Un'altra domenica di sangue è trascorsa in Ucraina. Sei civili sono morti nell'ultimo raid delle forze russe contro le regioni di Dnipropetrovsk e Odessa: tra le vittime, due bambini che, ha riferito il commissario ucraino per i diritti umani Dmytro Lubinets, avevano 11 e 14 anni. Un morto e due feriti gravi anche nella regione russa di Belgorod, per un velivolo ucraino che ha raggiunto il villaggio di Kurgashki.

A riferire dell'acuirsi degli attacchi russi, sempre maggiori per numero, capacità e portata, contro la regione di Chernihiv, è stato il servizio di Frontiera ucraino che monitora la regione settentrionale che confina con Russia e Bielorussia.

Gli abitanti devono affrontare continui black out per i colpi sferrati con droni e missili da Mosca contro la rete energetica della zona. Si fiaccano le infrastrutture energetiche anche per infragilire il morale della popolazione stremata da quasi quattro anni di guerra, col destino sospeso dai bombardamenti e dalle esplosioni.

La strategia del freddo e del buio

Al buio sono finiti anche quasi sessantamila abitanti della regione di Zaporizhzhia, in seguito ad un nuovo attacco che è finito all'alba del mattino. Decine di migliaia di ucraini sono rimasti senza elettricità, dunque senza riscaldamento alle porte dell'inverno, o affrontano interruzioni della corrente, ha avvertito l'operatore nazionale ucraino Ukrenergo, che ha iniziato ad imporre in alcune zone interruzioni d'emergenza, mentre i tecnici sono al lavoro per riparare i danni.

Anche la regione di Donetsk è senza elettricità. «È chiaro che Mosca vuole danneggiare prima di tutta la nostra popolazione. Ecco perché stiamo lavorando attivamente per garantire un supporto affidabile al nostro settore energetico quest'inverno», ha detto il presidente Zelensky, riferendo che nella settimana appena trascorsa le truppe russe hanno usato «quasi 1.500 droni d'attacco, 1.170 bombe aeree guidate e oltre 70 missili di vario tipo per colpire i civili».
«Analisti e funzionari affermano che quest'anno Mosca ha cambiato tattica», scrive il Washington Post: «Si prendendo di mira regioni specifiche e infrastrutture del gas», e i colpi diventano sempre più devastanti, perché gli armamenti sono sempre più potenti e raffinati. Centinaia di droni dotati di telecamere per sferrare colpi di precisione stanno riuscendo a sopraffare le difese aree ucraine «soprattutto nelle regioni in cui la protezione è più debole».

Per contrastare gli attacchi adesso però ci sono nuove batterie di Patriot: sono arrivati infine dalla Germania e, per questo, Kiev spedisce i suoi ringraziamenti verso Berlino, sono da recapitare al cancelliere tedesco Merz. Ma i missili balistici Iskander-M, che i russi hanno dotato di radar e dispositivi di disturbo, sono ora capaci di mandare ko anche questi potenti sistemi di difesa, non più in grado di intercettare le traiettorie imprevedibili dei razzi.

La guerra per distruggere le infrastrutture energetiche è continua, ma anche reciproca: gli ucraini hanno attaccato il terminal petrolifero di Tuapse, nella regione di Krasnodar, uno dei più grandi sul Mar Nero, dove la Difesa russa ha riferito di aver distrutto 15 droni in poche ore.

La battaglia di Pokrovsk

Intanto, la battaglia per la presa di Pokrovsk continua e questa volta probabilmente sarà definitiva: l'affondo russo per l'assedio della città-roccaforte sembra questione di giorni e non è prevedibile l'esito della controffensiva lanciata da Kiev per evitarlo. La Difesa russa continua a ribadire che le truppe ucraine sono circondate e che anche a Kupyansk è stato respinto il tentativo di sfondamento dei soldati di Kiev che tentavano di raggiungere la sponda del fume Oskol per rompere l'accerchiamento.

Agli occhi degli analisti, sembra deflagrato, almeno temporaneamente, anche il percorso diplomatico. Il mondo forse attende ancora un vertice Trump-Putin per mettere fine alla guerra scoppiata nel febbraio del 2022 – nonostante quello di Budapest, inizialmente concordato tra i due leader durante il colloquio telefonico del 16 ottobre scorso, sia stato prima sospeso e poi del tutto cancellato.

Gli unici che non attendono più un summit risolutivo, sembra, sono proprio gli alti vertici che siedono alla Casa Bianca e, adesso, anche del Cremlino. Da Mosca riferiscono che l'incontro tra il presidente russo e l'omologo americano non è urgente. «In teoria è possibile, ma al momento non ce n'è bisogno», ha detto lapidario all'agenzia statale Tass il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, che ha sottolineato, invece, che risulta adesso più necessario «un lavoro molto scrupoloso sulle questioni dell'accordo ucraino». 

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