È stata l’ira di Dio a determinare la cacciata di Tucker Carlson da Fox? O è stata solo l’ira di Rupert Murdoch, divinità capricciosa che non tollera offese?

Le teorie sul licenziamento del volto più noto della macchina televisiva della destra americana si sono moltiplicate negli ultimi giorni, e il fatto interessante è che nessuna delle ipotesi ha a che fare con le bugie e le corbellerie complottiste che Carlson – in pessima compagnia dei suoi ormai ex colleghi – ha detto in diretta a proposito delle elezioni rubate al presunto vincitore, Donald Trump, con la complicità dei produttori dei macchinari per gli scrutini e forse anche di George Soros e Bill Gates.

Licenziato per avere seguito scrupolosamente la linea editoriale di Fox, che peraltro è ricalcata sulla più generale linea editoriale di Murdoch, che ha sempre predicato di «dare al pubblico ciò che vuole»? Sarebbe illogico.

L’altro grande filone interpretativo spiegava la traumatica separazione con lo scontro legale con l’azienda Dominion, finita con un patteggiamento da 787,5 milioni di dollari pagati da Fox per evitare guai peggiori.

La sequenza degli eventi suggeriva un nesso causale: Fox viene travolta da una causa senza precedenti e offre il suo anchorman di punta come agnello sacrificale per espiare le pubblicamente le sue colpe. Ma il patteggiamento c’entra e non c’entra.

Fox, del resto, non ha accennato alla questione nel comunicare il congedo formalmente consensuale con Carlson, e lui non ha citato l’emittente nel video di due minuti e rotti – visto decine di milioni di volte – che ha messo su Twitter, un’invettiva contro il sistema monopartito che domina negli Stati Uniti ed esclude chi osa dire la verità.

Certo, la causa per diffamazione ha avuto altri effetti collaterali per Carlson, tipo la pubblicazione di messaggi privati in cui insulta colleghi, fa commenti sessisti, dichiara di «odiare Trump in modo appassionato» e in generale rivela di non credere in molte delle cose che per anni ha detto ogni sera a un pubblico che chiede solo di potersi radicalizzare nelle proprie convinzioni.

Altre chat sono nelle mani dei manager di Fox ma non sono state rivelate, e certamente molte delle cose scritte dal conduttore non devono avere fatto piacere al magnate, che pure dall’alto dei suoi 92 anni e dal suo status di inventore della propaganda televisiva del populismo di destra dovrebbe avere una soglia di suscettibilità piuttosto alta.

Ma negli ultimi giorni è spuntata una nuova ipotesi, apocalittica e allo stesso tempo assai pedestre, per spiegare il divorzio. A porla in modo autorevole è stato Gabriel Sherman, giornalista di Vanity Fair, autore di una memorabile biografia di Roger Ailes – l’architetto di Fox News – e cronista straordinariamente informato sulle vicende murdochiane. Sherman sostiene che è stato un discorso fatto Carlson alla Heritage Foundation, storico think tank repubblicano, a trasformare il generico nervosismo dell’anziano magnate nella decisione di cacciarlo.

Cos’ha detto di tanto scandaloso in quel discorso? Che la battaglia della politica americana è solo la superficie di uno scontro apocalittico fra il bene e il male, che i corsi aziendali per la diversity and inclusion hanno il segreto scopo di distruggere il paese, che solo il potere della preghiera può salvare l’anima di una civiltà corrotta e altre cose di prospettiva escatologica e andamento millenarista.

La vendetta

Ecco, il fatto è che Murdoch detesta questi eccessi di zelo spiritualista. Il tycoon è un tiepido cristiano presbiteriano con inclinazioni cattoliche con le insegne di cavaliere pontificio che ha fatto battezzare le due figlie del terzo matrimonio nel fiume Giordano, ma non ha mai sopportato le prediche e ha sempre respinto le voci che lo volevano impegnato in chissà quale pellegrinaggio interiore. Fox sfoggia fieramente una falange di imbonitori politici e trombettieri della destra più becera, ma ha dato sempre poco spazio ai predicatori e ai guerrieri culturali con piglio religioso. Hanno più cittadinanza gli adepti di QAnon che i commentatori del Deuteronomio.

Carlson era quello che si muoveva più vicino a quei territori, e nel discorso alla Heritage ha mostrato nel modo più esplicito, e dunque insopportabile per Murdoch, il suo oltranzismo evangelico. Fin qui le ragioni divine. Poi ci sono quelle umane, troppo umane. Murdoch ha mandato all’aria il suo ennesimo progetto di matrimonio dopo solo due settimane di fidanzamento con Ann Lesley Smith, e le divergenze religiose hanno avuto un ruolo nella vicenda.

Murdoch si è scontrato con la fidanzata per i suoi eccessi evangelici che, guarda un po’, l’avevano portata ad adorare proprio Carlson, che nella cerchia di amici definiva «un messaggero di Dio», secondo i dettagliatissimi reportage di Sherman.

Il cronista ha anche scritto che alla fine di marzo, durante una cena nella villa di Bel Air in cui era anche presente l’anchorman fresco di licenziamento, Smith ha preso una copia della Bibbia dalla libreria e si è messa a leggere e commentare un passo dell’Esodo, con grande apprezzamento di Carlson. Murdoch ha ascoltato senza fiatare: due giorni dopo ha fatto saltare il fidanzamento.

Qualche settimana più tardi ha fatto saltare anche il profeta più amato della destra americana, che non incidentalmente era anche il sacerdote politico preferito di un vecchio amore finito male. La grande macchinazione strategico-finanziaria si riduce alla dimensione piccina del dispetto, condita giusto da un tocco di apocalisse.

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