È una domenica pomeriggio nel monastero-cattedrale dell’Intercessione, il più antico della città di Kharkiv. I fedeli pregano di fronte alle icone dorate mentre i sacerdoti proseguono nel loro rito scandito dalla voce di tre cantori. Nella penombra illuminata da fioche luci e candele si respira la quiete mistica che ha ispirato la musica, e la conversione, di compositori come John Tavener e Arvo Pärt. Difficile credere che tra poche settimane questo idillio possa essere travolto da un conflitto legale e burocratico. Un’altra guerra, anche se meno sanguinosa, di quella che si combatte fuori da queste mura.

Il monastero, come la gran parte delle circa 18mila parrocchie ortodosse in Ucraina, appartiene alla Chiesa Ucraina ortodossa legata al patriarcato di Mosca (Upts-Mp) e accusata di appoggiare segretamente la Russia. Governo e parlamento di Kiev hanno avviato l’iter di una legge che, se arriverà a conclusione, renderà illegale per le istituzioni religiose avere collegamenti di qualsiasi tipo con Mosca. 

Secondo alcuni, la decisione avrà l’effetto di spezzare definitivamente l’influenza di Mosca sugli ortodossi ucraini e potrebbe persino portare a una riunificazione delle chiese rivali che da tre decenni si contendono la supremazia nel paese. Secondo i critici, invece, finirà per gettare ancora di più la Chiesa ortodossa nelle braccia di Mosca e fornirà nuove armi alla propaganda di Mosca.

Un popolo, tre chiese

Kharkiv è ancora oggi uno dei bastioni dell’Upts-Mp. Oltre al monastero dell’Intercessione, la chiesa legata al patriarcato di Mosca controlla anche la cattedrale dell’Assunzione e quella dell’Annunciazione, sede dell’eparca locale. La rivale e patriottica chiesa ortodossa ucraina indipendente (Ptsu) controlla una decina di parrocchie nel distretto.

La questione che rischia di riesplodere nel prossimo futuro affonda le sue radici negli anni del collasso dell’Unione sovietica, spiega lo scienziato politico Volodymyr Fesenko. «Nel 1989, come parte del processo di democratizzazione della vita sociale e religiosa in Ucraina, era stata creata la Chiesa ortodossa autocefala ucraina, che non aveva alcun legame di subordinazione con la chiesa ortodossa russa». 

In risposta, il patriarcato di Mosca, che fino ad allora aveva controllato direttamente l’Ucraina, concesse la formazione di una chiesa autonoma, come compromesso per non perdere la sua regione più grande, dove avevano sede un terzo di tutte le sue congregazioni. Nasce così la Chiesa Ucraina ortodossa legata -patriarcato di Mosca (Upts-Mp).

A complicare la vicenda c’è il fatto che questa chiesta era guidata dal vulcanico e ambizioso metropolita Filarete. Dopo aver mancato per pochi voti l’elezione a patriarca di Mosca, Filarete ha approfittato dell’indipendenza ucraina per dichiarare la separazione completa da Mosca. Non sono stati in molti a seguirlo e nel 1992, in un sinodo tenuto proprio sotto le volte barocche del monastero dell’Intercessione di Kharkiv, la maggioranza dei vescovi dell’Upts-Mp ha votato la sua scomunica.

Per quasi 30 anni, nel paese si contrappongono così tre chiese diverse. L’Upts-Mp, la chiesa ortodossa autocefala e quella di Filarete. Nel 2018-19, anche grazie al lavoro diplomatico del governo Poroshenko, le ultime due chiese si fondono. Prima dell’invasione la situazione vede da un lato l’Upts-Mp, che controlla la stragrande maggioranza delle parrocchie, raccoglie i fondi più ampi e si barcamena tra Mosca e Kiev. Dall’altro la Ptsu, patriottica, in crescita, ma ancora minoritaria.

La guerra

Con la rivoluzione del 2014, l’annessione della Crimea e l’insurrezione in Donbass, la posizione dell’Upts-Mp si fa sempre più difficile. La chiesa fedele al patriarcato di Mosca viene percepita come più vicina alla Russia che all’Ucraina. Non senza ragione. Dopo l’annessione della Crimea, due metropoliti e numerosi parroci della penisola incontrano le autorità russe e benedicono l’annessione. Lo stesso fanno diversi sacerdoti del Donbass durante l’insurrezione scoppiata lo stesso anno.

Dal suo quartier generale nel monastero di Pecherska Lavra a Kiev, l’Upts-Mp cerca di navigare come meglio può in queste acque difficili. Nel 2015, aprofittando dei negoziati di Minsk, invita i ribelli del Donbass a deporre le armi ed accettare l’amnistia offerta dal governo ucraino. Ma i suoi leader temono di rompere con i loro sacerdoti e fedeli con tendenze più filorusse.

L’invasione su larga scala del 2022 rende ancora più difficile mantenere questa posizione. Nelle prime ore dell’attacco, il patriarca Onofrio condanna l’invasione, definendola una «ripetizione del peccato di Caino» e a maggio un sinodo annuncia la rescissione di tutti i legami formali con Mosca. Ma la nuova costituzione non viene pubblicata, mentre allo stesso tempo viene annunciato un altro documento che inserisce le politiche religiose del precedente governo tra le cause dell’invasione. 
In ogni caso, non tutti i sacerdoti seguono Onofrio e le decisioni del sinodo. Nei territori occupati, in molti benedicono gli invasori e due metropoliti presenziano alle cerimonie per l’annessione dei territori occupati che si sono tenute a Mosca. 

Reazioni e conseguenze

Di fronte all’ambiguità, le autorità ucraine optano per la linea dura. Nell’ultimo anno e mezzo, i servizi segreti ucraini perquisiscono 350 edifici e indagano 850 persone legate all’Upts-Mp. Le procure hanno iniziato procedimenti penali nei confronti di 55 membri del clero, tra cui 14 vescovi. Altri 17 hanno ricevuto sanzioni da parte del Consiglio nazionale di sicurezza e difesa dell’Ucraina. Le accuse nei loro confronti vanno dalla giustificazione dell’invasione all’aver fornito coordinate di tiro all’artiglieria russa. Mentre la legge che renderebbe illegali i legami con Mosca procede nel suo cammino legislativo, diverse amministrazioni locali – in particolare in Ucraina occidentale – hanno preso la questione nelle loro mani e hanno proibito l’attività dell’Upts-Mp.

Nel frattempo, centinaia di parrocchie hanno lasciato l’Upts-Mp a favore della chiesa ucraina indipendente. Alcune lo hanno fatto in modo spettacolare, come i parrocchiani della cattedrale della Transfigurazione di Odessa, che hanno votato per alzata di mano di fronte alle rovine della loro chiesa da poco colpita da un missile russo.

L’approvazione definitiva della legge sui legami con la Russia si inserirà in questo processo. «Ovviamente c’è il rischio di conflitti e scissioni – dice Fesenko – Di sicuro l’Upts-Mp porterà la legge in tribunale. Ma penso che il processo di implentazione della norma richiederà così tanto tempo da ridurre i rischi e le possibilità di conflitto». Secondo lo studioso, nell’attuale situazione i leader della chiesa non hanno vantaggi nell’iniziare un conflitto con lo stato. I più filorussi tra loro potrebbero semplicemente decidere di lasciare l’Ucraina.

«L’ultima cosa di cui ha bisogno Kiev è una seconda guerra», ha scritto un altro studioso, Konstantin Skorkin, che ha una visione meno ottimistica delle possibili conseguenze della legge. Le azioni di governo e parlamento contro la chiesa hanno attirato critiche internazionali e favoriscono la propaganda russa, sostiene. Magistratura e servizi segreti rischiano di «creare martiri e spingere in clandestinità un clero ostile allo stato e pronto a collaborare con la Russia».

Nel frattempo, la maggioranza degli ucraini praticanti continuano a frequentare le loro parrocchie come prima. I sondaggi indicano che, in gran parte, non conosco l’affiliazione della loro chiesa locale.

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