Mosca sfoggia di nuovo i suoi muscoli atomici. Vladimir Putin sfida Donald Trump, l’Ucraina, il resto del mondo con una mossa sola: un altro test. È stato condotto «con successo» quello del missile-drone sottomarino a propulsione nucleare, il Poseidon. Il presidente, intervistato dalle tv russe durante una visita in un ospedale militare moscovita per feriti di guerra di ritorno dal fronte ucraino, ha detto che si tratta di un armamento che non è possibile intercettare, non ha pari al mondo («È improbabile che qualcosa di simile appaia nel prossimo futuro») e che può potenzialmente raggiungere ogni continente.

Inoltre, ha aggiunto, la potenza del Poseidon «supera di gran lunga quella del nostro missile intercontinentale più promettente, il Sarmat». Il nuovo test atomico, il vanto mediatico dell'ultimo siluro-drone dell'arsenale della Federazione, sembrano una risposta ostinata alle parole di Trump: «Dovrebbe far cessare la guerra. Una guerra che avrebbe dovuto durare una settimana sta per entrare nel suo quarto anno. È quello che dovrebbe fare invece di testare missili». L’omologo americano le aveva pronunciate domenica scorsa, quando il presidente russo ha supervisionato le capacità militari di un altro missile, quello da crociera Burevestnik. Il messaggio è ripetuto e arriva chiaro: la Russia non cede alle pressioni occidentali, nemmeno dopo le sanzioni shock emesse dagli Stati Uniti contro i suoi due colossi energetici Rosneft e Lukoil.

Ultimatum

Ieri il capo del Cremlino ha anche inviato ai soldati ucraini che si trovano nelle aree di Pokrovsk e Kupyansk un ultimatum: arrendetevi, siete accerchiati dall'esercito russo. Le autorità ucraine, ha continuato, devono prendere «decisioni appropriate sul destino dei loro cittadini e militari, come hanno fatto già per l’Azvostal» (l’acciaieria di Mariupol dove per mesi gli ucraini rimasero circondati sotto fuoco, rifiutando di arrendersi subito, nel primo anno di guerra). Mosca propone il cessate il fuoco di alcune ore «affinché un gruppo di giornalisti possa entrare negli insediamenti, vedere cosa succede lì» per poi andarsene. Da Kiev arriva la smentita alle dichiarazioni: sono in corso «pesanti combattimenti», ma è «fantasia» pura che Kupyansk sia circondata. Invece, i media ucraini non nascondono che sul campo la situazione sia critica a Pokrovsk, uno degli obiettivi militari prioritari dei russi: lo snodo stradale e ferroviario è uno degli anelli nella catena di città-fortezza che non consentono alle truppe russe di conquistare tutta la regione di Donetsk.

I militari ucraini hanno confermato la presenza delle truppe russe nella zona sud della città: in corso ci sono scontri con piccoli gruppi di incursori che, muovendosi in unità minime, tendono imboscate con razzi e mitragliatrici. Si concentrano nel distretto industriale, nelle cui vicinanze vivono ancora civili non evacuati, e nei cui pressi i soldati di Mosca sono riusciti a penetrare giungendo attraverso vie poco presidiate La strada principale da Pavlohrad e Pokrovsk è bloccata: la situazione «continua a peggiorare al punto che potrebbe essere troppo tardi per risolvere tutto» informa DeepState, sito di monitoraggio militare ucraino indipendente.

Fronte fluido

Anche ad agosto di un anno fa però la conquista di Pokrovsk sembrava vicinissima nei binocoli di Mosca: si stimava una resistenza di settimane, ma è durata invece fin qui quattordici mesi. Il fronte rimane fluido, ma che sia pericolosa, più che pericolosa la situazione, lo ha riconosciuto Hrihory Shapoval, portavoce del comando operativo ucraino: ieri ha dichiarato che sono a rischio le comunicazioni perché i russi sono riusciti ad infiltrarsi anche a Myrnohrad.

Nelle prime ore del mattino di ieri le forze russe hanno colpito anche un ospedale pediatrico a Kherson e molti bambini sono rimasti feriti, insieme a genitori e dottori. «Non potevo non sapere dove stavano sparando. È stato un attacco russo deliberato proprio contro i bambini» ha detto Zelensky, che ha definito ancora una volta la Russia come «la più grande organizzazione terroristica al mondo», ostacolo unico alla pace. Intanto, mentre infuria la guerra sul campo, l’apertura del Cremlino a Trump non cessa: il presidente americano sta cercando «sinceramente» una soluzione alla crisi, ha detto il ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov.

Il capo della diplomazia del Cremlino invita gli statunitensi all'impegno dei principi del vertice di Anchorage, ma, dopo il naufragio di quello che tutti pensavano si svolgesse nel prossimo futuro a Budapest, arriva un dietrofront sul potenziale prossimo incontro Putin-Trump per bocca del vice di Lavrov, Sergey Ryabkov. Prima si stabilisca il contenuto del summit e solo dopo data e luogo: servono «accordi e decisioni concrete» per procedere a fermare il conflitto

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