Non solo i vescovi, ma anche uomini e donne laici, oltre che diaconi e sacerdoti e alcune religiose, avranno diritto di voto nella fase finale dell’assemblea del sinodo dei vescovi dedicato al tema: «Per una chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione».

È questa l’importante decisione presa dal papa che, sotto le apparenze di un provvedimento formale, è destinata a riformare definitivamente l’istituto del sinodo e a influenzare significativamente la vita della chiesa.

Francesco, infatti, già nel 2018, aveva modificato la natura del sinodo con il motu proprio «Episcopalis communio» con il quale l’organismo, per volontà del pontefice, poteva diventare deliberativo oltre che consultivo, portando così a compimento quell’idea di collegialità promossa come intuizione dal Concilio Vaticano II, e poi divenuta urgenza concreta col passare dei decenni.

Francesco ha così ampliato la partecipazione alla discussione sinodale trasformando il sinodo stesso da “evento” in “processo” prima attraverso la consultazione del “popolo di Dio” presente nelle chiese particolari, poi con il successivo svolgimento delle tappe nazionali e continentali, infine si terrà la fase celebrativa.

In tale prospettiva, dunque, va letta la modifica resa nota oggi dal Vaticano sulla partecipazione alla fase finale o celebrativa dell’assemblea del sinodo che non sarà riservata più ai soli vescovi.

Non può sfuggire, inoltre, la novità importante di aver attribuito il voto alle donne nella fase finale, cosa che costituisce un fatto clamoroso nella storia della chiesa, forse il primo vero passo verso una rottura di quel muro costituito dalla tradizionale minorità femminile in un’istituzione dominata da un clero composto da soli uomini.

In tal modo, inoltre, il papa è andato incontro alle tante richieste venute da organizzazioni femminili cattoliche che da tempo chiedevano di poter votare al sinodo.

Donne preti e laici

Ma andiamo con ordine. La prima modifica introdotta riguarda i rappresentanti delle congregazioni religiose maschili e femminili all’assemblea generale ordinaria del sinodo dei vescovi: «Non sono più presenti i dieci chierici appartenenti a Istituti di vita consacrata – si afferma nel documento vaticano - eletti dalle rispettive organizzazioni che rappresentano i Superiori generali. Vengono sostituiti da cinque religiose e cinque religiosi appartenenti a Istituti di vita consacrata, eletti dalle rispettive organizzazioni che rappresentano le Superiore Generali e i Superiori Generali. In quanto membri hanno diritto di voto». E questa è la prima novità.

La seconda invece rileva che: «non ci sono più gli uditori, ma si aggiungono altri 70 membri (circa il 21 per cento dell’assemblea, ndr) non vescovi che rappresentano altri fedeli del popolo di Dio (sacerdoti, consacrate(i), diaconi, fedeli laici) e che provengono dalle Chiese locali. Vengono scelti dal Papa da un elenco di 140 persone individuate (e non elette) dalle sette riunioni internazionali di conferenze episcopali e dall'Assemblea dei patriarchi delle chiese orientali cattoliche (20 per ognuna di queste realtà ecclesiali)». «Si chiede – prosegue la nota – che il 50 per cento di loro siano donne e che si valorizzi anche la presenza di giovani. Nella loro individuazione si tiene conto non solo della loro cultura generale e della loro prudenza, ma anche della loro conoscenza, teorica e pratica, oltre alla loro partecipazione a vario titolo nel processo sinodale. In quanto membri hanno diritto di voto».

C’è di più: «Inoltre, oltre ai 70 membri non vescovi di cui sopra è opportuno ricordare che, anche tra i membri di nomina pontificia, sarà possibile aver membri non-vescovi». Infine la terza modifica spiega che: “i rappresentanti dei dicasteri che parteciperanno, sono quelli indicati dal santo padre”.

Come si vede, se da una parte si allargano notevolmente le maglie della partecipazione, cresce anche il ruolo discrezionale del papa che però dovrà muoversi in base alle indicazioni arrivate dalle assemblee sinodali continentali; insomma, “cum Petro sub Petro”, secondo il modello di collegialità portato avanti dal Concilio Vaticano II.

Un sinodo work in progress

«Questa decisione – si spiega nella nota vaticana odierna - rinforza la solidità del processo nel suo insieme, incorporando nell’assemblea la memoria viva della fase preparatoria, attraverso la presenza di alcuni di coloro che ne sono stati protagonisti, restituendo così l’immagine di una chiesa-Popolo di Dio, fondata sulla relazione costitutiva tra sacerdozio comune e sacerdozio ministeriale, e dando visibilità alla relazione di circolarità tra la funzione di profezia del Popolo di Dio e quella di discernimento dei Pastori».

«Grazie a una migliore integrazione con la fase preparatoria – si afferma ancora - l’assemblea rende concreto l’auspicio che essa possa diventare espressione della collegialità episcopale all’interno di una chiesa tutta sinodale».

C’è da dire, dunque, che Francesco attraverso la riforma del sinodo, portata avanti come un work in progress e anzi lasciando alla stessa assemblea sinodale di formulare proposte «sul modo di procedere in futuro», lancia forse la sfida più importante del pontificato alla chiesa universale sempre più chiamata a essere responsabile, in tutte le sue componenti, del cammino da seguire per aggiornare l’evangelizzazione e la presenza cattolica nel mondo nei prossimi decenni.

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