Il pericolo e lo spavento sono rientrati e ora il peschereccio “Aliseo” è di ritorno verso Mazara del Vallo.

«Siamo vivi per miracolo, ci hanno sparato a pallettoni, qui la cabina è piena di buchi» racconta il comandante dell’imbarcazione Giuseppe Giacalone all’Ansa mentre è in navigazione verso le coste siciliane.

L’equipaggio è stato liberato dalla Guardia costiera libica nella serata di giovedì 6 maggio e attraccherà domani mattina presto. Giacalone si definisce un «miracolato, perché soltanto Dio ci ha aiutato». Ricorda perfettamente ciò che è successo. Il peschereccio si trovava a una quarantina di miglia nautiche dalle coste di Tripoli quando sono stati raggiunti dagli spari della Guardia costiera libica. 
«Erano le 14 quando tutto è successo – racconta il comandante – mentre eravamo in navigazione verso Nord-est ci ha raggiunto una motovedetta libica e ha iniziato a sparare. I colpi ci hanno raggiunto e i vetri della plancia sono andati in frantumi».

Un membro della Marina militare libica ha negato che gli spari siano stati diretti contro i pescherecci, ammettendo però che si trattavano di spari di avvertimento. Una prassi utilizzata anche nei confronti dei migranti che cercano di giungere in Europa a bordo dei gommoni.

«È stato un inferno. Io sono rimasto ferito al braccio e anche alla testa perché il finestrino della cabina è andato in frantumi e le schegge di vetro mi hanno colpito». Non appena i libici hanno capito il danno, hanno cercato giustificazioni. «Perdono, perdono, ora ti soccorriamo» dicevano.

Nel frattempo, la Marina militare italiana ha dirottato la nave Libeccio verso i pescherecci italiani. La Libeccio si trovava a poche miglia di distanza ma ha inviato l’elicottero di bordo per evitare ulteriori perdite di tempo e dare un soccorso immediato ai connazionali. Insieme all’Aliseo c’erano altre due imbarcazioni che dopo l’accaduto hanno iniziato le manovre di rientro. Il comandante Giacalone è stato soccorso dal medico militare della Libeccio e in poco tempo il peschereccio è stato “liberato” dai libici.

Nella serata di ieri leader politici e partiti hanno chiesto al governo Draghi di riferire in aula sull’accaduto. Nemmeno un mese fa il presidente del Consiglio italiano era a Tripoli per incontrare il primo ministro libico Dbeibah e lodare il lavoro della Guardia costiera. Oggi si scopre che la motovedetta da dove sono partiti gli spari è la Obari, l’imbarcazione donata dal primo governo Conte ai libici quando a capo del Viminale c’era Matteo Salvini. Oltre il danno anche la beffa.

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