Propaganda calcistica

Lo sportwashing della dittatura argentina ai mondiali del 1978

Argentine President Jorge Rafael Videla (centre) after he had presented the World Cup Trophy to Argentine's captain Daniel Passarella (No 19), at the presentation ceremony in the River Plate Stadium, Buenos Aires, June 25, 1978. Other players from left Americo Gallego (6), Passarella, Osvaldo Ardilles and unknown. Argentina beat Holland 3-1 in the final. (AP PHOTO/stf/Ducklau)
Argentine President Jorge Rafael Videla (centre) after he had presented the World Cup Trophy to Argentine's captain Daniel Passarella (No 19), at the presentation ceremony in the River Plate Stadium, Buenos Aires, June 25, 1978. Other players from left Americo Gallego (6), Passarella, Osvaldo Ardilles and unknown. Argentina beat Holland 3-1 in the final. (AP PHOTO/stf/Ducklau)
  • Quando presero il potere i militari argentini si trovarono a gestire la manifestazione, assegnata prima del golpe. Sulle prime prevalse il fastidio, a causa dell’attenzione mediatica che sarebbe andata a concentrarsi sul paese 
  • Il regime provò poi a convertire la manifestazione in uno strumento di propaganda, per proiettare all’estero l’immagine di un paese “normale”, con grande mobilitazione delle ambasciate all’estero
  • Il governo si avvalse anche di appoggi Usa (sia sul piano diplomatico che della comunicazione). Ma gli sforzi furono efficaci solo in patria, dove i media era controllati e complici.

Oggi parleremmo di sportwashing. Cioè di uso dello sport e della sua carica simbolica positiva a beneficio di un’operazione di ripulitura dell'immagine da parte di regimi politici non democratici o di soggetti dell'economia globale irrispettosi delle elementari regole ambientali e sindacali. Ma nel 1978 il concetto di sportwashing non esisteva. Sicché bisogna ricorrere a un vocabolario più tradizionale per etichettare l'operazione comunicativa imbastita dalla dittatura dei generali argentini

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