Kamaran Shiwani è un traduttore di origine irachene. Fa il suo lavoro da oltre trent’anni. Per ventidue, invece, ha prestato servizio all’interno degli uffici immigrazione e per le polizie di frontiera. Fino al 2019 ha lavorato per Frontex, l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera finita al centro di inchieste giornalistiche che la accusano di commettere respingimenti illegali di migranti in mare.

Oltre a parlare l’arabo, l’inglese e il serbocroato, Shiwani conosce anche diversi dialetti della lingua curda, essenziale per chi lavora nel settore dell’immigrazione a supporto delle autorità e delle persone che attraversano la frontiera. Oggi Shiwani supporta la petizione pubblicata su change.org da parte di alcuni traduttori e mediatori culturali che lavorano per agenzie interinali a cui Frontex ha affidato in appalto i servizi di traduzione.

Tra queste agenzie c’è la Seprotec, una società che opera in Spagna da oltre 25 anni, finita nella petizione che accusa l’azienda di sfruttamento lavorativo e di fornire bassi salari. «Poiché i contratti vengono stipulati per 1-2 mesi, i costi mensili nel paese di destinazione sono più alti del solito – si legge nella petizione pubblicata online – ciò significa che questo stipendio non sarà sufficiente a coprire costi come l’alloggio e il trasporto, per non parlare di altre spese come tasse, assicurazioni, costi mensili nel nostro paese di residenza».

A questo si somma che «le condizioni di lavoro per Frontex sono impegnative, è richiesta la disponibilità 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Nella vita quotidiana, ciò significa che i mediatori culturali non possono allontanarsi più di 30 minuti dalla base di lavoro e devono essere pronti giorno e notte». Il calcolo che fanno i promotori della petizione è di un salario di circa 2,50 euro l’ora se si considera la disponibilità 24 ore su 24 e 7 giorni su 7.

«Prima del 2016 Frontex firmava accordi direttamente con i mediatori culturali e i traduttori, ma poi hanno delegato i contratti ad altre aziende che non riescono a garantire ottimi interpreti per tutti i punti di approdo», dice Shiwani. «Per figure multilingue come me Frontex non ha bisogno di più persone. Ma ora con la bassa paga non siamo più disposti ad accettare queste tariffe», continua Shiwani.

La risposta di Frontex e Seprotec

«Abbiamo letto la petizione degli interpreti e dei mediatori culturali con grande preoccupazione. Vorremmo sottolineare che Frontex non accetta condizioni di lavoro non etiche o illegali», dicono a Domani dall’ufficio stampa dell’Agenzia europea. «Ogni anno, circa 80 interpreti e mediatori culturali lavorano sul campo con i fornitori di servizi appaltati da Frontex. Il loro lavoro è fondamentale per il funzionamento delle nostre operazioni e la loro professionalità è molto apprezzata in quanto sono presenti durante i colloqui con i migranti che arrivano in Europa e facilitano notevolmente le procedure di registrazione e identificazione».

Per Frontex tutte le procedure di appalto sono state rispettate e loro non possono interferire nel rapporto contrattuale o lavorativo tra l’appaltatore e gli interpreti. Tuttavia, «abbiamo mantenuto il diritto di risolvere il contratto in caso di irregolarità, frode o violazione degli obblighi contrattuali», dice l’ufficio stampa. «Analogamente ad altri contratti, Frontex monitorerà l’attuazione del contratto e prenderà in considerazione misure nel caso in cui le condizioni non siano rispettate».

La Seprotec, invece, ci tiene a precisare che Moctar Mohammed, l’autore della petizione pubblicata su change.org, non è un loro dipendente. «Il signor Moctar non è un dipendente di Seprotec o un collaboratore abituale. Ha lavorato come libero professionista per l’azienda su un altro progetto per circa tre mesi nel 2019. I mediatori culturali ricevono una retribuzione mensile, mai oraria. I progetti vengono concordati e firmati su una base di 5/6 mesi». Inoltre, secondo loro, il conteggio di 2,50 euro all’ora è «irrealistico» perché «essere di turno non è la stessa cosa che essere in servizio».

A questo si somma che «negli ultimi due anni il numero medio di ore di lavoro dei mediatori culturali nell'ambito di questo contratto è di circa 32 ore settimanali e meno del 5 per cento circa dei servizi sono forniti al di fuori del normale orario di lavoro».

Ma di diverso parare sono i firmatari della petizione. Nella pagina web diversi commenti accusano l’azienda di sfruttamento lavorativo. «Sono stato interprete di Seprotec in alcuni paesi dell'Ue e posso affermare che questa notizia spiega la realtà della situazione. Questa azienda sfrutta sempre i suoi interpreti, sempre. Frontex deve controllare questa azienda e costringerla a offrire buone condizioni di lavoro. Seprotec non ha scrupoli», scrive un utente.

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