I deputati democratici americani hanno presentato formalmente le accuse a sostegno della procedura di impeachment contro il presidente americano, Donald Trump. Secondo i membri della Camera, Trump si sarebbe reso colpevole di «incitamento all’insurrezione» causando l’assalto del Congresso eseguito dai suoi sostenitori il 6 gennaio mentre i legislatori erano intenti a confermare la nomina del presidente eletto, Joe Biden. La presentazione del documento rende possibile il voto della Camera sull’impeachment già entro questa settimana. Il leader dei democratici, Steny Hoyer, ha detto di ritenere plausibile un voto sulla procedura già mercoledì. La procedura dell’impeachment, insieme al 25esimo emendamento, è una delle due possibili vie per rimuovere il presidente degli Stati Uniti dal suo ruolo. Trump era già stato sottoposto al processo di impeachment nel settembre 2019 perché accusato di avere chiesto al presidente ucraino di incriminare Biden, all’epoca candidato alle primarie dei democratici. La procedura era stata approvata alla Camera, ma si era arenata al Senato. Inoltre, il procuratore di Washington, Karl Racine, ha detto di stare valutando la possibilità di mettere sotto accusa Trump. Il magistrato ha specificato di non volere perseguitare Trump, di volere semplicemente «seguire i fatti».

Il “no” al 25esimo emendamento

Nel frattempo, i repubblicani hanno bloccato una proposta di legge che proponeva di applicare il 25esimo emendamento. La richiesta prevedeva il coinvolgimento del vicepresidente, Mike Pence, chiamato a rimuovere Trump sulla base della sua «non disponibilità» ad abbandonare il potere.

L’ultimatum di Pelosi

La presidente della Camera, Nancy Pelosi, aveva dato 24 ore di tempo ai repubblicani e a Pence in particolare per avviare la procedura, dicendo che in caso contrario i democratici avrebbero messo Trump sotto impeachment. Il 7 gennaio Pelosi era stata molto chiara al riguardo accusando l’amministrazione Trump di essere «uno show horror da cui gli americani devono liberarsi il prima possibile». In vista di possibili nuove manifestazioni è stato annunciato l’arrivo di diecimila membri della guardia nazionale a Washington. La gestione del 6 gennaio da parte delle forze dell’ordine è stata messa sotto accusa da più parti e ha messo nel mirino lo stesso Trump, accusato di non avere fatto intervenire subito la guardia nazionale.

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