L’esercito israeliano (Idf) è tornato lunedì a combattere all’ospedale di Al Shifa, il più grande di Gaza. In serata, l’Idf ha fatto sapere di avere ucciso 20 miliziani e di aver catturato decine di sospetti nell'ospedale al nord della Striscia già al centro di controversie a causa di un attacco di Israele in novembre. L’Idf aveva assalito la struttura malgrado fosse un ospedale, sostenendo che sotto Al Shifa Hamas avesse costruito i quartieri generali di un commando di miliziani, nei famosi tunnel estesi nel sottosuolo dell’intera enclave.

«Abbiamo trovato soldi che sarebbero stati distribuiti ai terroristi di Hamas e numerose armi nell’ospedale» ha fatto sapere l’esercito, precisando che l’assistenza ai malati non è stata interrotta o influenzata in alcun modo dall’incursione dei soldati. «L’ospedale sta ancora funzionando e non c’è stato bisogno di evacuarlo» assicura il Maggiore David Baruch, portavoce dell’Idf. Intanto, ieri Benjamin Netanyahu e Joe Biden hanno parlato al telefonio per la prima volta dopo un mese caratterizzato da crescenti tensioni fra il governo israeliano e la Casa Bianca.

Capacità militari

Malgrado l’Idf abbia conseguito il controllo del nord della Striscia da fine anno scorso, quando ha rispedito a casa migliaia di riservisti, la nuova operazione all’ospedale testimonia che i miliziani di Hamas hanno ancora la capacità di muoversi all’interno di gran parte della Striscia. «Sappiamo che non abbiamo il controllo totale, anche se abbiamo diminuito di molto le capacità militari di Hamas» spiega Baruch dal sito del famoso Nova Festival, nella zona di Re’im, vicino al confine con Gaza. Sul luogo del festival, i familiari delle 364 vittime tra i giovani partecipanti, hanno piantato alberi in loro ricordo, con foto, messaggi, bandiere israeliane, candele e ricordi di ogni tipo, facendolo diventare un memoriale delle vittime.

In molti casi i ragazzi e le ragazze del rave sono stati uccisi lungo la strada 232 mentre cercavano di scappare verso il nord. Molte vittime hanno subito violenze sessuali, oltre a mutilazioni, come è stato accertato ufficialmente dalle autorità israeliane e dalle Nazioni Unite. «Qualsiasi membro di Zaka sapeva sin da subito che c’erano stati stupri» racconta Josh Wander, un volontario dell’organizzazione che si occupa del recupero dei corpi e di resti di qualsiasi tipo di persone morte per cause non naturali, per dare alle spoglie degna sepoltura secondo le tradizioni ebraiche. Wander si è occupato del recupero e poi dell’identificazione delle vittime di alcuni dei luoghi più martoriati dagli attacchi di Hamas, come i kibbutzim Be’eri e Kfar Azza, oltre che del rave.

Tra le difficoltà incontrate dall’Onu nella raccolta di prove che le violenze sessuali si fossero effettivamente verificate c’è stata la mancanza di materiale forense, non raccolto da Zaka. «Normalmente siamo molto meticolosi nella documentazione, ma stavolta eravamo sopraffatti dalla quantità di vittime» spiega Wander.

Nei giorni immediatamente successivi al 7 ottobre, identificare i morti era la priorità, visto anche il grande numero di persone prese come ostaggi, per poter dare una risposta alle famiglie delle persone che risultavano scomparse dopo gli attacchi di Hamas.

L’autista

Il ventitreenne Elay Karavani è invece tra i giovani che è riuscito a salvarsi insieme a una decina di amici al Nova Festival. Racconta da questo luogo al sud di Israele immerso nella natura di aver abbandonato la propria auto quando la polizia, che aveva bloccato i giovani dopo che i primi ad essere scappati in macchina erano stati uccisi da Hamas, ha ordinato a tutti con un megafono di lasciare lì le macchine e di correre via a piedi per salvarsi la vita. Karavani e i suoi amici sono riusciti a nascondersi in un campo di avocado e a chiamare il numero di emergenza della polizia, che li ha geolocalizzati e gli ha intimato di rimanere nascosti fino a quando non sarebbero arrivati dei soccorsi. Dal loro nascondiglio hanno sentito i miliziani di Hamas a pochi passi da loro scontrarsi con le forze dell’ordine israeliane e avere la meglio. È stato poi mandato un elicottero a salvarli ma neanche quello ha funzionato.

«I terroristi continuavano ad essere vicini a noi, quindi non potevamo uscire allo scoperto» ha raccontato Karavani. Ad un certo punto l’elicottero stava per finire il carburante e se ne è dovuto andare. I giovani sono rimasti nascosti per nove ore nel campo di avocado, fino a quando sono arrivati una decina di soldati, che li hanno portati via. Ha rischiato la vita per salvare nove giovani del festival Youssef Ziadna, un autista di autobus beduino della cittadina di Rahat. Li aveva accompagnati la sera prima e sarebbe andato a riprenderli alle 13 del 7 ottobre, quando sulle 6:30 uno dei ragazzi lo ha chiamato implorandolo di andarli a prendere. «Ci sono razzi, terroristi ovunque, per favore vieni a salvarci».

Ziadna non ci ha pensato due volte, è salito sul suo minivan e si è diretto verso il Nova Festival. Nel percorso ha incontrato solo macchine che guidavano in direzione opposta. Tutti gli urlavano di non andare da quella parte. Arrivato all’entrata del festival ha soccorso un poliziotto a terra, che però gli è morto tra le braccia nel giro di pochi istanti. Malgrado il suo minivan avesse solo 15 posti, ha caricato 30 persone, incluso i suoi ragazzi. Ha iniziato a guidare fuori strada in direzione est, in mezzo al deserto, dove un famoso video ritrae centinaia di giovani del festival scappare disperati.

Tra questi ha notato una ragazza ferita ad una gamba. Si è fermato, ha caricato anche lei ed è riuscito a portare tutti in salvo.

Questo atto da tutti riconosciuto come eroico, gli è valso varie minacce telefoniche presumibilmente di miliziani di Hamas. Queste chiamate gli sono arrivate tutte da numeri con prefisso della Striscia, spiega Ziadna.

Ad una di queste persone che gli diceva in arabo, la lingua materna di Ziadna, che avrebbe pagato per quello che aveva fatto, racconta di aver risposto: «Sono cittadino israeliano e orgoglioso di esserlo. Avete ucciso delle persone. Vaffanculo».

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