Il premier britannico Rishi Sunak ha fatto all in. Il parlamento ha approvato la legge sul Ruanda, che impone di considerare il paese africano uno stato sicuro e aggira le sentenze dei giudici, con il premier britannico che ha forzato la mano tenendo il punto sul suo progetto.

Dopo circa due anni dalla proposta iniziale dell’ex premier Boris Johnson e l’ex ministra degli Interni Priti Patel, dopo settimane di “ping pong” nelle camere di Westminster a causa dell’opposizione della Camera dei Lord, ora il piano di Downing Street per spedire i migranti in Ruanda sembra poter prendere forma.

Perlomeno in apparenza, considerato che ci vorranno circa altre 10-12 settimane prima dell’inizio effettivo dei trasferimenti.

Le tempistiche di Sunak

Sunak brama dalla voglia di dare in pasto a giornali, tv e tabloid britannici le immagini dei primi migranti a bordo degli aerei in direzione Kigali. È il modo più istantaneo per dimostrare la sua risolutezza contro l’immigrazione irregolare. Anche perché se si volesse dare retta ai numeri la propaganda conservatrice sarebbe smontata.

Per l’Home Office, infatti, in questi primi mesi del 2024 sono arrivati 6.265 migranti sui barchini, cioè il 25 per cento in più rispetto allo stesso periodo del 2023. Nonostante Sunak prima di diventare primo ministro avesse promesso di fermare gli sbarchi irregolari.

Il desiderio di far decollare i voli per il Ruanda per il premier inglese è forse l’ultimo a cui appigliarsi per cercare di realizzare un’improbabile rimonta elettorale e Sunak sta ragionando anche sulle tempistiche.

Il 2 maggio sono previste delle elezioni locali e l’idea che siano stati compiuti passi avanti sul piano potrebbe aiutare la causa: ma se i conservatori crollano, le pressioni per fissare una data per il voto nazionale sarebbero insostenibili. E a quel punto le opzioni sono due: mantenere la tornata elettorale in autunno, con i conservatori che potrebbero giocarsi la carta dei primi respingimenti in Ruanda, oppure anticipare le urne tra fine giugno e inizio di luglio, per mandare gli elettori a votare in prossimità della partenza dei primi voli, per rendere più fresca la percezione dell’impegno governativo sul tema.

Tuttavia, dopo anni di stallo imposto dalle corti internazionali e britanniche, e dei rimpalli parlamentari sulla legge, la presa sull’opinione pubblica (conservatrice in primis ma anche generale) sembra essere scemata.

C’è chi non crede più alle promesse dei leader Tories, chi ritiene impossibile ormai che i migranti vengano spediti in Ruanda e poi c’è chi ha iniziato a capire che il respingimento di qualche centinaio, o al massimo migliaio, di persone non serva veramente a fermare i barchini in arrivo.

Il governo, invece, ritiene che possa funzionare come deterrente. Anzi, Downing Street ha parlato della nuova legge addirittura come un «cambiamento fondamentale nell’equazione globale sulla migrazione». Mentre l’Onu, lo ha definito «un pericoloso precedente» che viola la Convenzione sui rifugiati. Questione di punti di vista. Il tempo, però, scarseggia. Da qui l’azzardo di Sunak, sebbene sia alto il rischio di esporsi a critiche dall’esterno e dall’interno di un partito conservatore in crisi.

L’orizzonte del Piano Ruanda

Il pericolo per Downing Street è che i ricorsi individuali dei richiedenti asilo possano nuovamente bloccare o ritardare i voli. Lì sarebbero guai per Sunak. 

La legge sul Ruanda di fatto permette ai giudici britannici di ignorare alcune norme sui diritti umani, ma lo stesso governo si aspetta che le opposizioni legali saranno numerose, sia dei singoli migranti sia di associazioni e ong. 

Per di più, il piano Ruanda – se mai partirà – ha con ogni probabilità un orizzonte breve davanti. Le elezioni sono comunque previste entro l’anno e, sorprese a parte, vedranno trionfare i laburisti. L’opposizione del partito di Keir Starmer al progetto dei conservatori è stata netta e in caso di una loro vittoria i voli per Kigali saranno fermati.

Ad oggi è questa l’intenzione del Labour, sebbene il contrasto all’immigrazione irregolare sia una questione trasversale e che il centrista Starmer da giorni spinge sul tema del patriottismo inglese.

A proposito di patrioti, l’asse tra Londra e Roma è sempre caldo. Il ministro dell’Interno del Regno Unito, James Cleverly, è in Italia per incontrare l’omologo italiano Matteo Piantedosi e per visitare Lampedusa; a essere gelido, invece, è il canale della Manica dove ieri sono morti cinque migranti.

Colpa dello «status quo» e dei trafficanti di esseri umani, secondo Cleverly, per cui «queste tragedie devono finire». Per questo preme per spedire i richiedenti asilo in un paese dichiarato sicuro con una legge. «L'Italia è uno dei nostri partner più importanti nell'affrontare questa sfida comune» dice il ministro inglese. D’altronde anche il governo di Giorgia Meloni vorrebbe fare all in.

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