Fermato nella notte il leader delle proteste pro Palestina alla Columbia University, ora rischia la revoca del visto e l’espulsione. È il primo effetto della stretta di Trump sulle proteste nelle università
È stato arrestato mentre si trovava nella sua abitazione all’interno di una residenza della Columbia University Mahmoud Khalil, leader delle proteste pro Palestina e figura chiave nelle manifestazioni a supporto di Gaza. Agenti in borgese dell'ufficio americano dell'immigrazione (Ice) si sono presentati alla sua abitazione e, mostrando un mandato dal cellulare di uno degli agenti, hanno preso in custodia Khalil davanti agli occhi della moglie incinta di otto mesi.
Il suo avvocato, Amy Greer, ha dichiarato che nel corso del blitz gli agenti dell’Ice hanno comunicato al ragazzo anche la revoca del suo visto studentesco. Un provvedimento incomprensibile anche per il suo legale dal momento che Khalil, algerino di origini palestinesi, è un residente permanente visto che è in possesso di una green card ed è sposato con una cittadina americana. «Stamattina» ha dichiarato alla Bbc Greer «siamo stati informati che Khalil si trova detenuto in una struttura dell’Ice a Elizabeth, nel New Jersey. Tuttavia quando sua moglie ha tentato di fargli visita le è stato comunicato che non risulta detenuto nella struttura».
la stretta di trump
Il ragazzo lo scorso anno era stato tra i più attivi nelle proteste pro Palestina tanto da farsi portavoce delle richieste dei manifestanti nei colloqui con l’amministrazione dell’Università. Per questo il fermo di Khalil non arriva come un fulmine a ciel sereno. Da una settimana a questa parte Donald Trump ha alzato il tiro contro le università e i movimenti contro la guerra a Gaza.
Venerdì era arrivato il taglio di circa 400 milioni di dollari in sovvenzioni federali proprio alla Columbia University perchè, secondo il presidente americano, l’ateneo non avrebbe fatto abbastanza per tutelare gli studenti ebrei da quelle che ha definito «violenze antisemite». «Le università», ha dichiarato la segretaria all’istruzione Linda McMahon, «devono rispettare tutte le leggi federali antidiscriminazione se vogliono ricevere finanziamenti federali. Per troppo tempo, la Columbia ha abbandonato quell'obbligo nei confronti degli studenti ebrei che studiano nel suo campus». L’Ateneo avrebbe ora 30 giorni di tempo per attuare misure che soddisfino il governo e permettano il ripristino dei fondi.
Giudicato insufficiente dunque il tentativo della Columbia di correre ai ripari istituendo nei mesi scorsi un nuovo comitato interno, l'Office of Institutional Equity, con il compito di valutare una serie di casi relativi a studenti che si erano espressi in maniera critica su Israele. Nelle ultime settimane le attività del comitato si erano intensificate con l’invio di avvisi a decine di studenti per attività che vanno dalla condivisione di post sui social all’adesione a proteste non autorizzate.
Maryam Alwan, studentessa dell'ultimo anno alla Columbia University, ha ricevuto un'e-mail dalla scuola che la accusava di molestie discriminatorie per un editoriale nel giornale studentesco in cui chiedeva il disinvestimento da Israele. Un attivista è sotto inchiesta per aver affisso adesivi fuori dal campus che imitavano i manifesti «Wanted», raffiguranti i fiduciari dell'università. Un altro studente, il presidente di un circolo letterario del campus, rischia sanzioni per aver co-ospitato una mostra d'arte in un edificio privato incentrata sull'occupazione di un edificio del campus ad opera di manifestanti pro Palestina.
L’idea di usare l’intelligenza artificiale
Un clima teso, alimentato dalle dichiarazioni di esponenti dell’amministrazione Trump che rilanciando le idee del presidente minacciano strette ancor maggiori sugli studenti palestinesi. Il Segretario di Stato, Marco Rubio, ha alzato il tiro dichiarando su X che «coloro che sostengono organizzazioni terroristiche, tra cui Hamas, minacciano la nostra sicurezza nazionale. Gli Stati Uniti avranno tolleranza zero per gli stranieri che sostengono i terroristi. I trasgressori della legge americana, compresi gli studenti internazionali, rischiano il diniego o la revoca del visto e l'espulsione».
Parole che non si discostano dalla linea generale adottata dall’amministrazione Trump che, secondo quanto riportato dal sito di notizie politiche Axios, avrebbe dato mandato al Dipartimento di Stato di implementare l’utilizzo dell’intelligenza artificiale a questo scopo. Il progetto, battezzato «catch and revoke» (cattura e revoca), punterebbe ad analizzare i profili social di studenti stranieri negli Stati Uniti alla ricerca di prove di un loro appoggio ad Hamas.
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