Ankara ha ottenuto lo status di osservatore presso l’Unione africana e di partner strategico, concesso solo a Cina, India, Giappone e Corea del Sud.

La Turchia ha mosso i primi passi in Africa grazie alle sue rappresentanze diplomatiche, accresciutesi negli anni anche oltre le previsioni iniziali. Proprio nella capitale della Somalia, Mogadiscio, è presente il complesso diplomatico più grande mai realizzato dalla Turchia all’estero. Il rafforzamento delle relazioni diplomatiche ha comportato anche un aumento degli scambi economici, con benefici soprattutto per l’export turco, mentre è cresciuto il numero di aziende turche in Africa, anche grazie agli investimenti diretti esteri.

Ma il vero punto di forza della Turchia è il settore militare. Ankara ha anche messo a disposizione le sue competenze nell’ambito dell’antiterrorismo e ha siglato numerosi contratti di vendita dei suoi prodotti bellici, più economici rispetto a quelli di altri paesi occidentali e già testati con successo in altri contesti bellici.

Questo ambito si è rivelato quello di maggiore successo per la Turchia: la sua quota di mercato africano al momento è ancora inferiore all’1 percento, ma è in continua crescita, con un volume d’affari che è passato dagli 80 milioni di dollari circa del 2020 ai 461 milioni nel 2021. Il prodotto di maggior successo è il drone Bayraktar TB2, venduto a Etiopia, Nigeria, Marocco, Tunisia, Togo e Niger.

Somalia e Gibuti

A fine febbraio, Ankara ha fatto un passo in avanti significativo nel rafforzare la sua presenza in Africa e in particolare in un quadrante strategico come quello del mar Rosso. Grazie a un accordo siglato tra il governo turco e quello somalo, la Turchia fornirà addestramento e attrezzature alla marina della Somalia, al momento incapace di proteggere le sue coste dalla pirateria o anche solo di contrastare le attività di pesca illegali. Ne frattempo, Ankara avrà il compito di pattugliare le coste somale e riceverà in cambio il 30 percento delle entrate provenienti dalla Zona economica esclusiva somala, un’area in cui sono presenti abbondanti risorse non ancora sfruttate e su cui Ankara ha già iniziato a mettere le mani.

Nel 2016, infatti, Somalia e Turchia hanno firmato un memorandum d’intesa sulla cooperazione energetica e mineraria che autorizzava le compagnie turche ad effettuare operazioni di perforazione ed esplorazione nelle acque somale. Un risultato già al tempo importante e che era stato accompagnato poco dopo dall’apertura a Mogadiscio della base militare Camp Turksom, la più grande tra le basi turche all’estero in cui vengono addestrate le forze di sicurezza della Somalia.

Sempre a febbraio, Ankara ha rafforzata la cooperazione militare anche con Gibuti, un paese di piccole dimensioni ma particolarmente strategico data la sua posizione geografica. Le relazioni tra i due paesi sono forti già da tempo e riguardano diversi ambiti, tra cui quello militare: nel 2022 Gibuti è diventato l’ennesimo acquirente dei droni armati Bayraktar TB2.

Somaliland

La sigla di nuovi accordi con la Turchia arriva in risposta all’intesa raggiunta a gennaio tra Eritrea e Somaliland, regione occidentale della Somalia autoproclamatasi indipendente nel 1991. Addis Abeba avrà in concessione 20 chilometri di terra lungo la costa del golfo di Aden di Somaliland per un periodo di almeno 50 anni e potrà costruire una base militare nel paese, mentre Hargheisa riceverà una quota della compagnia di bandiera etiope Ethiopian Airlines e il riconoscimento della sua indipendenza.

Per Somaliland si tratta di un passo importante dato che quasi nessun paese lo considera uno Stato indipendente, ma a guadagnare di più da questo accordo è il governo etiope. Addis Abeba non ha uno sbocco sul mare e i beni che importa transitano principalmente per il porto di Gibuti. Avere accesso alle infrastrutture di Somaliland permetterebbe all’Etiopia di bypassare il piccolo stato africano, spostando i suoi commerci sul porto di Berbera. Uno scenario poco rassicurante per Gibuti, che ha tutto da perdere nello sviluppo di un nuovo snodo commerciale a pochi chilometri di distanza dai suoi.

Berbera ha già visto una crescita importante nel movimento container negli ultimi anni grazie agli investimenti della compagnia multinazionale emiratina Dubai Ports World, specializzata in servizi marittimi di cargo e trasporto container. La compagnia ha ottenuto la gestione del porto per 30 anni e ha creato una zona di libero commercio per attrarre nuovi investimenti esteri e accrescere la competitività della regione.

Per il governo di Hargheisa, un aumento della centralità del suo porto nel commercio mondiale è funzionale non solo alla crescita dell’economia del paese, ma anche al suo riconoscimento da parte di altri paesi. Per gli alleati della Turchia, invece, è solo un ennesimo problema da risolvere.

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