Il nuovo numero di Scenari, la pubblicazione geopolitica di Domani, è questa settimana dedicato al tema della transizione ecologica: la crisi energetica causata dalla guerra sta diventando una tragica occasione per rinviarla. In venti pagine, gli approfondimenti inediti firmati da Annalisa Perteghella, Mario Giro, Ferdinando Cotugno e altri analisti – oltre alle mappe curate dai cartografi Bernardo Mannucci e Luca Mazzali (faseduestudio/Appears) – analizzano idee, numeri e prospettive per non cedere al destino fossile.

COSA C’È NEL NUOVO NUMERO

Alex Trembath e Seaver Wang dell’istituto Breakthrough, centro di ricerca su ambiente e tecnologia con sede in California, analizzano l’utopia della pacificazione ambientale: l’invasione di Putin aggiunge nuove ragioni per sfuggire alla dipendenza energetica da autocrati e petrostati, ma anche in un mondo decarbonizzato, sostengono, i conflitti non cesseranno, perché si combatterà per altre materie prime.

A seguire, il politologo Yascha Mounk intervista David Wallace-Wells, giornalista che si occupa di clima per il New York Times. Investire sulle rinnovabili è già economicamente più conveniente che continuare a bruciare combustibili fossili, ma serve un approccio aggressivo per «evitare gli effetti catastrofici dei cambiamenti climatici», dice l’autore. Fare questo richiederà una transizione molto più rapida di quanto la maggior parte delle nostre politiche e gran parte della nostra politica abbia mai veramente tollerato in passato.

Annalisa Perteghella – analista delle politiche internazionali per il clima e l’energia per ECCO, primo think tank italiano sul cambiamento climatico – parte dall’esame dell’ultimo pacchetto di misure presentato da Bruxelles per far fronte alla crisi energetica per delineare come l’attuale guerra abbia ribaltato gli obiettivi della strategia europea per l’energia: sebbene si affermi che l’Ue mira a introdurre in futuro delle partnership per la transizione energetica, l’obiettivo che al momento guida l’intero documento è quello di garantire la sicurezza energetica europea attraverso un aumento delle importazioni di gas da fornitori alternativi alla Russia, con conseguenze per i paesi che forniscono “combustibile di transizione”, soprattutto in Africa.

Il ricercatore Raffaele Ventura approfondisce ulteriormente la complessa sfida della transizione energetica africana, e la cosiddetta “maledizione delle risorse” con cui il continente deve fare i conti: sebbene il territorio sia ricco di fonti rinnovabili su cui poter basare uno sviluppo energetico sostenibile, la forte instabilità politica continua a essere una minaccia per la transizione. Si tratta dello stesso paradosso dell’abbondanza che incombeva su quegli stati ricchi di diamanti, oro, combustibili fossili e terre rare.

Di Africa e insicurezza alimentare scrive il politologo Mario Giro, facendo luce sulla guerra globale del riso seguita a quella del grano: l’aumento dei prezzi sta intensificando la rivalità tra paesi. Mentre la Nigeria raddoppia la sua produzione locale e blocca le importazioni, il Ghana teme di restare indietro per quantità e qualità. L’esempio della “guerra del riso” tra Ghana e Nigeria fa da modello a tutte le concorrenze di questo tipo che vedremo probabilmente aumentare nel prossimo futuro.

L’analista Raimondo Fabbri descrive come, nella corsa alla diversificazione delle forniture, il baricentro della sicurezza energetica si stia spostando verso sud: l’assetto energetico che poggiava sul rapporto tra Germania e Russia, attraverso il completamento del North Stream II, si avvia verso un riposizionamento. Potrebbe spettare soprattutto all’Italia un ruolo importante nel trasporto del gas naturale.

L’analista dello Iai Marco Giuli si interroga poi su come l’Europa sta ripensando la sua quarantennale interdipendenza energetica dalla Russia: l’Ue ha deciso di affidarsi agli Stati Uniti, ma occorre considerare i limiti del gas americano e in generale del gas naturale liquefatto (gnl) nella sostituzione delle forniture russe, soprattutto perché nel breve periodo Washington riesce a esportare solo il 20 per cento della produzione di Mosca.

L’economista Alessandro Penati continua ad approfondire le sfide dell’Europa nel coniugare transizione energetica ed ecologica e le mosse dei governi europei, cui spettano tre compiti: frenare oggi il rialzo dei prezzi dell’energia e mitigarne gli effetti; diversificare domani gli approvvigionamenti dalla Russia; e realizzare dopo domani la transizione alle rinnovabili. Non ci sono facili soluzioni, e il problema è ulteriormente complicato dal fatto che i governi procedono ancora in ordine sparso.

A seguire, Ferdinando Cotugno ci guida nel mondo dell’attivismo ambientale, illustrando le differenti strategie di azione e spiegando come il conflitto sociale nei movimenti ambientalisti sia aumentato negli anni, radicalizzando il dissenso: dal fronte pacifico di Greta Thunberg fino ad Andreas Malm, profeta dell’antagonismo e rappresentante del fianco più radicale. Ma anche per gli attivisti del clima il ricorso alla violenza è una strada pericolosa e un vicolo cieco, che disperderebbe tutto il capitale morale accumulato in questi anni.

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Angelo Colombini, segretario confederale della Cisl, delinea poi i processi che possono guidare il cambiamento italiano: dopo una serie di provvedimenti contraddittori approvati negli ultimi dieci anni, l’Italia può ora porsi come paese strategico nel trasporto del gas naturale in Europa, investendo sulle infrastrutture e nell’implementazione di nuovi modelli educativi e politiche attive del lavoro, che possano riconvertire le professionalità attuali.

L’analista Manlio Graziano fa il punto sull’èra dell’inevitabile disordine internazionale, e sulla fine della stabilità egemonica americana: con l’elezione di Donald Trump l’inaffidabilità degli Stati Uniti ha toccato il suo culmine, ma i benefici capitalizzati da Biden in questi tre mesi di guerra provano che il loro declino è relativo. Nella storia moderna le potenze che hanno imposto un’egemonia basata sulla condivisione delle regole hanno potuto farlo solo perché sono riuscite a disarmare i propri rivali.

Segue poi un estratto tratto dal libro dell’economista Alessio Terzi, Growth for good. Reshaping capitalism to save humanity from climate catastrophe (Harvard University press, 2022). Sulla base delle teorie marxiste del valore c’è chi sostiene che il capitalismo non possa uscire dalla dipendenza dai combustibili fossili. Ma l’intero sistema, sostiene l’autore, può in realtà adeguarsi per implementare processi di produzione sostenibili e affrontare il cambiamento climatico.

Il politologo Francesco Strazzari offre invece la sua riflessione sulla penisola che congiunge i conflitti di Balcani e Caucaso, la Crimea. Territorio centrale nella ridefinizione dell’assetto dopo la Guerra fredda, la Crimea è oggi parte della contesa fra Russia e Stati Uniti. A questa si sovrappone il ruolo della Turchia, la potenza che tiene in ostaggio la Nato.

Infine, seguendo la prospettiva del conflitto in corso, l’analista Federico Borsari analizza i fattori che stanno orientando la guerra in Ucraina: mentre le forze armate di Mosca sono in sofferenza e in stallo nel Donbass, l’artiglieria ucraina, assistita dai droni e dalla lungimiranza nella logistica di Kiev, si sta invece rivelando una delle armi di maggior impatto del conflitto. 

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