Il terzo fronte del conflitto tra Israele e Hamas si prende prepotentemente la scena il settimo giorno di tregua a Gaza. Ieri mattina a Gerusalemme, verso le 7.30 circa, tre persone sono rimaste uccise e 16 ferite in un attentato successivamente rivendicato da Hamas. Due palestinesi, i fratelli Murad e Ibrahim Nemer, rispettivamente di 38 e 30 anni, hanno aperto il fuoco contro un’affollata fermata dell’autobus in una via centrale di accesso alla città.

Telecamere di sorveglianza della zona hanno mostrato come i due assalitori, residenti a Gerusalemme est ed entrambi detenuti in precedenza per attività terroristiche, sono usciti da una macchina e hanno sparato contro la folla, che ha iniziato a scappare in tutte le direzioni. Sono stati poi freddati da due militari israeliani non in servizio e un civile. Il ministro della Sicurezza nazionale, Itamar Ben Gvir, estremista di destra e colono di Kyriat Arba, a sud della città cisgiordana di Hebron, ha rimarcato sul luogo dell’attentato quanto fosse importante la politica del governo di armare i civili per la propria autodifesa.

«Questo evento prova nuovamente che non possiamo mostrare alcuna debolezza, che dobbiamo parlare con Hamas solo attraverso il mirino dei fucili, attraverso la guerra», ha dichiarato.

L’attentato di ieri mattina testimonia come le tensioni nei Territori occupati rappresentino un rischioso ulteriore fronte bellico per Israele, mentre la maggior parte delle sue forze militari sono impegnate nella Striscia.

Si è trattato solo dell’ultimo episodio di violenza: nei due giorni precedenti, quattro palestinesi, tra cui due minori di otto e 15 anni, sono stati uccisi a Jenin, durante un’incursione dell’esercito dello stato ebraico (Idf), che ha comportato scontri armati, raid aerei e danni significativi ad abitazioni e infrastrutture della zona.

I già frequenti scontri nella zona, tra palestinesi e coloni israeliani o tra palestinesi e forze armate israeliane, si sono intensificati dal 7 ottobre, il giorno dell’attacco di Hamas nel sud di Israele.

Secondo l’ufficio di coordinamento per gli affari umanitari dell’Onu, Ocha, 238 palestinesi sono stati uccisi in Cisgiordania e a Gerusalemme est, dall’inizio della guerra. Di questi, 229 sono morti per mano dell’Idf, 8 uccisi dai coloni e uno o dalle forze armate israeliane o dai coloni. Questi morti rappresentano più della metà di tutti quelli registrati quest’anno nei Territori.

In più, sempre secondo l’Ocha, le forze israeliane hanno ferito 3.128 palestinesi, di cui almeno 508 bambini, dal 7 ottobre. Altri 78 sono stati, invece, feriti in attacchi da parte dei coloni e altri 18 o dai coloni o dall’esercito.

Nello stesso periodo, ci sono stati un totale di 295 attacchi di coloni contro palestinesi in Cisgiordania, tra cui la vandalizzazione di ulivi e proprietà private. In almeno 33 casi ci sono stati dei morti tra i palestinesi.

La posizione Usa

La situazione rovente in queste zone ha portato il segretario di stato americano, Antony Blinken, in visita per la terza volta in Israele dall’inizio del conflitto, a esortare il governo israeliano ad agire contro la violenza dei coloni in Cisgiordania e a garantire il rispetto della popolazione civile nel conflitto a Gaza.

«Il segretario ha sottolineato l’imperativo di tener presente le necessità umanitarie e di protezione dei civili nel sud di Gaza prima di intraprendere qualsiasi operazione militare in quella zona e ha esortato a procedere immediatamente contro i coloni estremisti, responsabili di violenza contro i palestinesi della Cisgiordania» secondo Matthew Miller, portavoce del segretario di stato. In un colloquio separato con il presidente dell’Autorità palestinese Mahmoud Abbas a Ramallah, Blinken ha condannato la «violenza estremista» contro i civili palestinesi in Cisgiordania e detto che avrebbe continuato ad adoperarsi per l’accertamento delle responsabilità di tali crimini. Nel frattempo, nel settimo giorno di tregua è proseguita l’attesa per la liberazione dell’ultimo gruppo di ostaggi da parte di Hamas.

Due donne, la franco-israeliana Mia Schem di 21 anni e Amit Soussana, sono state liberate nel pomeriggio. Non è chiaro perché il loro rilascio sia avvenuto separatamente: finora gli ostaggi sono stati liberati a gruppi di 10-13 persone tutte insieme ogni giorno. Le autorità israeliane hanno fatto sapere che nelle ore successive si attendeva la liberazione di altri prigionieri. In cambio, 30 detenuti palestinesi, otto donne e 22 minori, sarebbero stati liberati dalle carceri israeliane.

Quest’ultimo giorno di tregua è stato concordato all’ultimo momento, ieri mattina presto, allo scadere del precedente cessate il fuoco. Le trattative per estendere ulteriormente la pausa delle ostilità erano ancora in corso nella giornata di ieri. L’obiettivo dei negoziatori egiziani e qatarioti era di raggiungere altri due giorni di tregua per permettere altri scambi di prigionieri tra Israele ed Hamas.

Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha ribadito a Blinken che la guerra continuerà fino a quando Israele non raggiungerà tre obiettivi: «Liberare tutti i nostri ostaggi, eliminare completamente Hamas e assicurare che nessuna minaccia come questa possa più arrivare da Gaza». «Abbiamo giurato, io ho giurato, di eliminare Hamas. Niente ci fermerà».

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