Al G20 di Osaka del 2019, l’annuncio del raggiungimento di un agreement in principle tra l’Unione europea e il Mercado común del sur (Mercosur) – il processo di integrazione economica regionale, composto attualmente da Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay come membri a pieno titolo – è stato celebrato come un evento di portata storica, ma il percorso per la sua entrata in vigore è ancora lungo e dagli esiti tutt’altro che certi.

L’accordo reso pubblico in terra giapponese è stato il primo risultato di lunghissimi negoziati tra le parti, iniziati nel 2000 e proseguiti in maniera altalenante, influenzati da difficoltà strutturali e dall’orientamento politico dei governi europei e sudamericani.                 

I pilastri dell’accordo                                                 

Quello tra Unione europea e Mercosur è un progetto che rientra nella categoria degli Accordi di associazione e si suddivide in due pilastri principali: commerciale e politico. Il 28 giugno 2019 è stata raggiunta l’intesa relativa alla parte commerciale, mentre un anno dopo si è concluso anche il negoziato riguardante il dialogo politico e la cooperazione, sebbene quest’ultimo documento non sia ancora stato diffuso.

L’accordo commerciale si sviluppa in diciassette punti e prevede per il Mercosur la liberalizzazione completa del 91 per cento delle importazioni di beni dall’Unione europea, mentre quest’ultima eliminerà i dazi sul 92 per cento delle importazioni dal blocco latinoamericano. Tutte le liberalizzazioni dovranno essere effettuate entro dieci anni dall’entrata in vigore dell’accordo, fatta eccezione per alcuni prodotti considerati più sensibili per il Mercosur, sui quali il periodo di transizione viene prolungato fino a quindici anni.

In caso di esito positivo, l’accordo integrerebbe due mercati che uniscono circa 750 milioni di abitanti e che già oggi presentano una consolidata interdipendenza economico-commerciale. Nel 2021 l’Unione europea è stata il secondo partner commerciale del Mercosur dopo la Cina, con una quota pari al 16,2 per cento del commercio totale del blocco, mentre il Mercosur, dal canto suo, si piazza all’undicesimo posto tra i soci commerciali dell’Ue.

L’anno scorso l’import di beni provenienti dall’Unione per i quattro paesi del blocco latinoamericano ha sfiorato i 45 miliardi di euro, mentre le esportazioni hanno superato i 43 miliardi di euro, in netta crescita rispetto al 2020 e per la prima volta vicine ai numeri estremamente positivi registrati all’inizio dello scorso decennio. Inoltre, l’Unione europea è il più grande investitore estero nell’area, con uno stock di investimenti che nel 2020 raggiungeva i 330 miliardi di euro, 200 in più rispetto a vent’anni prima.

Posizioni divergenti

Nonostante il valore degli scambi commerciali sia significativo, persistono diverse perplessità sull’accordo che attanagliano a vario titolo governi e società civile. La prima problematica è di tipo macroeconomico.

Lo studio di valutazione dell’impatto sulla sostenibilità pubblicato a fine 2020, realizzato su richiesta europea dalla London School of Economics, ha fornito due possibili scenari per l’accordo: uno conservatore e l’altro ambizioso.

Prendendo come riferimento gli effetti sul Pil entro il 2032, nel primo caso il Prodotto interno lordo dell’Unione europea si espanderebbe di appena lo 0,1 per cento, mentre quello dei paesi Mercosur crescerebbe dello 0,3 per cento. Di contro, lo scenario ambizioso prevederebbe una crescita del Pil sempre dello 0,1 per cento per l’Unione europea – seppur con un incremento di circa 4 miliardi in termini assoluti – mentre per i membri del Mercosur, a eccezione del Paraguay, la percentuale salirebbe in maniera più significativa, ma comunque con un tasso mai superiore allo 0,7 per cento.

In secondo luogo, e alla luce della grande fetta di import detenuta dai prodotti agricoli provenienti dal Mercosur – e da quella ancora più elevata riguardante i prodotti per l’alimentazione animale e la carne bovina – un’eventuale liberalizzazione del settore viene fortemente avversata da allevatori e agricoltori di molti paesi europei. Il timore principale è quello che i paesi Mercosur possano permettersi di vendere carne e prodotti agricoli a prezzi nettamente più economici, anche grazie a normative di produzione meno rigorose, soprattutto in ambito fitosanitario.

A questo aspetto si lega poi un altro elemento estremamente delicato: la sostenibilità ambientale. Diversi governi europei hanno fin da subito dichiarato la propria volontà di non ratificare l’accordo, accusando il presidente brasiliano Bolsonaro di adottare politiche che favoriscono la deforestazione dell’Amazzonia e del mancato rispetto degli Accordi di Parigi sul clima.

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Tale posizione è stata promossa in particolar modo dalla Francia di Emmanuel Macron, che cela dietro all’ambientalismo anche altre preoccupazioni, meno esplicite ma forse ancor più rilevanti, volte a proteggere la competitività dell’agricoltura e dell’allevamento nazionali.

Pareri contrari all’accordo sono giunti anche da alcuni esponenti del mondo accademico e dalle associazioni ambientaliste. La critica che viene mossa in questo caso riguarda l’assenza di meccanismi realmente vincolanti per quanto riguarda il rispetto delle normative internazionali in materia di sviluppo sostenibile, che potrebbero portare a rendere ininfluenti le tutele presenti nell’accordo.

Il difficile compromesso

Le divergenti posizioni, rilevate principalmente – ma non esclusivamente – in ambito europeo, stanno rendendo lungo e tortuoso il processo. Sebbene i negoziati si siano conclusi oltre due anni fa, il documento si trova ancora a dover affrontare una tappa antecedente alla ratifica, ovvero quella della firma da parte dei capi di Stato e di governo.

Al momento le due parti che compongono l’accordo – commerciale e politica – non sono state tradotte in tutte le lingue ufficiali dell’Unione europea e non sono state neanche inserite in unico testo da sottoporre alla firma. Inoltre, non è stata completata la revisione legale e formale della sezione commerciale, il che la rende potenzialmente soggetta a ulteriori modifiche.

Nel frattempo, il quadro geopolitico è notevolmente mutato. Pensato inizialmente in un mondo che usciva dalla Guerra fredda, gli obiettivi sottostanti l’accordo si sono progressivamente adeguati ai cambiamenti in ambito internazionale e alla crescente competizione tra Stati Uniti e Cina.

L’avvicinamento tra Unione europea e Mercosur, anche per stessa ammissione dell’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, andrebbe oltre al mero aspetto commerciale. Nella volontà dei promotori, l’accordo servirebbe come uno strumento per rendere i due blocchi capaci di far fronte alla competizione tra le due grandi potenze ed evitare il definitivo slittamento in una posizione di subordinazione strategica.

Ma se il tema commerciale interessa entrambe le parti, le questioni geopolitiche e ambientali riscuotono maggiore attenzione sul lato europeo.

La necessità di ratifica da parte di tutti gli stati membri dell’Unione europea rende impossibile l’entrata in vigore dell’accordo con Bolsonaro al potere, viste le già citate tensioni tra il leader brasiliano e diversi governi europei. Uno spiraglio potrebbe forse aprirsi dopo le elezioni brasiliane, in caso di vittoria dell’ex presidente Lula da Silva, ma le incognite rimangono numerose.

Lula ha già dichiarato di voler riaprire il dialogo per rivedere i termini dell’accordo, un’eventualità che se da un lato può far ben sperare, dall’altro comporterebbe un nuovo allungamento indefinito dei tempi e la pressoché certa opposizione di molti governi.

Possibili sviluppi si potranno avere nel secondo semestre del 2023, quando la Spagna – paese da sempre sostenitore dell’accordo – presiederà il Consiglio dell’Unione europea e il Brasile avrà la presidenza pro tempore del Mercosur. Il possibile avvicendamento a Palácio do Planalto, però, risulterà vano se non sarà seguito da una rimodulazione degli obiettivi e verrà trovato un compromesso tra necessità commerciali, geopolitiche e ambientali.

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