L’Africa Report la chiama la «seconda Guerra fredda africana». Altri la nominano in modo diverso. Alcuni la fanno risalire alla crisi finanziaria del 2008, quando i mercati furono attanagliati dal panico per la caduta dei mutui subprime e alcune grandi banche oltre oceano fallirono. Dopo l’anno del grande giubileo in cui i debiti erano stati rimessi e l’indebitamento stesso era diventato una pratica diffusa, quasi come squilibrio permanente e fuga in avanti verso un orizzonte senza limiti, gli investitori avevano ripreso a ritirarsi.

In Africa era tornata la penuria di capitali, anche se gli stati africani disponevano ancora di riserve sufficienti per garantire la parte sovrana del proprio debito. Seguire i consigli del Fmi, cioè gestire scrupolosamente i deficit di bilancio e le partite correnti, non bastava più al mercato globale.

Alla fine il Fmi da nemico è divenuto un alleato dell’Africa nella negoziazione con i fondi di investimento privati o alcuni stati prestatori come la Cina. Paradossalmente, con la stretta del 2008, l’effetto prevalente è stato il calo degli scambi con le economie occidentali e, de facto, il corrispondente aumento dell’import-export con l’Asia.

L’elezione di Trump

Ma c’è anche chi fa risalire la «seconda Guerra fredda africana» al 2016, cioè all’elezione di Donald Trump come presidente degli Stati Uniti, quando la minaccia di guerra commerciale Usa-Cina è divenuta molto più concreta.

Malgrado le sue affermazioni («shit hole countries»), Trump era interessato al continente almeno in funzione anticinese o antiasiatica, ma anche antieuropea se si trattava di difendere la manifattura americana.

Il Covid-19 è stato un punto di rottura ulteriore: il G20 aveva promesso ai leader africani che avrebbe garantito loro una congrua quota di vaccini a un prezzo ragionevole. Abbiamo assistito invece a una guerra commerciale e scientifica Usa-Cina e alla fine intraoccidentale (cioè tra Pfizer-Biontech, AstraZeneca e Johnson & Johnson).

Mentre le vittime aumentavano in occidente e la Cina rispondeva alla pandemia in modo autoritario, in Africa non avveniva la catastrofe umanitaria che in tanti avevano previsto. Così il G20 ha infranto le sue promesse, cedendo solo piccole quantità di vaccini all’Africa (in genere prossimi alla data di scadenza), per lo più a prezzi esorbitanti.

Il guaio è stato che le restrizioni del commercio globale hanno comunque pesantemente condizionato lo sviluppo del continente. L’aumento dei tassi di interesse ha poi aspirato capitali dalle economie in via di sviluppo, in particolare dall’Africa, verso l’occidente, distruggendo quanto era stato fatto in precedenza per creare un minimo di equilibrio finanziario mondiale.

La guerra ucraina

Infine c’è stata l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia nel febbraio del 2022. Durante il primo voto in Assemblea generale delle Nazioni unite sulla crisi, 27 africani (sui 54 stati membri dell’Onu) hanno votato a favore di una risoluzione che condannava la Russia, mentre 16 si sono astenuti e altri otto non si sono presentati al momento del voto. Solo l’Eritrea aveva appoggiato la Russia.

È stato il livello massimo del sostegno africano all’occidente: da quel momento, tra colpi di stato nel Sahel e instabilità varie, l’influenza di Mosca è andata crescendo a scapito della Francia (che è dovuta uscire da tutto il Sahel) e degli Stati Uniti, recentemente cacciati anche loro dal Niger. I nigerini hanno addirittura offerto un hangar ai russi dentro la base degli americani, massima umiliazione.

Così la seconda Guerra fredda in Africa è diventata ufficiale anche se i protagonisti non sono forti come allora. Ma non si tratta di una buona notizia per il continente: basta rammentare che il precedente scontro bipolare provocò o influenzò numerose guerre civili (Angola, Mozambico, Etiopia, Somalia, Congo, guerre del Mano River ecc.) di cui ancora oggi l’Africa paga pesanti effetti negativi.

© Riproduzione riservata