Mentre la nuova guerra a Gaza entra nel suo settimo giorno, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky cerca di non far sparire dalle agende internazionali il conflitto in corso nel suo paese.  Secondo funzionari ucraini e americani, ieri Zelensky ha avanzato una richiesta ufficiale di visitare Israele e questa settimana ha invitato tutti i leader dei paesi occidentali a fare altrettanto. Obiettivo: dimostrare che l’Ucraina è un alleato affidabile di Israele e provare a spezzare così l’asse Putin-Netanyahu che fino ad oggi ha tenuto le armi israeliane lontane dal fronte ucraino.

Un conflitto di troppo

Le ostilità iniziata dopo l’attacco di sabato scorso compiuto da Hamas nel sud di Israele sono state una pessima notizia anche per l’Ucraina. Ora Kiev teme che l’attenzione degli alleati occidentali si rivolga ancora più decisamente lontano dal conflitto contro la Russia, verso il quale erano già emersi segnali di stanchezza. Questo può significare meno sostegno diplomatico, meno aiuti economici e soprattutto meno armi. 
Ma la Casa Bianca per ora garantisce che è in grado di fornire aiuto a tutti i suoi alleati. «Possiamo sostenere entrambi e sosterremo entrambi», ha detto questa settimana il segretario alla Difesa Lloyd Austin da Bruxelles, dove ha presieduto la riunione mensile dei paesi che forniscono armi all’Ucraina, la stessa a cui a sorpresa ha fatto visita lo stesso Zelensky.

L’amministrazione Biden insieme ai leader del Congresso sta studiando un nuovo pacchetto che metta insieme gli aiuti destinati a entrambi i paesi in difficoltà. Nel frattempo, un gruppo di senatori bipartisan punta a far approvare uno stanziamento per Kiev senza precedenti: tra i 50 e i 100 miliardi di dollari, abbastanza da sostenere il paese fino alle presidenziali del 2024, così da evitare altre trappole parlamentari come quella che pochi giorni fa ha bloccato l’ultimo stanziamento.

L’ambiguità di Israele

Tradizionalmente le relazioni tra l’Ucraina e Israele sono sempre state forti, ma dopo l’invasione russa su larga scala sono rapidamente peggiorate. L’attuale primo ministro, Benjamin Netanyahu e il suo predecessore, Naftali Bennet, non hanno mai condannato apertamente la Russia, si sono rifiutati di imporre sanzioni al paese e di cedere armi all’Ucraina.

Kiev è finita vittima delle crescenti tensioni tra i governi della destra conservatrice israeliana e l’amministrazione Biden, che ha portato i primi ad avvicinarsi sempre di più al presidente russo Vladimir Putin. Nel suo libro di memorie, pubblicato dopo l’invasione, ad esempio, Natanyahu ha lodato l’intelligenza del presidente russo e ne ha celebrato «l’attitudine amichevole nei confronti degli ebrei».

Ma le aperture di Netanyahu non sono state ricambiate dal Cremlino. Fino ad oggi, Putin non ha commentato gli attacchi di Hamas e non ha espresso alcuna solidarietà nei confronti di Israele, limitandosi a definire il conflitto in corso «un fallimento della politica americana nella regione».

Nel frattempo, le necessità del conflitto hanno costretto la Russia a stringere relazioni sempre più forti con l’Iran, arcinemico di Israele. Mosca ha ricevuto migliaia di droni kamikaze da Teheran, utilizzati con successo negli attacchi contro le infrastrutture elettriche ucraine e contro i porti sul Mar Nero, mentre tecnici iraniani hanno contribuito alla costruzione di fabbriche di droni sul territorio russo.

Una svolta possibile?

Nei primi giorni dopo l’attacco di Hamas, Zelensky e l’intelligence di Kiev hanno cercato di dimostrare il coinvolgimento russo nella strage. «Siamo certi che in un modo o nell’altro la Russia ha sostenuto le operazioni di Hamas», ha ripetuto il presidente ucraino in un’intervista questa settimana. Nel frattempo, i servizi segreti hanno parlato di armi ucraine cedute dalla Russia ad Hamas per incolpare Kiev dell’attacco e di mercenari di Wagner impiegati come addestratori a Gaza.

Anche se questa strategia non sembra destinata a portare molti frutti, soprattutto perché mancano le prove di un coinvolgimento russo, Kiev spera comunque che la sua solidarietà mostrata senza esitare unita alla reticenza di Mosca portino a un cambio di linea diplomatica da parte israeliana. 

Se il conflitto dovesse diventare una guerra regionale, Mosca potrebbe trovarsi costretta a scegliere tra mantenere l’Iran tra i suoi alleati chiave oppure consegnare Israele nelle braccia dei sostenitori dell’Ucraina. Kiev punta soprattutto ai sistemi anti-missile di cui gli israeliani hanno grande esperienza. Se la cessione di armi sembra impossibile, viste le necessità di difesa di Israele, un trasferimento di tecnologie sarebbe quasi altrettanto importante. Secondo il capo dell’intelligence ucraina Kirilo Budanov, Kiev ha l’ambizioso obiettivo di diventare autonoma nella produzione dei principali sistemi d’arma entro la seconda metà del 2024.

Contro-controffensiva

Mentre i bombardamenti su Gaza prendono il posto della controffensiva ucraina sui principali media internazionali, l’esercito russo ha lanciato un nuovo attacco nell’Ucraina orientale. L’obiettivo è la città di Avdiivka, pochi chilometri da Donetsk. Le autorità locali ucraine hanno descritto l’attacco come il più intenso dall’inizio dell’invasione. La città è stata pesantemente bombardata dall’artigliera russa e gli ucraini hanno parlato di un assalto condotto da almeno tre battaglioni russi.

Gli account social filorussi, come il popolare Rybar, hanno confermato l’attacco, ma hanno messo in guardia i sostenitori del Cremlino. Le operazioni in corso sarebbero solo una manovra per mettere pressione agli ucraini e distrarre forze dalla controffensiva che da quattro mesi Kiev ha lanciato diverse centinaia di chilometri più a sud. 

Ieri Zelensky ha postato una fotografie della città sul suo profilo Telegram, confermando la serietà della situazione. «Avdiivka. Resistiamo – ha scritto il presidente ucraino – Saranno il nostro coraggio e la nostra unità a determinare come finirà questa guerra».

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