Dopo sei mesi di trattative e veti incrociati, l’Olanda avrà un nuovo governo. Decisiva la scelta dei liberali dell’ormai ex premier Mark Rutte di entrare in maggioranza, nonostante le iniziali diffidenze nei confronti del Pvv di Geert Wilders, il sovranista alleato di Matteo Salvini in Europa vincitore delle elezioni dello scorso novembre.

Ma i leader dei partiti che formeranno la coalizione – questo l’accordo – resteranno fuori dal governo. E Wilders – questo il compromesso – non sarà premier.

Wilders non sarà premier

Alla fine ci sono voluti 175 giorni per trovare un accordo sul nuovo governo. Un tempo «all’italiana», anche se i Paesi Bassi negli ultimi anni si sono ormai abituati a periodi di gestazione particolarmente lunghi. Nel 2021 Rutte ci aveva messo 271 giorni, ed è stato proprio il premier dimissionario l’ago della bilancia in queste complicate trattative: «Abbiamo un accordo», ha annunciato ieri, dopo che il suo via libera ha di fatto spianato la strada al futuro esecutivo.

Il leader del Partito della libertà (Pvv) Wilders, che alle elezioni ha ottenuto il 23 per cento dei voti e 37 seggi e che molti – soprattutto a Bruxelles – considerano «impresentabile», è riuscito a superare i tanti veti incrociati. Con un compromesso innanzitutto sul nome del primo ministro.

Anche se Wilders per un po’ ci aveva sperato, non sarà lui a guidare il governo perché ritenuto troppo divisivo. Il nome del premier non è stato ancora discusso, così come vanno ancora limate le distanze sui programmi politici, ma secondo i giornali locali tra i favoriti c’è Ronald Plasterk, 67enne ex ministro dell’Interno ma di area laburista che il leader del Pvv aveva scelto come suo negoziatore nelle trattative per il governo.

Un governo di coalizione

Se la scelta del premier è stata rimandata, quel che è certo è che il nuovo governo, oltre che quello più di destra nella storia dei Paesi Bassi, sarà composto da più partiti. Anche perché il Pvv, nonostante il suo exploit, non aveva i numeri per governare da solo.

A formare il governo saranno, oltre al Partij voor de Vrijheid di Wilders, i liberali di centrodestra del Volkspartij voor vrijheid en democratie (Vvd, l’ex partito di Rutte ora guidato da Dilan Yesilgoz), i centristi Nieuw sociaal contract di Pieter Omtzigt e il BoerBurgerBeweging (Bbb), la formazione «degli agricoltori» di Caroline van der Plas nata dalle proteste degli ultimi mesi. L’opposizione sarà guidata dall’alleanza laburista-verde di Frans Timmermans, ex vicepresidente della Commissione Ue (e grande tifoso della Roma).

Dopo aver raggiunto un accordo di massima, ora sarà il turno di definire squadra di governo e programma. Uno dei compromessi è che nessuno dei leader entrerà nell’esecutivo: resteranno in parlamento. Ma sarà Wilders, grazie ai suoi numeri, a dare le carte. E sarà la prima volta che il suo partito avrà ministeri perché, nel 2010, ha appoggiato – ma solo dall’esterno e senza uomini nell’esecutivo – il governo di minoranza di Rutte, alla guida del paese (quinta economia europea) ininterrottamente dal 2010. 

Rutte alla Nato?

Al di là delle diverse posizioni politiche, c’è un filo diretto che lega Wilders a Rutte. Il “soccorso” nel 2010, oggi il ricambio del favore: un accordo che potrebbe spianare la strada alla nomina dello stesso Rutte a segretario generale della Nato, secondo molti osservatori il vero favorito del dopo-Stoltenberg (il suo mandato è stato prorogato per una seconda volta fino alla fine del 2024).

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