Al di là della guerra e degli aspetti legati all’assistenza finanziaria, militare e per la ricostruzione dell’Ucraina, il tema centrale per l’Italia e per l’Unione europea è legato alla diversificazione nell’approvvigionamento energetico. Il piano RePowerEu presentato dalla commissione europea appare, per ora, un primo tentativo nella definizione di una strategia in grado di assicurare il raggiungimento di un obiettivo chiaramente complicato: l’autonomia da Mosca nelle forniture di gas.

La guerra nel centro dell’Europa ha infatti mostrato quanto il nostro sistema economico, ma anche quello comunitario, sia impreparato a gestire in maniera adeguata sia il processo di transizione energetica che la diversificazione nelle forniture. In questo senso l’assenza di una politica comune sull’argomento ha rivelato tutte le debolezze e le inevitabili divisioni su come gestire questa crisi.

Il RePowerEu, con i suoi 300 miliardi circa tra prestiti e nuove sovvenzioni, tenterà di incidere sui piani di ripresa dei singoli stati, attraverso il finanziamento di gasdotti e oleodotti, contribuendo a creare le infrastrutture necessarie per rispondere alle esigenze dettate dall’emergenza bellica.

La lezione dei tragici fatti di questi mesi impone perciò di recuperare un obiettivo primario: la sicurezza energetica. Oggi risulta opportuno diversificare il mix energetico pianificando e sfruttando altre forniture, investendo nel progressivo sviluppo della filiera legata alle fonti di energia rinnovabile. In aggiunta a una massimizzazione dell’utilizzo di tutti gli impianti esistenti, sfruttando ogni risorsa disponibile, che si tratti di biofuels, biometano o biogas.

Problema infrastrutture

Per ciò che attiene il gas, appare oramai inevitabile la momentanea rinuncia agli ambiziosi obiettivi di uscita dalle fonti fossili prevista dal pacchetto Fit For 55 a vantaggio di un approccio che conduca al pieno utilizzo delle risorse presenti nel bacino mediterraneo. Se partissimo dal nord Adriatico, l’Italia potrebbe senz’altro contare, stando alle stime, su 50-70 miliardi di metri cubi sparsi fra vari giacimenti che non sono stati mai messi in produzione. Senza contare il canale di Sicilia dove i giacimenti Argo e Cassiopea potrebbero fornire altri 15 miliardi di metri cubi.

Anche l’Algeria, che già fornisce attraverso Transmed circa il 30 per cento di gas per il nostro fabbisogno e con cui in aprile è stato firmato dal presidente del Consiglio Mario Draghi un’intesa per aumentare le forniture, presenta dei giacimenti sia a terra che in mare ancora inesplorati con capacità stimata di 159 miliardi di metri cubi (undicesimo posto nella classifica mondiale delle riserve). Allo stesso modo in Libia, che ci rifornisce attraverso il GreenStream per il 5 per cento del fabbisogno nazionale, le stime parlano di 53 miliardi di metri cubi che potrebbero essere utilizzati. Spostandosi più a est i giacimenti non ancora sfruttati di Zohr in Egitto e Leviathan in Israele potrebbero effettivamente rappresentare in futuro una fonte dall’altissima valenza strategica, non solo per il nostro paese ma per l’Europa nel suo complesso.

In tutti questi casi, negli ultimi venticinque anni, l’eccesso di burocrazia e la crescita dei conflitti ambientali, oltre alla sottovalutazione dei mutati scenari geopolitici, hanno pesato come macigni nella costruzione infrastrutturale dei corridoi energetici. E in prospettiva, pur essendo chiaro che le opere necessarie richiederanno alcuni anni, sarà comunque fondamentale acquisire la consapevolezza che a fronte dell’attuale crisi non ci sarà un ritorno allo status quo ante, e predisporre adeguate contromisure per giungere a un buon livello di indipendenza energetica per l’Italia e l’Europa. Perciò dovranno essere utilizzate sia le strade già a disposizione, sia nuove tecnologie che consentano di superare l’intermittenza delle risorse rinnovabili in modo da potervi far conto stabilmente senza dover ricorrere alla supplenza delle centrali a gas.

Come detto in precedenza, oltre all’accelerazione sulle fonti rinnovabili e sullo sviluppo di biogas e biometano, l’Unione europea intende aumentare l’utilizzo del gas naturale liquefatto (gnl) con maggiori importazioni da Usa e Qatar. Anche rispetto a questa soluzione sorge qualche aspetto su cui riflettere: oltre al fatto che il prodotto nella sua destinazione subisce le oscillazioni dei prezzi andando laddove questi son più alti, c’è un problema di deficit e disomogeneità impiantistica, dato che i rigassificatori sul territorio europeo sono troppo pochi per sostenere gli alti volumi necessari, e sono inoltre concentrati in pochi paesi, complicando da questo punto di vista la distribuzione della risorsa una volta riconvertita allo stato gassoso. La rete del gas spagnola, paese con la maggior capacità di rigassificazione, ha un basso grado di interconnessione con quella continentale e dunque avrebbe notevoli difficoltà nell’indirizzare il gas riconvertito verso il resto d’Europa.

Idrogeno e nucleare

Nell’ottica dell’autonomia strategica europea due direttrici di sviluppo possono avere esiti molto interessanti anche se attualmente presentano ancora delle criticità che ne limitano la possibilità d’impiego nell’immediato; queste sono senz’altro rappresentate dall’idrogeno e dal nucleare. Rispetto all’idrogeno la commissione europea già a dicembre dello scorso anno ha indicato alcuni progetti e corridoi chiave per promuovere le interconnessioni e l’interoperabilità tra i diversi stati membri, permettendo così l’emergere di una rete integrata in grado di collegare i paesi dell’Ue al fine di contribuire alla sostenibilità dei sistemi energetici europei, sfruttando le infrastrutture tradizionalmente dedicate al trasporto esclusivo del gas anche per una miscela gas-idrogeno.

Date le difficoltà persistenti nello sviluppo delle batterie, su cui sono fondate le tecnologie delle fonti rinnovabili quali eolico e fotovoltaico e che già stanno creando le condizioni per una nuova dipendenza dalla Cina, la ricerca in questo campo può contribuire a importanti sviluppi nel panorama energetico, cui giustamente Italia, Francia e Germania stanno dedicando notevoli sforzi per creare un vero e proprio hub europeo.

Per quanto riguarda invece il nucleare, stante la chiusura che si registra nel nostro paese e la generalizzata diffidenza nei confronti dell’atomo, si deve tuttavia evidenziare il potenziale illimitato e le caratteristiche di maggior sostenibilità ambientale delle centrali di quarta generazione. Le incognite non la rendono il perno di una strategia che miri all’autonomia nel breve periodo ma comunque all’Italia converrebbe investire in programmi di ricerca e sviluppo, anche in ambito europeo, presidiando in questo modo una direttrice che se osservata in prospettiva possiede una valenza fondamentale.

Il ruolo dell’Italia

Se dunque l’evento bellico ha ridimensionato l’assetto energetico che poggiava decisamente sul rapporto tra Germania e Russia, attraverso il completamento del North Stream II, è altrettanto plausibile che vi sia un riposizionamento verso sud di tale baricentro con un ruolo importante che potrebbe spettare soprattutto all’Italia nel trasporto del gas naturale.

Per cogliere una simile opportunità dovremo contribuire ad allentare la dipendenza dalle forniture russe (oggi al 40 per cento) rafforzando il progetto di hub del mediterraneo attraverso: il potenziamento del Tap dall’Azerbaijan, che si è rilevato fondamentale in questa fase critica e che fu osteggiato in maniera poco lungimirante; e il rilancio del progetto dell’EastMed frettolosamente accantonato, con approdo previsto a Otranto, che permetterebbe di canalizzare il gas proveniente dai nuovi e significativi giacimenti di Israele, Cipro ed Egitto, aggiungendosi così ai gasdotti già operativi Transmed e GreenStream.

Così facendo l’Italia potrebbe essere il miglior interprete di tutte le iniziative e i programmi rilevanti e grazie alle proprie aziende del settore, favorire lo sviluppo di politiche di vicinato con i paesi produttori. Naturalmente i prossimi mesi e anni saranno fondamentali per le prospettive dei processi di riequilibrio negli approvvigionamenti e di una transizione verso l’utilizzo a regime di fonti di energia rinnovabile in grado di assicurare, assieme alle altre fonti, gas compreso, il raggiungimento della tanto agognata autonomia energetica.

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