«Con dolore informo che il Papa Emerito, Benedetto XVI, è deceduto oggi alle ore 9:34, nel Monastero Mater Ecclesiae in Vaticano», questo l’annuncio di Matteo Bruni, responsabile della sala stampa vaticana. Joseph Ratzinger era nato il 16 aprile del 1927, aveva 95 anni e le sue condizioni di salute si erano aggravate intorno a Natale.

Era stato lo stesso papa Francesco a far capire ai fedeli che la fine era ormai vicina durante l’udienza generale di mercoledì 28 gennaio: «Pregate per lui», aveva detto Bergoglio rivolto ai fedeli che lo ascoltavano nell’aula Paolo VI in Vaticano.

Con la morte di Ratzinger scompare uno dei protagonisti della storia della chiesa e della cultura contemporanea degli ultimi sessant’anni.

La sua traiettoria umana e spirituale passa fra due estremi: è stato certamente un teologo e un papa che ha compiuto il massimo sforzo intellettuale per cercare di far sopravvivere un’idea di fede e di chiesa legate alla tradizione, ancorata a un passato in cui il cristianesimo era un fattore fondante delle società occidentali.

Allo stesso tempo, con un atto dirompente come le rinuncia al ministero petrino compiuta nel febbraio del 2013, ha aperto la porta a mutamenti e trasformazioni ancora in corso che hanno investito la chiesa cattolica segnando un prima e un dopo le sue dimissioni.

L’ammissione pubblica che le forze fisiche non lo sostenevano più, mentre i problemi fuori e dentro il Vaticano si accavallavano (fra l’altro il 2012 è l’anno del primo clamoroso scandalo di vatilaeaks, cioè della fuga di documenti riservati dagli appartamenti del pontefice favoriti dal suo assistente personale, Paolo Gabriele), è stato certamente il fatto che più di molte parole ha smitizzato e riformato la figura del capo della chiesa universale, riportandola a una dimensione umana, restituendole una funzione pastorale in cui anche la debolezza, il dubbio, hanno un posto.

Cristianesimo e nostalgia

Nominato arcivescovo di Monaco e poi cardinale da Paolo VI, è stato chiamato a guidare la Congregazione per la dottrina della fede da Giovanni Paolo II nel 1981, incarico che ha ricoperto fino al 2005, l’anno in cui è stato eletto papa.

Ratzinger appartiene all’ultima generazione di personalità della chiesa che hanno vissuto in prima persona la Seconda guerra mondiale e il Concilio Vaticano II. 

Si è confrontato con le ideologie del Novecento, e in questa battaglia ha schierato la chiesa cercando di stabilire una sorta di primato della coscienza, che però poteva essere formata rettamente solo da una dottrina cattolica troppo spesso vista come uno scrigno di verità intangibili.

Dopo la caduta del muro di Berlino ha combattuto contro il relativismo culturale del tempo nuovo, altra deriva ideologica che tradiva ogni riferimento etico cristiano. 

L’autodeterminazione dell’individuo, i movimenti femministi, la rivolta del 1968, l’affermarsi dei diritti civili come quelli delle persone omosessuali, il marxismo che attraeva tanti credenti e uomini di chiesa, la teologia della liberazione in America Latina che rompeva la storica alleanza fra clero e classi dominanti, l’apertura a un dialogo interreligioso in grado di riconoscere i punti in comune fra le varie tradizioni spirituali: sono stati altrettanti avversari che Ratzinger, in particolare da prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, ha fieramente avversato e combattuto con gli strumenti della teologia e anche dei provvedimenti disciplinari emessi nei confronti di quanti, teologi e uomini di chiesa, cercavano strade nuove per la fede cattolica in questo tempo.

Le mode del pensiero

Da papa ha scelto un nome, Benedetto, che rievocava il ruolo centrale svolto dai monasteri dell’Ordine benedettino, dalla chiesa, per salvaguardare la cultura occidentale in un’epoca di cambiamenti e di tenebre.

Il pontificato, partito con una certa dose di trionfalismo, è stato poi segnato dal tentativo, insieme disperato e coraggioso, di cambiare la chiesa senza metterne in discussione strutture e rifiuto della modernità.

Il 18 aprile del 2005, celebrando la messa pro eligendo romano pontifice, Ratzinger delineava quasi un programma di governo ai cardinali che da lì a poco si sarebbero riunti in conclave: «Quanti venti di dottrina abbiamo conosciuto in questi ultimi decenni, quante correnti ideologiche, quante mode del pensiero. La piccola barca del pensiero di molti cristiani è stata non di rado agitata da queste onde – gettata da un estremo all’altro: dal marxismo al liberalismo, fino al libertinismo; dal collettivismo allìindividualismo radicale; dall’ateismo ad un vago misticismo religioso; dall'agnosticismo al sincretismo e così via. Ogni giorno nascono nuove sette e si realizza quanto dice san Paolo sull'inganno degli uomini, sull'astuzia che tende a trarre nell'errore. Avere una fede chiara, secondo il Credo della chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo.

Mentre il relativismo, cioè il lasciarsi portare “qua e là da qualsiasi vento di dottrina”, appare come l’unico atteggiamento all’altezza dei tempi odierni. Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie».

È chiaro che con una modernità così concepita, in cui l’unica istituzione in grado di produrre una visione morale di qualche tipo è la chiesa, non c’è spazio per nessun tipo di dialogo.

Lefebvriani

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Benedetto XVI ha cercato di ingabbiare la forza profetica del Concilio dando vita a una teoria – l’ermeneutica della continuità – che cercava di mettere in luce soprattutto gli elementi di continuità con il passato presenti nell’assise indetta da Giovanni XXIII, e ridimensionando le teologie che ne valorizzavano al contrario la spinta al cambiamento.

Da lì al recupero della messa in latino preconciliare il passo è stato breve, con annessa la revoca nel 2009 della scomunica a quattro vescovi lefebvriani appartenenti alla Fraternità san Pio X.

Le pulsioni antisemite del gruppo in questione, manifestate pubblicamente, sollevarono un’ondata di indignazione pubblica contro il papa tedesco; tuttavia le accuse rivolte a Ratzinger su questo fronte, come in altra occasione su quello delle offese ai musulmani, erano infondate rispetto alle intenzioni del teologo che certo era uomo di pace, risultavano invece non prive di concretezza se si guardava al ruolo di grande attore sociale e politico svolto sul piano internazionale dalla chiesa di Roma.

E forse proprio qui sta una delle chiavi per leggere il pontificato: Benedetto XVI non sempre tenne nel dovuto conto l’impatto politico che i suoi interventi avrebbero avuto anche al di là delle ragioni da cui scaturivano.

Sporcizia nella chiesa

LMOSCIA

Benedetto XVI, che ebbe come segretario di Stato, prima Angelo Sodano, poi il cardinale Tarcisio Bertone, già suo braccio destro alla Congregazione per la dottrina della fede della fede, affrontò anche lo scandalo pedofilia.

Si può dire anzi che sotto il suo pontificato la questione entrò nel vivo, anche perché proprio in virtù del ruolo ce aveva ricoperto possedeva una coscienza chiara delle dimensioni reali del fenomeno. Del problema parlò nelle meditazioni per la Vai Crucis del 2005 affidategli da Wojtyla, poco prima di morire.

«Quanta sporcizia c’è nella chiesa – scrisse nell’occasione il cardinale Ratzinger – e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a Lui! Quanta superbia, quanta autosufficienza!». «La veste e il volto così sporchi della tua chiesa – proseguiva il testo – ci sgomentano. Ma siamo noi stessi a sporcarli! Siamo noi stessi a tradirti ogni volta, dopo tutte le nostre grandi parole, i nostri grandi gesti. Abbi pietà della tua chiesa».

I problemi lasciati aperti da Benedetto XVI hanno indotto i cardinali nel 2013, ad andare a cercare un papa “alla fine del mondo”; il suo successore ha raccolto alcune delle sfide lanciate da Ratzinger, su altri temi ha decisamente invertito la rotta.

Di certo, il papa emerito è stato considerato negli ultimi anni di vita trascorsi nel monastero Mater Ecclesiae, dove si era ritirato a vivere in Vaticano, un riferimento per gli ambienti più conservatori e tradizionalisti della chiesa cattolica ostili a Francesco.

Questa leadership, più inventata strumentalmente che cercata dall’interessato, non ha aiutato a conoscere in modo più approfondito e meno condizionato dalla cronaca il pensiero di Jospeh Ratzinger. Di certo verrà il tempo per comprenderne meglio la complessa visione di fede e di chiesa che ha promosso attraverso la sua opera.

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