Gli Stati Uniti cercano una «sana competizione» economica e non un approccio da «chi vince prende tutto», ha detto Janet Yellen nell’incontro con il premier cinese, Li Qiangin, alla grande Sala del Popolo, su piazza Tiananmen, sottolineando l’importanza di «regole giuste» che possano essere a favore a entrambi i paesi nel tempo.

Pechino, però, che sforna sul mercato ogni anno più ingegneri dell’America, fa ideologicamente fatica a distinguere i diversi piani (soprattutto in campo tecnologico) tra la competizione economica-commerciale e quella strategico-militare.

La Yellen è arrivata a Pechino giovedì per cercare di rimettere in carreggiata le traballanti relazioni Usa-Cina giunte al livello più basso da anni, ma ha chiarito in modo abrasivo e con critiche pungenti più del previsto nelle sue osservazioni pubbliche che Washington e i suoi alleati occidentali continueranno a reagire a quelle che ha definito le «pratiche economiche sleali» della Cina entrata nell’Organizzazione mondiale del commercio solo nel 2001, 22 anni or sono come una economia di mercato e un paese in via di sviluppo, definizioni che oggi non sono più veritiere.

Sebbene si parli di disaccoppiamento economico e de-risking tra Usa e Cina, i dati del 2022 mostrano una relazione commerciale ancora solida, con un interscambio commerciale che l’anno scorso ha raggiunto la cifra record di 690 miliardi di dollari.

La missione è cominciata con i colloqui con l’ex vice premier Liu He (consigliere economico di Xi) e l’ex numero uno della People’s Bank of China, Yi Gang, a cui ha fatto seguito l’incontro con le aziende americane presenti in Cina alla camera di Commercio a stelle e strisce. Gli Stati Uniti «vogliono diversificare, non disaccoppiare», ha scandito Yellen in riferimento al de-coupling, ovvero la separazione delle economie. «Un de-coupling delle due più grandi economie mondiali sarebbe destabilizzante per l’economia globale, e virtualmente impossibile da intraprendere», ha affermato in linea con il pensiero dei maggiori capitani d’azienda americani (tra cui Bill Gates, il fondatore di Microsoft, Tim Cook, ceo di Apple, Elon Musk, il capo di Tesla e Jamie Dimon, ad di JPMorgan Chase) che sono stati tutti invitati in Cina in precedenza per cercare di fare pressioni sulla Casa Bianca.

Pratiche sleali

Una presa di posizione decisa, quella di Yellen, che è parsa una risposta a una nota del ministero delle Finanze cinese: «Non ci saranno vincitori nelle guerre commerciali, o nel disaccoppiamento e nella rottura delle catene» industriali, e la Cina chiede agli Usa «azioni concrete» per favorire le relazioni economico-commerciali tra Pechino e Washington.

Yellen ha rassicurato ma anche sottolineato che gli Stati Uniti «reagiranno a pratiche economiche inique» messe in atto da Pechino: sussidi a imprese statali, barriere di accesso al mercato e, soprattutto, quelle che definisce «azioni punitive» contro le aziende americane sono nel mirino di Washington.

Yellen ha espresso preoccupazione a nome dell’occidente tutto anche per le recenti misure annunciate da Pechino, ovvero la decisione di imporre controlli alle esportazioni di due metalli rari, gallio e germanio, essenziali per la produzione di semiconduttori e pannelli solari.

«Stiamo ancora valutando l’impatto di queste azioni», ha detto, ma l’obiettivo è quello di diversificare le catene di approvvigionamento.

Mentre la missione a Pechino dell’ex numero uno della Federal Reserve prosegue si fanno più chiari gli obiettivi che Washington cerca di ottenere: fare pressione su Pechino perché abbandoni pratiche da economia pianificata come il sostengo alle aziende con aiuti di stato e non alzi barriere doganali ma nello stesso ribadire la volontà di ridurre l’importanza della Cina diversificando le catene di approvvigionamento.

Regole giuste

Nel rapporto tra Cina e Stati Uniti servono «regole giuste», ha aggiunto Yellen, che possano essere di beneficio a entrambi i paesi nel corso del tempo. Cina e Stati Uniti devono collaborare rispetto a «importanti sfide globali», e nonostante «disaccordi» tra le due parti, ha detto Yellen, non dobbiamo permettere che «i disaccordi portino a incomprensioni o a un peggioramento non necessario delle relazioni».

Il presidente Xi Jinping punta a rivitalizzare l’economia in frenata e a favorire l'attrazione di investimenti stranieri e contrastare il clima di «de-risking» verso la Cina.

Il segretario di Stato, Antony Blinken, si è recato a Pechino il mese scorso e ha concordato con il presidente Xi Jinping che la reciproca rivalità non deve diventare un conflitto, e l'inviato di Biden per il clima, John Kerry, dovrebbe visitare il Paese alla fine di questo mese. Tutti questi sforzi diplomatici sono propedeutici a un possibile incontro tra il presidente Joe Biden e Xi dopo il vertice del G20 di settembre a Nuova Delhi o nel summit della cooperazione economica Asia-Pacifico previsto per novembre a San Francisco.

Ma i rapporti tra i due giganti non saranno più come prima della grande delocalizzazione: la pandemia ha cambiato per sempre quella rappresentazione concettuale del mondo.
 

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