Alla vigilia del viaggio a Kiev di tre presidenti europei, l’italiano Mario Draghi, il tedesco Olaf Scholz e il francese Emmanuel Macron, Vladimir Putin ricatta l’Europa con le forniture di metano.

Era stato il presidente Draghi qualche tempo fa a porre l’alternativa fra la pace e i condizionatori, e ieri due annunci hanno inasprito la guerra dei gasdotti: il gigante russo del gas Gazprom interromperà il funzionamento di un’altra turbina lungo il gasdotto Nord Stream I, riducendo il volume delle forniture di gas del 33 per cento dopo quella di martedì del 40 per cento.

Insieme alla Germania per la prima volta è stata colpita esplicitamente anche l’Italia. In mattinata la compagnia russa ha comunicato «una limitata riduzione delle forniture di gas per la giornata di oggi, pari a circa il 15 per cento». Le ragioni della diminuzione, ha fatto sapere il Cane a sei zampe, «non sono state al momento notificate. Eni sta costantemente monitorando la situazione».

I contratti

Olaf Scholz e Mario Draghi (AP Photo/Guglielmo Mangiapane,Pool)

Al momento non ci sono problemi di approvvigionamento, il gas continua a fluire a sufficienza, ma sia la Germania sia l’Italia monitorano. Se per l’Italia le motivazioni di questa riduzione sono ignote e il calo di un giorno non basta a violare i contratti, con la Germania, la Russia ha addotto motivazioni tecniche. La causa di forza maggiore vale sempre a salvare la legalità delle interruzioni.

Siemens, riporta l’agenzia economica Bloomberg, ha dichiarato martedì che una turbina che era stata inviata per la riparazione è rimasta bloccata in Canada a causa delle sanzioni. Il ministro dell’Economia tedesco Robert Habeck tuttavia si è detto scettico sul fatto che i problemi tecnici siano la vera ragione. Oliver Krischer, viceministro dell'Economia, ha affermato che i cali delle forniture potrebbero essere collegati al salvataggio un'ex unità Gazprom, Gazprom Germania, ora sotto il controllo tedesco.

L’estate e l’inverno

Il mercato italiano, così come quello tedesco, nel corso dell’estate ha una domanda più bassa. Oggi in Italia erano previsti consumi per 160 milioni di metri cubi a fronte di una disponibilità di 200 milioni. L’import dalla Russia attraverso Tarvisio finora è rimasto basso ma stabile nonostante il calo riguardi questa arteria. Dal gasdotto che arriva a Passo Gries, dove viene convogliato invece il metano che arriva dai paesi nordici, i volumi sono già calati.

Secondo i dati di Snam, la compagnia di trasporto del gas italiana, la gran parte degli approvvigionamenti attualmente arriva da altri paesi. Algeria, dunque via Transmed, rigassificatori, e Azerbaigian tramite Tap.

Il gas che non viene consumato può essere usato per gli stoccaggi, quindi per il metano che servirà a bilanciare il sistema in inverno, quando la domanda sarà il doppio o – nelle giornate più fredde – il triplo. Il dato aggiornato a lunedì diceva che sono pieni al 53,7 per cento, in linea con il resto dell’Europa. Ancora poco, visto che per legge devono arrivare al 90 per cento.

Al momento non ci sono allarmi, ma un taglio prolungato sia in Italia sia in Germania, avrebbe ripercussioni nelle stagioni più rigide. Se arriva meno metano le riserve vengono riempite di meno, e non è prevedibile cosa accadrà quando la domanda crescerà, anche perché agli stoccaggi si ricorre già in tempi di pace.

I viaggi

Intanto l’Unione europea continua a cercare altri paesi da cui approvvigionarsi. La presidente dell’Unione europea Ursula von der Leyen ieri, dopo il viaggio di Draghi a Tel Aviv, ha firmato con Egitto e Israele un accordo per incrementare le esportazioni verso l’Europa dai giacimenti del Mediterraneo orientale verso i liquefattori egiziani – dove opera anche l’italiana Eni.

Nonostante von der Leyen ribadisca con frequenza che l’Ue non si piegherà al ricatto del gas, le maggiori società europee si sono piegate ai pagamenti del metano in rubli con il via libera dei governi. Kiev ha paura che gli europei vacillino ancora una volta. Lo ha detto esplicitamente il consigliere del presidente ucraino Zelensky, Oleskjy Arestovych: «Temo che Draghi, Scholz e Macron premano perché il paese accetti un cessate il fuoco o una sorta di Minsk 3», ovvero con una versione aggiornata degli accordi di Minsk, che includano la rinuncia alla Crimea e al Donbass.

E di accettare così «che i russi hanno commesso errori, che dobbiamo perdonarli e dare loro la possibilità di tornare nella comunità internazionale».

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