«Domani andrò in Armenia. Siamo molto contenti e fieri di poter fare questo viaggio». Lo ha detto la speaker della Casa Bianca, Nancy Pelosi, che si trovava a Berlino per il G7 dei presidenti delle camere. Il viaggio dalla rappresentante Usa arriva a pochi giorni dal rinnovo del conflitto tra Armenia e Azerbaigian, per il controllo sulla regione del Nagorno-Karabakh, a maggioranza armena ma in territorio azero.

Le tensioni geopolitiche

Tra i propositi di Pelosi, che ha fatto sapere di aver accolto un invito «espresso già da tempo», c’è quello di «poter riconoscere che quello che c'è stato più di cento anni fa in Armenia è stato un genocidio». Nel 2010 il Congresso degli Stati uniti aveva approvato una risoluzione nella quale si chiedeva all’allora presidente Barack Obama di riconoscere la tragedia armena, l’ufficialità è arrivata a distanza di nove anni, scatenando l’indignazione della Turchia, che ancora non riconosce il genoicidio.

Proprio dal presidente turco Erdogan nei giorni scorsi è arrivato il pieno sostegno all’Azerbaigian, accusato dagli armeni, dopo gli attacchi che hanno colpito civili e militari sul confine, di preparare operazioni militari. L’Armenia ha richiesto il supporto della Russia, sua alleata, per la risoluzione del conflitto, mettendo a rischio il patto tra Putin ed Erdogan, proprio quando l’esercito del Cremlino sta perdendo territori in Ucraina

La visita di Pelosi rischia di esasperare le tensioni geopolitiche già presenti.

Il viaggio di Pelosi in Taiwan

Ad agosto scorso il viaggio di Nancy Pelosi a Taiwan aveva fatto temere che deflagrasse il conflitto regionale tra Taiwan e la Cina. Il governo di Pechino considera suo il territorio dell’isola e, proprio durante la permanenza a Nanchino di Pelosi che aveva espresso il proprio sostegno alla causa taiwanese, l’esercito cinese aveva avviato un’esercitazione militare nel mar Meridionale cinese, usando anche razzi che, tuttavia, non hanno provocato danni.

In quei giorni il presidente russo, Vladimir Putin, aveva espresso la propria vicinanza all’omonimo cinese, Xi Jinping, definendo la visita della speaker americana «provocatoria». Il segretario di Stato, Antony Blinken, aveva poi tentato di smorzare le polemiche affermando che quel viaggio fosse frutto di un’iniziativa privata di Nancy Pelosi.

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