Dieci giorni fa nel discorso alla nazione il presidente Vladimir Putin aveva affermato: «Vogliamo avere buoni rapporti con tutti. Non vogliamo bruciare ponti. Ma se qualcuno scambia le nostre buone intenzioni per indifferenza o debolezza, sappia che la risposta della Russia sarà asimmetrica, rapida e dura». E la reazione del Cremlino non si è fatta attendere. Sono stati infatti inseriti otto nominativi nella blacklist delle personae non gratae con interdizione ai viaggi nel territorio russo sulla base del principio della «reciprocità» che caratterizza la politica estera russa verso l’occidente. Nei media si è quindi diffusa l’interpretazione che per contestare le sanzioni imposte dall’Ue ad alcuni funzionari russi nel mese di marzo, il presidente Putin non ha esitato a colpire il presidente del parlamento europeo, David Sassoli, e la vicepresidente per i Valori e la trasparenza della Commissione europea, la ceca Věra Jourová.

Il senso politico

Il profilo di alcuni nominativi destinatari delle restrizioni ci fornisce un’indicazione molto precisa del significato politico dell’azione intrapresa dal Cremlino. Si tratta, infatti, di persone coinvolte nel “caso Navalnyj”: Jacques Maire è membro dell’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa e ha presentato il rapporto sull’avvelenamento del dissidente mentre Asa Scott è il capo del laboratorio svedese che ha certificato l’uso dell’agente nervino Novichok.

Non vi è dubbio che i rapporti fra la Russia e l’Ue sono peggiorati nel 2014 in seguito all’annessione della Crimea, ma le reciproche accuse e i toni dello scontro hanno avuto un’escalation senza precedenti a partire dall’arresto di Navalnyj. Per il Cremlino le interferenze straniere a sostegno dell’opposizione al presidente Putin o che minano i rapporti con il “vicino estero” sono ritenute inaccettabili. Non stupisce, quindi, la dichiarazione del ministro degli Esteri, Sergej Lavrov, che definisce l’Ue «un partner inaffidabile» perché continua «la sua politica di illegittime misure restrittive unilaterali contro cittadini e organizzazioni russe».

L’interpretazione

Gran parte dei commentatori italiani hanno interpretato questo atto contro i rappresentanti delle istituzioni europee come un segno di debolezza della politica di Putin, sempre più isolazionista, rischiando di diventare il «partner debole» nel «matrimonio di convenienza» con la Cina. Forse gli opinionisti ritengono che una politica “forte” sarebbe l’avvicinamento della Russia nell’orbita dell’Ue? Se così fosse non gli è ben chiaro che sul piano della politica internazionale la Russia ha da tempo abbandonato l’idea di un dialogo costruttivo con l’Ue perché è ritenuta «vassalla» e «dipendente» dagli Usa. Meglio, quindi, continuare e approfittare dei rapporti bilaterali in vari settori con i singoli stati europei che non risentono degli effetti delle sanzioni diplomatiche. Questa decisione non è nemmeno debole sul piano della politica interna: “l’agente straniero” e “i nemici della patria” sono tematiche che hanno ancora un discreto effetto nell’opinione pubblica e generano consenso, soprattutto alle elezioni presidenziali.

La risoluzione dell’Ue

In realtà, la tempistica dell’intervento e il fatto che sia stato rivolto alla massima carica europea rivelano che la decisione delle autorità russe è avvenuta il giorno successivo all’approvazione nel Parlamento europeo di una risoluzione di condanna (2021/2642RSP) nei confronti della Russia per «il caso di Aleksej Navalnyj, l’escalation militare ai confini con l’Ucraina e l’attacco russo nella Repubblica ceca», presentata dall’Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, e sostenuta da alcuni eurodeputati dell’Europa orientale appartenenti a cinque gruppi europarlamentari. Il testo, che «condanna e deplora» le autorità russe con accuse esplicite rivolte anche al presidente Putin, è stato approvato a larga maggioranza (569 su 682 votanti), ma non possiede alcuna forza giuridica vincolante. È una raccomandazione di venticinque articoli alla quale ci si può conformare su base volontaristica: resta, quindi, l’auspicio che i 27 governi aderiscano.

E qui si trova il tallone d’Achille. Se da un lato, la Russia non sembra intenzionata a ricostruire il rapporto diplomatico con l’Ue, dall’altro lato gli interessi commerciali e la dipendenza dalle risorse energetiche russe dei singoli stati e un’evidente reticenza della classe politica europea a colpire i capitali degli oligarchi dimostrano, ancora una volta, che l’Ue non ha una politica estera autorevole e capace di essere protagonista nelle scelte che la riguardano.

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