Il presidente russo Vladimir Putin ha respinto le accuse scaturite  dall’inchiesta pubblicata dal team di Alexej Navalny, secondo cui sarebbe il presunto titolare di un palazzo di lusso situato a Gelendzhik, sulle rive del Mar Nero.

Secondo l’inchiesta pubblicata settimana scorsa, il palazzo è uno stato nello stato, dotato di una propria sicurezza interna e protetto sia da una no-fly zone dall’alto e da 7 mila ettari di vegetazione via terra. Secondo Navalny il palazzo è stato costruito grazie a miliardi di rubli pagati da grandi imprenditori e oligarchi vicini al presidente russo e sarebbe il riconoscimeno per i favori che Putin avrebbe elargito durante la sua carriera politica.

«Niente di ciò che è elencato lì come mia proprietà appartiene o è mai appartenuto a me o ai miei parenti stretti. Mai!» ha dichiarato Vladimir Putin durante un incontro online con gli studenti universitari. Secondo il presidente russo le voci sul palazzo di sua presunta proprietà sono state usate per cercare di fare il lavaggio del cervello ai russi. «Queste informazioni sono state agitate per più di 10 anni. E ora, è stato tutto messo insieme per un'occasione molto conveniente per fare il lavaggio del cervello ai nostri cittadini con questi materiali, lanciando alcuni film e programmi video su Internet».

Le proteste

Il video del’inchiesta è stato visto da milioni di cittadini e si concludeva con un appello a manifestare contro l’elite politica del Cremlino.
La proposta è stata accolta da migliaia di cittadini. Negli ultimi giorni, infatti, la Russia è attraversata da proteste e manifestazioni che chiedono la liberazione dell’oppositore politico di Putin, Alexej Navalny, in carcere fino al prossimo 15 febbraio. Le manifestazioni sono state sedate con violenza e sono state arrestate migliaia di cittadini, tra questi anche la moglie di Navalny, rilasciata dopo poche ore.
Settimana scorsa il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione per richiedere l’immediato rilascio di Navalny, imponendo anche sanzioni economiche alla Russia.

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