La grande purga dei dissidenti repubblicani all’egemonia trumpiana sul Gop, il Partito repubblicano, ha avuto successo. In una società americana sempre più polarizzata Liz Cheney, la leader dei ribelli a Trump e la numero tre dei repubblicani, è stata sonoramente sconfitta alle primarie repubblicane in Wyoming dalla candidata sostenuta dal magnate.

Secondo le proiezioni del New York Times, Harriet Hageman ha ottenuto il 61 per cento delle preferenze contro il 31 per cento della figlia dell’ex vicepresidente di George W. Bush, Dick Cheney. La Hageman è stata una sostenitrice degli interessi degli allevatori, dell’estrazione mineraria e dell’energia dello stato e ha combattuto gli ambientalisti in tribunale.

L’autocandidatura

«Gli Stati Uniti non possono essere governati da una folla aizzata sui social media», ha detto Cheney nel suo discorso dopo la sconfitta alle primarie. La deputata ha accusato Trump di aver pubblicato i nomi degli agenti dell’Fbi che hanno partecipato alla perquisizione in Florida. «Lo ha fatto di proposito e con malignità», ha attaccato. Cheney ha poi citato Abraham Lincoln che ha perso le elezioni al Congresso, ma poi «ha vinto le più importanti e ha tenuto insieme la nostra Unione...Ora comincia il lavoro vero», ha detto la deputata citando le parole dell’ex presidente Usa.

In pratica Cheney sembra aver già rotto gli indugi decidendo di candidarsi per le prossime presidenziali, o come profilo repubblicano alternativo a Trump o come indipendente. Ma per ora il partito sembra essere saldamente in mano all’ex presidente e ai suoi seguaci. Venti minuti dopo essere diventata chiara la sconfitta della sua grande nemica, il tycoon l’ha attaccata con un post pubblicato sulla piattaforma social Truth: «Liz Cheney – ha scritto – dovrebbe vergognarsi per il modo in cui ha agito, per le parole bigotte e i comportamenti avuti verso gli altri». Per poi aggiungere durissimo: «Ora può scomparire nelle profondità dell’oblio politico».

La gioia del tycoon

Poi il miliardario, accusato dall’Fbi di spionaggio e perquisito a causa di una serie di documenti top secret che conservava in una cassaforte nella sua residenza privata di Mar-a-Lago, ha aggiunto: «Presumo che con la grande sconfitta di Liz Cheney, molto più grande di quanto fosse mai stata prevista, il Comitato del 6 gennaio composto da streghe inizierà il bellissimo processo di dissoluzione? Questo è stato un referendum sulla caccia alle streghe infinita. La gente ha parlato!».

Trump, in questo caso, fa riferimento al fatto che la deputata repubblicana è una delle figure di spicco della commissione sull’assalto a Capitol Hill per cui lui è finito nel mirino dei giudici e dei media progressisti. La sconfitta di Cheney – tutt’altro che una conservatrice moderata, ma il radicalismo dei Cheney scompare di fronte a quello dei trumpiani – rappresenta una vittoria importante per la purga voluta dall’ex presidente in seno ai repubblicani, sebbene la candidata sconfitta abbia dichiarato che farà di tutto per tenere fuori Trump dalla Casa Bianca nel 2024.

I ribelli decimati

Qualche mese fa, come è noto, sette senatori e dieci membri della Camera repubblicana hanno osato sostenere l’impeachment di Trump dopo l'assalto dei suoi sostenitori al Campidoglio mentre il Congresso certificava la vittoria del presidente Joe Biden contestata dall’imprenditore.

Oggi facendo un bilancio politico della lotta interna al partito il risultato è impietoso: quest’anno solo due di quei dieci membri della Camera hanno vinto le primarie repubblicane. In totale, quattro non si ripresenteranno, quattro hanno perso, due hanno vinto ma per pochi voti: Dan Newhouse nello stato di Washington e David Valadao in California.

Con la sconfitta di Cheney si chiude il cerchio per i ribelli che avevano scelto di non allinearsi al partito e avevano votato l’impeachment del tycoon. Fa eccezione solo la vittoria in Alaska della repubblicana Lisa Murkowski, candidata alle primarie per il Senato. Murkowski aveva votato per condannare Trump nel suo secondo processo di impeachment dopo l’insurrezione del 6 gennaio 2021. Trump è stato poi assolto, ma ha avuto parole forti per Murkowski, definendola «la peggiore» di tutti.

Il ritorno di Sarah Palin

Ma l’Alaska ha riservato anche sorprese gradite a Trump. Sarah Palin, sostenuta dall’ex presidente, è avanzata alle elezioni di novembre, conquistando uno dei quattro posti disponibili alle primarie repubblicane in Alaska per la Camera. Palin dunque torna alla politica e a novembre sarà candidata a un seggio alla Camera. La controversa ex governatrice dell’Alaska, che nel 2008 fu al fianco di John McCain (fiero oppositore di Trump) nel ticket repubblicano sconfitto da Barack Obama, esce così dall’oblio.

 

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