A volte i giornalisti ucraini chiamano il primo consigliere di Volodymr Zelensky, Mykhailo Podolyak, la “voce del presidente”. In parte perché il 51enne ex giornalista è sempre pronto a rispondere al telefono per indicare la posizione del governo su questo tema o su un altro. In parte perché Podolyak, oltre coordinare la comunicazione del governo, si occupa anche di dire più o meno apertamente quello che Zelensky non è opportuno che dica. A poche ore dall’arrivo del presidente ucraino in Italia e in Vaticano, Podolyak ha accettato di essere intervistato nel suo ufficio all’interno del palazzo presidenziale di Kiev, circondato di blindati e filo spinato.

Qual è stato fino ad ora il ruolo dell’Italia nella crisi ucraina?

Il governo guidato da Meloni, come quello di Draghi, hanno avuto un ruolo molto positivo e i loro aiuti sono stati molto efficaci. Meloni parla molto bene e capisce tutto di questa guerra. L’Italia è diventata la leader morale ed emotiva dell’Europa nello spiegare come questa non è una guerra regionale, ma tocca i nostri valori fondamentali. Secondo me la posizione italiana ha una grande influenza su tutta l’Europa. Amo moltissimo l’Italia, ma non mi aspettavo che prendesse questa posizione. Ha dimostrato che non è come il resto dell’Europa.

Perché, cosa sta facendo l’Italia e il governo Meloni che invece manca dal resto dell’Europa?

Soprattutto all’inizio della guerra, la posizione di molti paesi europei era attendista. Mancava l’emozione che ha portato l’Italia. Le emozioni sono importanti, possono persino aiutare a rendersi conto più chiaramente quello che succede, contribuiscono a rendere più solido il supporto. Poco tempo fa c’è stata una seduta particolarmente drammatica del parlamento italiano. Qualcuno ha detto che bisognava dare meno assistenza all’Ucraina. Meloni ha risposto con un discorso fortissimo, molto emozionante. Ha messo i puntini sulle “i”. Ha usato una sincerità che va al di là di quanto ci si aspetta in questi casi.

Ma nel governo Meloni ci sono anche Berlusconi e Salvini che sono molto vicini a Putin.

Sappiamo bene chi sono queste persone e che sono amici di Putin. Io penso però che sia molto importante che ora l’Italia abbia un’altra posizione. È importante guardare al futuro. Penso che quello che ha fatto l’Italia finirà scritto in lettere d’oro nei futuri libri di storia, non solo per come ha aiutato l’Ucraina, ma per quello che ha fatto per la libertà di tutta Europa.

C’è qualcosa di specifico che l’Italia può fare per la ricostruzione dopo la guerra?

Stiamo ancora combattendo e quindi è difficile discutere dei dettagli. Ma penso che gli investimenti saranno facili. Saranno create agenzie internazionali e vari paesi si occuperanno di vari settori, chi delle infrastrutture, chi di altro. Non sarà questione di un pagamento da fare una sola volta per dare la spinta, ma di investimenti a lungo termine nelle varie branche dell’economia. Io penso che le aziende italiane saranno molto attive. Ci sono già contatti a livello ministeriale e tra l’uffcio del presidente e il suo omologo italiano. Stiamo lavorando.

Come si può fare una buona ricostruzione senza che la corruzione rovini tutto?

Buona domanda. Purtroppo per tutta l’area dell’ex Unione sovietica la corruzione è una parte integrante dell’economia. È certo che bisogna lavorare per correggere questa situazione. Prima di tutto bisogna eliminare la burocrazia, semplificare, ridurre gli organi che rilasciano permessi, eliminare le situazioni che possono portare a tagenti e bustarelle. La digitalizzazione ci può aiutare molto. Il nostro ministro per la Trasformazione digitale, Mykhailo Fedorov, sta facendo un grande lavoro in questo senso, che ci consentirà di eliminare molti funzionari potenzialmente corrutibili. Infine c’è la decentralizzazione: prendere decisioni più in basso senza bisogno chiedere al livello centrale.

Il presidente Zelensky dovrebbe incontrare papa Francesco a Roma. Cosa pensa del ruolo del Vaticano nel conflitto?

Il Vaticano dal punto di vista morale ed etico capisce molto la natura della guerra. Ma io voglio sottolineare l’aspetto particolare di questo conflitto. Parliamo del più classico esempio di guerra in cui c’è un aggressore e un aggredito che non si possono mettere sullo stesso piano. Noi stiamo difendendo il nostro territorio, le nostre famiglie, il nostro diritto di essere come vogliamo. Fare il mediatore nel senso di cercare di farci accettare cose inaccettabili non è l’approccio giusto. E lo deve capire anche il Vaticano. Non sarà apprezzato dalla storia se non lo farà. Se il Vaticano potesse comprendere più profondamente questa situazione, potrebbe prendere la posizione giusta e anche la sua autorità morale ne uscirebbe rafforzata in tutto il mondo.

In altre parole, se il Vaticano chiarisse che c’è un aggressore e un aggredito i suoi sforzi diplomatici sarebbero più apprezzati dall’Ucraina?

Esatto, così si può svolgere una vera missione da mediatore, perché così si mettono gli accenti nel modo giusto. Con una dichiarazione chiara, i paesi terzi, neutrali, che non hanno ancora scelto con chi stare, potrebbero capire come stanno le cose. Un atteggiamento troppo neutrale del mediatore, invece, non farà vedere alle terzi parti che c’è un aggressore, li lascerà nel dubbio. Siamo tutti sicuri che non è che dentro il Vaticano viene data ragione alla Russia. Ma quando c’è ambiguità, anche l’aggressore può pensare di aver ragione. Quando vuoi fare il mediatore per la pace devi sapere dove vai e a che costi lo fai. Vuoi portare alla fine della guerra o vuoi congelarla?

Cosa si aspetta dal colloquio tra Zelensky e papa Francesco?

Io penso che se il Vaticano prendesse una posizione giusta e chiara questo potrebbe influenzare la sua missione di mediatore. Lo scambio con Zelensky potrebbe chiarire la situazione e far capire meglio al Vaticano la natura di questa guerra. La chiarezza su chi è aggressore e chi vittima potrà veramente aiutare molto a finire questo conflitto più velocemente.

A proposito di guerra, la controffensiva ucraina è cominciata?

Non si può dire che la controffensiva inizia in un certo giorno ad una certa ora. Ci sono 1.800 chilometri di fronte su cui si combatte costantemente. Ora stiamo facendo di tutto per colpire la logistica russa. Bisognerà tenere conto di quello che dice lo stato maggiore. Loro controllano la situazione e decideranno se annunciare o meno l’inizio della controffensiva. In ogni caso, la controffensiva non sarà in un posto solo. Saranno centinaia di operazioni in posti diversi lungo tutto il fronte.

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