Il parlamento turco ha finalmente votato in favore dell’adesione della Svezia alla Nato, mettendo fine a uno stallo durato quasi due anni, ma Stoccolma deve ancora ottenere il via libera dell’Ungheria. Ufficialmente il premier Viktor Orbán si è espresso in favore dell’entrata della Svezia, ma le tempistiche saranno tutt’altro che brevi. 

La Turchia ha approvato con 287 voti favorevoli, 55 contrari e quattro astenuti l’adesione di Stoccolma alla Nato, ma per arrivare a questo punto il governo svedese ha dovuto cedere ad alcune richieste della controparte turca.

Prima di tutto, Stoccolma ha rimosso le limitazioni all’export bellico imposte contro la Turchia a seguito dell’invasione turca del nord-est della Siria, ma ha anche modificato le leggi interne sul terrorismo per ridurre il sostegno ai curdi del Rojava e ai gruppi curdi presenti nel paese stesso.

Le misure adottate, in realtà, non hanno soddisfatto del tutto Ankara, ma il governo turco alla fine ha ceduto alle pressioni del Segretario generale della Nato Jens Stoltenberg e degli Usa. Da questi ultimi, la Turchia dovrebbe aver ottenuto ulteriori garanzie circa la vendita di nuovi jet F-16 e dei pacchetti di ammodernamento di quelli già in dotazione all’aviazione turca. Il dossier è da lungo tempo al centro delle trattative tra Ankara e Washington, ancora prima dello scoppio della guerra in Ucraina, e il presidente Recep Tayyip Erdogan ha approfittato della richiesta svedese per fare pressione sugli Stati Uniti.

Adesso non resta che aspettare la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale, passaggio necessario perché la legge diventi efficace, ma Erdogan potrebbe allungare i tempi per strappare qualche ultima concessione. Di certo per il presidente turco l’approvazione all’adesione della Svezia arriva in un momento molto delicato.

Di recente si sono nuovamente intensificati gli scontri con il Partito dei lavoratori curdo (Pkk) e Ankara ha più volte accusato Stoccolma di ospitare e sostenere questo specifico gruppo. La scelta del presidente, dunque, potrebbe avere degli effetti negativi sul successo delle elezioni amministrative previste per fine marzo e nelle quali Erdogan punta a riprendere il controllo di Ankara e Istanbul. Molto dipenderà dalla risposta americana sugli F-16 e dal modo in cui il capo di Stato riuscirà a presentare ai suoi elettori il via libera dato alla Svezia.

L’ultimo ostacolo

L’attenzione del segretario Stoltenberg si è concentrata in questi ultimi due anni sulla Turchia, ma anche l’Ungheria si è dimostrata un ostacolo difficile da superare. Sulla scia di Ankara, Orbán ha ugualmente opposto resistenza all’adesione della Svezia, dimostrando ancora una volta un legame un po’ troppo stretto con la Russia per un paese che fa parte del blocco occidentale e dell’Unione europea. Proprio l’appartenenza alla casa comune europea e la promessa di non essere l’ultimo paese a ratificare l’adesione della Svezia aveva spinto Stoltenberg a sottovalutare la durata del veto ungherese, ma il problema ancora resta.

Subito dopo l’approvazione della Turchia, il premier Orbán ha invitato l’omologo svedese a Budapest tramite X (ex Twitter) per negoziare l’entrata nella Nato, ma il messaggio è stato rispedito al mittente. Il ministro degli Esteri svedese, Tobias Billström, ha infatti replicato che «non c’è alcun motivo per negoziare», sminuendo così la mossa ungherese. Poche ore dopo, Orbán ha ribadito il suo sostegno alla Svezia, ma si tratta di un copione già visto. Il premier ha più volte affermato di volere Stoccolma nella Nato, ma il parlamento non è mai arrivato a esprimersi sulla questione. A differenza della Turchia, però, l’Ungheria non ha messo sul tavolo delle richieste specifiche, almeno per il momento.

Uno dei temi al centro delle prossime trattative potrebbero essere i jet visto che Budapest punta a un prolungamento del contratto di affitto dei caccia Gripen svedesi. Uno scenario in un certo senso simile a quello che si è già visto con la Turchia, ma più semplice da risolvere rispetto alla vendita degli F-16.

Oltre la Nato

L’Ungheria però non è un problema solo per la Nato. L’atteggiamento di Budapest, dettato anche dalla sua vicinanza alla Russia, è dannoso anche per l’Unione europea, come si è visto di recente. A dicembre, il governo ungherese ha bloccato i negoziati sul pacchetto di aiuti da 50 miliardi di euro per l’Ucraina, dopo che i leader dei paesi membri erano riusciti ad aggirare l’opposizione ungherese all’apertura di colloqui di adesione di Kiev.

Lo stallo si è protratto per un mese e si è risolto solo dopo che l’Ungheria ha deciso di non imporre più il proprio veto in cambio dell’esclusione dal fondo in favore dell’Ucraina, evitando così di sostenerne gli oneri finanziari.

Proprio questo precedente gioca a favore dell’Ungheria, che si sente rafforzata nelle sue capacità di imporre il proprio volere in Europa e - perché no - anche in ambito Nato, minando la credibilità di entrambe le istituzioni in un momento in cui la geopolitica è tornata prepotentemente al centro della scena.

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